2015-01-30

La mia tagliata del quinto quarto e le arance della salute


Anche quest'anno La Cucina Italiana sostiene AIRC nella campagna LE ARANCE DELLA SALUTE appuntamento che ritorna sabato 31 gennaio. Sono state scelte le arance dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro come simbolo dell’alimentazione sana e protettiva. Domani  ventimila volontari, affiancati in molti casi dai ricercatori, distribuiscono in duemila piazze 290.000 reticelle di arance rosse italiane. Con un contributo minimo di 9 euro è possibile sostenere concretamente il lavoro dei ricercatori e e dire tutti insieme ‘Contro il cancro, io ci sono’. Per accompagnare gli italiani ad adottare abitudini sane a tavola, con le “Arance della Salute” viene distribuita la guida "50 anni di ricerca a tavola" con gustose e sane ricette" realizzate dal cuoco Sergio Barzetti in collaborazione con La Cucina Italiana, e utili consigli per la prevenzione del cancro a tavola e, nelle piazze di nelle piazze di Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana e Veneto anche una copia pocket della rivista La Cucina Italiana. 
Detto ciò anche quest'anno rispondo all'invito di partecipazione che mi è stato rivolto. Vi richiamo di seguito alcune mie ricette già postate che vedono come ingrediente le arance e ve ne aggiungo una nuova con questo delizioso frutto invernale. 
La nuova ricetta,  la Tagliata del quinto quarto che vado a proporvi, vuol essere un messaggio di alimentazione sana e poco costosa attenta a non sprecare nulla neppure i tagli di carne considerati poco pregiati.
Piatto linea Mangiallegro Ceramiche De Simone, posate Mori Italian Factory
Chi fa largo uso di carni rosse com'è noto ha maggiori possibilità di contrarre il cancro, tuttavia ciò non ci deve portare a privarci completamente della carne ma utilizzarla con parsimonia. Altro problema è quello degli sprechi e del consumo sostenibile, io personalmente per continuare a mangiare la carne evito i tagli più gettonati preferendo quello che gli altri rifiutano, sto imparando tante ricette nuove e ne è felice anche il portafoglio. Il diaframma o pannicolo è un taglio bovino molto particolare, ricchissimo di ferro come il fegato ha però la consistenza di una bella bistecca se tagliato e cucinato nel modo giusto. A casa mia la tagliata di pannicolo è diventata un must, se si accompagna con una bella e ricca insalata come quella di oggi con arance e noci non  occorre utilizzare troppa carne per avere un piatto saziante e completo. I vegetariani potranno abbinare a questa buona insalata con le arance una tagliata di seitan.
Ingredienti per 4 persone:
600 g di pannicolo o diaframma bovino
scarola riccia
rucola
4 arance
12 noci*
4 fette di Pecorino di Pienza
olio extravergine d'oliva
sale
aglio
prezzemolo
pulire la carne dai filamenti esterni di grasso e dalla pellicola che la ricopre, condire con olio aglio e prezzemolo e lasciare riposare anche un paio d'ore. Scaldare la piastra e grigliare per bene la carne, avvolgerla in stagnola e lasciarla riposare sulla piastra calda, intendo disporre nei piatti la rucola e la scarola, gli spicchi dell'arancia pelati a vivo, il succo che si raccoglie quando si pelano e le noci. Affettare la carne e disporla sull'insalata così come il pecorino a fettine, condire con olio e una macinata di sale prima di servire.
* Per la ricetta ho utilizzato  la Noce d'Oro de Il Noceto

La mia tagliata del quinto quarto e le arance della salute


Anche quest'anno La Cucina Italiana sostiene AIRC nella campagna LE ARANCE DELLA SALUTE appuntamento che ritorna sabato 31 gennaio. Sono state scelte le arance dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro come simbolo dell’alimentazione sana e protettiva. Domani  ventimila volontari, affiancati in molti casi dai ricercatori, distribuiscono in duemila piazze 290.000 reticelle di arance rosse italiane. Con un contributo minimo di 9 euro è possibile sostenere concretamente il lavoro dei ricercatori e e dire tutti insieme ‘Contro il cancro, io ci sono’. Per accompagnare gli italiani ad adottare abitudini sane a tavola, con le “Arance della Salute” viene distribuita la guida "50 anni di ricerca a tavola" con gustose e sane ricette" realizzate dal cuoco Sergio Barzetti in collaborazione con La Cucina Italiana, e utili consigli per la prevenzione del cancro a tavola e, nelle piazze di nelle piazze di Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana e Veneto anche una copia pocket della rivista La Cucina Italiana. 
Detto ciò anche quest'anno rispondo all'invito di partecipazione che mi è stato rivolto. Vi richiamo di seguito alcune mie ricette già postate che vedono come ingrediente le arance e ve ne aggiungo una nuova con questo delizioso frutto invernale. 
La nuova ricetta,  la Tagliata del quinto quarto che vado a proporvi, vuol essere un messaggio di alimentazione sana e poco costosa attenta a non sprecare nulla neppure i tagli di carne considerati poco pregiati.
Piatto linea Mangiallegro Ceramiche De Simone, posate Mori Italian Factory
Chi fa largo uso di carni rosse com'è noto ha maggiori possibilità di contrarre il cancro, tuttavia ciò non ci deve portare a privarci completamente della carne ma utilizzarla con parsimonia. Altro problema è quello degli sprechi e del consumo sostenibile, io personalmente per continuare a mangiare la carne evito i tagli più gettonati preferendo quello che gli altri rifiutano, sto imparando tante ricette nuove e ne è felice anche il portafoglio. Il diaframma o pannicolo è un taglio bovino molto particolare, ricchissimo di ferro come il fegato ha però la consistenza di una bella bistecca se tagliato e cucinato nel modo giusto. A casa mia la tagliata di pannicolo è diventata un must, se si accompagna con una bella e ricca insalata come quella di oggi con arance e noci non  occorre utilizzare troppa carne per avere un piatto saziante e completo. I vegetariani potranno abbinare a questa buona insalata con le arance una tagliata di seitan.
Ingredienti per 4 persone:
600 g di pannicolo o diaframma bovino
scarola riccia
rucola
4 arance
12 noci*
4 fette di Pecorino di Pienza
olio extravergine d'oliva
sale
aglio
prezzemolo
pulire la carne dai filamenti esterni di grasso e dalla pellicola che la ricopre, condire con olio aglio e prezzemolo e lasciare riposare anche un paio d'ore. Scaldare la piastra e grigliare per bene la carne, avvolgerla in stagnola e lasciarla riposare sulla piastra calda, intendo disporre nei piatti la rucola e la scarola, gli spicchi dell'arancia pelati a vivo, il succo che si raccoglie quando si pelano e le noci. Affettare la carne e disporla sull'insalata così come il pecorino a fettine, condire con olio e una macinata di sale prima di servire.
* Per la ricetta ho utilizzato  la Noce d'Oro de Il Noceto

2015-01-27

L'ora del dolce: Soffici dolcini cioccolato e caffè

Piatti e vassoio La Porcellana Bianca
Quand'è l'ora giusta per il dolce? Per Gianluca Fusto ogni ora è buona purché si faccia corrispondere ad ogni ora il giusto dolce. In Le mie 24 ore dolci pubblicato da Gribaudo  Fusto, uno dei più grandi maestri pasticcieri al mondo, ci dà un esempio di come comporre una giornata dolce dalla colazione allo "sfizio notturno", senza tralasciare le grandi occasioni e il cioccolato.
Sono entusiasta di questo libro perché è forse la prima volta che riesco a comprendere un libro di un pasticciere professionista, la precisione è maniacale ma le ricette sono ripetibili in una comune cucina (un minimo attrezzata come quella di noi appassionati) perché il libro si rivolge proprio ai non esperti. Non mancano - come ai libri dei grandi si conviene- geometria, rigore, precisione, creatività, tecnica, innovazione, ricerca, sensazioni e passione, ma il tutto sembra accessibile e quasi, dicevo, alla portata di tutti. Mi piace la sua regola del tre che vorrei fare mia, tre elementi a comporre ogni dolce, perché mi sembra che non renda l'insieme difficile da realizzare e nemmeno da degustare come spesso accade in dolci più strutturati che si rivelano essere solo un'accozzaglia male assortita di ingredienti vari. Mi piace questa sorta di essenzialità e in omaggio a Gianluca Fusto vi propongo un mio dolcino in cui non manca il cioccolato (la grande passione di Fusto) che ho tentato di strutturare anch'io attingendo alla regola del tre: base soffice al cacao (la base del ciambellone di Ady che non cambio per nulla al mondo), una crema al burro al gusto di caffè e un cioccolatino alla nocciola sopra per dare una nota croccante. Vi invito a sperimentare è un dolce che si realizza facilmente e il risultato è assicurato.
Soffici dolcini cioccolato e caffè
Ingredienti
Per la base:
250 g di zucchero
250 g di farina
3 uova
130 g di olio di oliva*
130 g di acqua
una bustina di lievito per dolci
30 ml di liquore al caffè
4 cucchiai di cacao amaro
Per la crema al burro e caffè:
4 uova
100 g di zucchero
250 g di burro
1 pizzico di sale
2 cucchiai di caffè solubile in polvere
Per completare:
ovetti alla nocciola
cacao amaro 
Montare le uova con lo zucchero fino a farle diventare spumose, aggiungete l'olio, l'acqua, il liquore, la farina ed infine il lievito setacciato e il cacao.Versare l'impasto negli stampini da savarin (con queste dosi ne verranno 24). Cuocere in forno caldo a 180° per 15- 20 minuti (dipende dal forno) provate comunque con lo stecchino.
Per la crema: frullare le uova intere con uno sbattitore per un paio di minuti. Aggiungere lo zucchero e il pizzico di sale continuando a frullare, mettere il composto sul fuoco a bagnomaria e sbattere sempre finché non risulterà cremoso e facendo attenzione a non far bollire l'acqua.
Levare dal fuoco e continuare a sbattere fino a far raffreddare la crema. A parte montare il burro ammorbidito per 15 minuti fino a renderlo spumoso, aggiungere il caffè solubile e poi unirvi con una frusta a mano la crema di uova preparata in precedenza. Versare la crema in una sac à poche e farcire con essa i dolcini, completare con mezzo ovetto o una nocciola ricoperta di cioccolato
*per il dolce ho scelto un semplice e delicato Olio di Oliva Dante  e il lievito Ar.Pa. Lieviti.

L'ora del dolce: Soffici dolcini cioccolato e caffè

Piatti e vassoio La Porcellana Bianca
Quand'è l'ora giusta per il dolce? Per Gianluca Fusto ogni ora è buona purché si faccia corrispondere ad ogni ora il giusto dolce. In Le mie 24 ore dolci pubblicato da Gribaudo  Fusto, uno dei più grandi maestri pasticcieri al mondo, ci dà un esempio di come comporre una giornata dolce dalla colazione allo "sfizio notturno", senza tralasciare le grandi occasioni e il cioccolato.
Sono entusiasta di questo libro perché è forse la prima volta che riesco a comprendere un libro di un pasticciere professionista, la precisione è maniacale ma le ricette sono ripetibili in una comune cucina (un minimo attrezzata come quella di noi appassionati) perché il libro si rivolge proprio ai non esperti. Non mancano - come ai libri dei grandi si conviene- geometria, rigore, precisione, creatività, tecnica, innovazione, ricerca, sensazioni e passione, ma il tutto sembra accessibile e quasi, dicevo, alla portata di tutti. Mi piace la sua regola del tre che vorrei fare mia, tre elementi a comporre ogni dolce, perché mi sembra che non renda l'insieme difficile da realizzare e nemmeno da degustare come spesso accade in dolci più strutturati che si rivelano essere solo un'accozzaglia male assortita di ingredienti vari. Mi piace questa sorta di essenzialità e in omaggio a Gianluca Fusto vi propongo un mio dolcino in cui non manca il cioccolato (la grande passione di Fusto) che ho tentato di strutturare anch'io attingendo alla regola del tre: base soffice al cacao (la base del ciambellone di Ady che non cambio per nulla al mondo), una crema al burro al gusto di caffè e un cioccolatino alla nocciola sopra per dare una nota croccante. Vi invito a sperimentare è un dolce che si realizza facilmente e il risultato è assicurato.
Soffici dolcini cioccolato e caffè
Ingredienti
Per la base:
250 g di zucchero
250 g di farina
3 uova
130 g di olio di oliva*
130 g di acqua
una bustina di lievito per dolci
30 ml di liquore al caffè
4 cucchiai di cacao amaro
Per la crema al burro e caffè:
4 uova
100 g di zucchero
250 g di burro
1 pizzico di sale
2 cucchiai di caffè solubile in polvere
Per completare:
ovetti alla nocciola
cacao amaro 
Montare le uova con lo zucchero fino a farle diventare spumose, aggiungete l'olio, l'acqua, il liquore, la farina ed infine il lievito setacciato e il cacao.Versare l'impasto negli stampini da savarin (con queste dosi ne verranno 24). Cuocere in forno caldo a 180° per 15- 20 minuti (dipende dal forno) provate comunque con lo stecchino.
Per la crema: frullare le uova intere con uno sbattitore per un paio di minuti. Aggiungere lo zucchero e il pizzico di sale continuando a frullare, mettere il composto sul fuoco a bagnomaria e sbattere sempre finché non risulterà cremoso e facendo attenzione a non far bollire l'acqua.
Levare dal fuoco e continuare a sbattere fino a far raffreddare la crema. A parte montare il burro ammorbidito per 15 minuti fino a renderlo spumoso, aggiungere il caffè solubile e poi unirvi con una frusta a mano la crema di uova preparata in precedenza. Versare la crema in una sac à poche e farcire con essa i dolcini, completare con mezzo ovetto o una nocciola ricoperta di cioccolato
*per il dolce ho scelto un semplice e delicato Olio di Oliva Dante  e il lievito Ar.Pa. Lieviti.

2015-01-22

Ristorante tipico Kamastra a Civita...un piacevole ritorno




Per il mio ultimo percorso del gusto su Diritto di Cronaca ho scelto un luogo del cuore di cui già in altra occasione ebbi modo di parlarvi.
Ci sono dei ristoranti dove si propone sperimentazione e innovazione e ci sono i punti fermi, quelli che saldamente restano ancorati al loro modo di fare cucina semplicemente perché quello è il modo consolidato di lavorare, questi locali sono per me dei porti sicuri dove rifugiarmi quando non ho voglia di sbagliare. Se dovessi proporre a qualcuno i gusti della tradizione civitese, il noto comune situato nell'area del Parco del Pollino di tradizione arberesh (italo-albanese), io non avrei dubbi li porterei al Ristorante tipico Kamastra a conoscere una ricca e antica cultura.
Lo spirito del luogo sta già nel nome, Kamastra in lingua arberesh è la catena che teneva il paiolo nel camino e simboleggia il focolare domestico. La cucina che nelle case civitesi si faceva un tempo è la carta vincente di questa tradizionale locanda messa su per gioco e per passione dall'avvocato Enzo Filardi ben vent'anni fa. E se nella nostra Calabria un ristorante resta in piedi con il medesimo copione (sempre meglio orchestrato) un motivo ci dev'essere e vi invito a scoprirlo varcando la soglia di questo accogliente locale che ha tutta l'aria, dicevo, di una vecchia locanda. Ogni parete, ogni trave del soffitto, ogni angolo del Kamastra, nato dalla ristrutturazione dell'immobile che ospitava l'antica filanda di famiglia, parla di ricordi e vita vissuta.

La permanenza è resa particolarmente piacevole dalla calda e garbata accoglienza del patron Filardi, uomo poliedrico e di ricca cultura che sa come generare l'interesse dell'interlocutore.
I piatti, perlopiù di recupero della tradizione contadina, proposti con genuinità e semplicità sono il giusto completamento di una serata che si fa ricordare.
La cultura arberesh ha influenzato sensibilmente la tradizione culinaria locale e ne abbiamo saggio già nel benvenuto: dei crostini di Drudeza (drudesa) un pane preparato con ciccioli di maiale e uvetta passa servito tostato con sardina e cipolla. 
Il successo del ricchissimo antipasto tipico che ci viene servito lo fanno il lavoro costante della cucina, organizzatissima nel preparare golose conserve, e la ricerca del proprietario che personalmente sceglie e seleziona, stagione dopo stagione dai piccoli produttori locali, i salumi, i formaggi e gli altri prodotti da servire nel suo ristorante.
Mi stupisco davanti alla patata spinosa (una particolare zucca in realtà) sott'aceto e ad una insolita e piacevole mostarda di peperoncini e piretto che viene servita con i formaggi. Assaggio con gusto perfino dei fragranti crostini con una spuma di ciccioli calda e profumatissima di finocchietto e altri aromi, scioglievole al palato. 
I gusti decisi della tradizione calabrese li troviamo nel primo, la shtridëla (striglia) con ceci e salsiccia, il formato di pasta è anch'esso di tradizione albanese, una sorta di tagliatelle irregolari ottenute lavorando l'impasto di acqua e farina con le mani in un gioco di cerchi che le assottigliano via via, la pasta è condita con i profumi di tradizione calabrese i ceci, la salsiccia, il finocchietto di montagna e l'immancabile polvere di peperone rosso, semplicemente un piatto perfetto.
Il cinghiale selvatico del secondo è cucinato alla bracconiera, bocconcini polposi di carne preparati con tanti aromi secondo la tradizione civitese accompagnati dalla calda e sottile focaccia che lo chef prepara sul momento, le patate all'origano completano il quadro olfattivo e gustativo di questo ricco secondo piatto.
Lo spazio per il dolce è difficile trovarlo ma cediamo davanti al calore e al profumo del Krustull, un dolce a forma di fazzoletto ripreso agli angoli fritto e servito con mosto cotto e marmellata di piretto accompagnato dal liquore di piretto che loro stessi secondo consuetudine producono.
Non resta che una piacevole passeggiata per il centro storico di Civita tra le pareti dei monti e le gole del Raganello per digerire cotanta bontà.
Ristorante tipico Kamastra
Piazza Municipio 3/6
87010 Civita (CS)
Tel: 098173387
info@kamastra.net

Ristorante tipico Kamastra a Civita...un piacevole ritorno




Per il mio ultimo percorso del gusto su Diritto di Cronaca ho scelto un luogo del cuore di cui già in altra occasione ebbi modo di parlarvi.
Ci sono dei ristoranti dove si propone sperimentazione e innovazione e ci sono i punti fermi, quelli che saldamente restano ancorati al loro modo di fare cucina semplicemente perché quello è il modo consolidato di lavorare, questi locali sono per me dei porti sicuri dove rifugiarmi quando non ho voglia di sbagliare. Se dovessi proporre a qualcuno i gusti della tradizione civitese, il noto comune situato nell'area del Parco del Pollino di tradizione arberesh (italo-albanese), io non avrei dubbi li porterei al Ristorante tipico Kamastra a conoscere una ricca e antica cultura.
Lo spirito del luogo sta già nel nome, Kamastra in lingua arberesh è la catena che teneva il paiolo nel camino e simboleggia il focolare domestico. La cucina che nelle case civitesi si faceva un tempo è la carta vincente di questa tradizionale locanda messa su per gioco e per passione dall'avvocato Enzo Filardi ben vent'anni fa. E se nella nostra Calabria un ristorante resta in piedi con il medesimo copione (sempre meglio orchestrato) un motivo ci dev'essere e vi invito a scoprirlo varcando la soglia di questo accogliente locale che ha tutta l'aria, dicevo, di una vecchia locanda. Ogni parete, ogni trave del soffitto, ogni angolo del Kamastra, nato dalla ristrutturazione dell'immobile che ospitava l'antica filanda di famiglia, parla di ricordi e vita vissuta.

La permanenza è resa particolarmente piacevole dalla calda e garbata accoglienza del patron Filardi, uomo poliedrico e di ricca cultura che sa come generare l'interesse dell'interlocutore.
I piatti, perlopiù di recupero della tradizione contadina, proposti con genuinità e semplicità sono il giusto completamento di una serata che si fa ricordare.
La cultura arberesh ha influenzato sensibilmente la tradizione culinaria locale e ne abbiamo saggio già nel benvenuto: dei crostini di Drudeza (drudesa) un pane preparato con ciccioli di maiale e uvetta passa servito tostato con sardina e cipolla. 
Il successo del ricchissimo antipasto tipico che ci viene servito lo fanno il lavoro costante della cucina, organizzatissima nel preparare golose conserve, e la ricerca del proprietario che personalmente sceglie e seleziona, stagione dopo stagione dai piccoli produttori locali, i salumi, i formaggi e gli altri prodotti da servire nel suo ristorante.
Mi stupisco davanti alla patata spinosa (una particolare zucca in realtà) sott'aceto e ad una insolita e piacevole mostarda di peperoncini e piretto che viene servita con i formaggi. Assaggio con gusto perfino dei fragranti crostini con una spuma di ciccioli calda e profumatissima di finocchietto e altri aromi, scioglievole al palato. 
I gusti decisi della tradizione calabrese li troviamo nel primo, la shtridëla (striglia) con ceci e salsiccia, il formato di pasta è anch'esso di tradizione albanese, una sorta di tagliatelle irregolari ottenute lavorando l'impasto di acqua e farina con le mani in un gioco di cerchi che le assottigliano via via, la pasta è condita con i profumi di tradizione calabrese i ceci, la salsiccia, il finocchietto di montagna e l'immancabile polvere di peperone rosso, semplicemente un piatto perfetto.
Il cinghiale selvatico del secondo è cucinato alla bracconiera, bocconcini polposi di carne preparati con tanti aromi secondo la tradizione civitese accompagnati dalla calda e sottile focaccia che lo chef prepara sul momento, le patate all'origano completano il quadro olfattivo e gustativo di questo ricco secondo piatto.
Lo spazio per il dolce è difficile trovarlo ma cediamo davanti al calore e al profumo del Krustull, un dolce a forma di fazzoletto ripreso agli angoli fritto e servito con mosto cotto e marmellata di piretto accompagnato dal liquore di piretto che loro stessi secondo consuetudine producono.
Non resta che una piacevole passeggiata per il centro storico di Civita tra le pareti dei monti e le gole del Raganello per digerire cotanta bontà.
Ristorante tipico Kamastra
Piazza Municipio 3/6
87010 Civita (CS)
Tel: 098173387
info@kamastra.net

2015-01-21

Piadina tartara, idea fast per cena

Piatto La Porcellana Bianca, Runner Busatti
Come tutte le donne impegnate con casa, lavoro, figli, oltre che varie ed eventuali cerco spesso idee che possano facilitami la vita. Si va bene presentare bene i prodotti a tavola, va bene non comprare cibi pronti (salvo che non siano prodotti eccellenti) ma quanto meno per il quotidiano occorre servire pietanze facili da realizzare senza complicarsi eccessivamente la vita. Il successo di Benedetta Parodi alla fine sta tutto in questo propone una cucina facile per chi non vuole comunque rinunciare al gusto ella qualità. 
Ho poco tempo per guardare la tv anche se so che il suo programma Molto Bene in onda su Real Time va davvero "molto bene", io quando trovo in giro qualche replica dei suoi fortunati programmi non posso fare a meno di soffermarmi così come non ho potuto fare a meno del suo ultimo libro incuriosita come non mai. Molto bene edito da Rizzoli propone oltre 200 ricette suddivise per categoria e tutte corredate da foto. Semplice e molto intuitivo è articolato in modo tale da trovare sempre la ricetta giusta per ogni circostanza, anche seguendo l'indice degli ingredienti. Mi diverto a sfogliarlo e trovo sempre un'idea da sfruttare e modificare a mio gusto e piacimento perché il bello per me sta proprio in questo.
La ricetta di oggi non è della Parodi, anche se nel libro qualche originale piadina la propone, ma lo spirito è quello, consente di mettere in tavola una cena fast o un aperitivo-antipasto ricercato con pochissimi minuti di preparazione.

Vale anche per questo piatto la mia regola base, più il piatto è semplice più la scelta degli ingredienti non deve essere casuale, in tal caso avendo certezza sulla qualità della piadina artigianale Artigianpiada scelta nella varietà con farina di farro e sulla carne fresca garantita dal mio macellaio di fiducia, mi sono quindi soffermata sulla scelta dell'olio. In Calabria l'olio buono non manca ma proprio perché di olio me ne intendo ho voluto giocare fuori casa sperimentando in questa ricetta l'utilizzo di un olio di eccellenza proveniente niente meno che dall'Istria. 
L'Istria si colloca in effetti in un territorio tipicamente mediterraneo e per le particolari condizioni climatiche un contesto vocato alla produzione di olio di oliva.
Con piacere ho assaggiato e utilizzato gli Oli Mate. Mi incuriosiva conoscere lo spirito di questa azienda che con dedizione ed impegno oltre che profonda serietà produce olio in una splendida terra baciata dal mare adriatico, una storia lontana ma per nulla diversa dalle tante storie delle aziende che mi circondano dove i terreni sono bagnati dallo Jonio. 
Mate Vekic all'inizio del secolo scorso ha contribuito in modo preponderante alla rinascita della coltivazione dell'ulivo mettendo a dimora 25000 piante di ulivo in questo territorio che - come dicevo - naturalmente votato alla coltivazione dell'ulivo aveva visto abbandonarne la coltivazione per le tristi vicende storiche che lo hanno colpito. La voglia di dedicarsi all'agricoltura a 75 anni Mate l'aveva trovata in Toscana dove aveva vissuto in un periodo della sua vita portando con se le varietà di ulivo Frantoio, Leccino e Pendolino. Il successo di Mate è ancora oggi la lavorazione nel rispetto dell'ambiente e della natura, le olive raccolte a mano sono già olio a sera, da tutto ciò deriva un olio di elevatissima qualità.
Ho scelto la varietà Timbro istriano estratto da olive nella varietà frantoio, ha sentori di mandorla, foglia, banana verde e chicco di caffè, al gusto si presenta dolce all'assaggio per lasciare poi spazio all'amaro al piccante con decise note di erbe aromatiche e pepe nero mi è sembrato perfetto a crudo per dare carattere alla mia carne.
Piadina Tartara
Ingredienti per 2-4 persone:
2 piadine 
300 g di filetto di vitellone
una manciata di bietoline selvatiche 
sale e pepe
olio extravergine d'oliva
1 limone
aglio
spezie miste* 
Tritare il filetto a coltello condirlo con sale, pepe, olio limone e una puntina di spezie, aggiungere le bietoline appena cotte al vapore, conte con olio e aglio e tagliuzzate. Amalgamare e lasciar riposare quindici minuti. 
Bagnare le piadine e dopo averle farcite con il ripieno preparato avvolgere su se stesse, con l'aiuto di un foglio di carta forno. Infornare i rotolini a 180° per 5 minuti. Tagliarli a rondelle e servire.

* ho utilizzato un pizzico di miscela Drogapura Cannamela
 senza sale composta da noce moscata, cannella, chiodi di garofano, pimento, anice. Ideale per ripieni per pasta, polpette, verdure ripiene, insaccati, brasati, stracotti, pinzimonio.

Piadina tartara, idea fast per cena

Piatto La Porcellana Bianca, Runner Busatti
Come tutte le donne impegnate con casa, lavoro, figli, oltre che varie ed eventuali cerco spesso idee che possano facilitami la vita. Si va bene presentare bene i prodotti a tavola, va bene non comprare cibi pronti (salvo che non siano prodotti eccellenti) ma quanto meno per il quotidiano occorre servire pietanze facili da realizzare senza complicarsi eccessivamente la vita. Il successo di Benedetta Parodi alla fine sta tutto in questo propone una cucina facile per chi non vuole comunque rinunciare al gusto ella qualità. 
Ho poco tempo per guardare la tv anche se so che il suo programma Molto Bene in onda su Real Time va davvero "molto bene", io quando trovo in giro qualche replica dei suoi fortunati programmi non posso fare a meno di soffermarmi così come non ho potuto fare a meno del suo ultimo libro incuriosita come non mai. Molto bene edito da Rizzoli propone oltre 200 ricette suddivise per categoria e tutte corredate da foto. Semplice e molto intuitivo è articolato in modo tale da trovare sempre la ricetta giusta per ogni circostanza, anche seguendo l'indice degli ingredienti. Mi diverto a sfogliarlo e trovo sempre un'idea da sfruttare e modificare a mio gusto e piacimento perché il bello per me sta proprio in questo.
La ricetta di oggi non è della Parodi, anche se nel libro qualche originale piadina la propone, ma lo spirito è quello, consente di mettere in tavola una cena fast o un aperitivo-antipasto ricercato con pochissimi minuti di preparazione.

Vale anche per questo piatto la mia regola base, più il piatto è semplice più la scelta degli ingredienti non deve essere casuale, in tal caso avendo certezza sulla qualità della piadina artigianale Artigianpiada scelta nella varietà con farina di farro e sulla carne fresca garantita dal mio macellaio di fiducia, mi sono quindi soffermata sulla scelta dell'olio. In Calabria l'olio buono non manca ma proprio perché di olio me ne intendo ho voluto giocare fuori casa sperimentando in questa ricetta l'utilizzo di un olio di eccellenza proveniente niente meno che dall'Istria. 
L'Istria si colloca in effetti in un territorio tipicamente mediterraneo e per le particolari condizioni climatiche un contesto vocato alla produzione di olio di oliva.
Con piacere ho assaggiato e utilizzato gli Oli Mate. Mi incuriosiva conoscere lo spirito di questa azienda che con dedizione ed impegno oltre che profonda serietà produce olio in una splendida terra baciata dal mare adriatico, una storia lontana ma per nulla diversa dalle tante storie delle aziende che mi circondano dove i terreni sono bagnati dallo Jonio. 
Mate Vekic all'inizio del secolo scorso ha contribuito in modo preponderante alla rinascita della coltivazione dell'ulivo mettendo a dimora 25000 piante di ulivo in questo territorio che - come dicevo - naturalmente votato alla coltivazione dell'ulivo aveva visto abbandonarne la coltivazione per le tristi vicende storiche che lo hanno colpito. La voglia di dedicarsi all'agricoltura a 75 anni Mate l'aveva trovata in Toscana dove aveva vissuto in un periodo della sua vita portando con se le varietà di ulivo Frantoio, Leccino e Pendolino. Il successo di Mate è ancora oggi la lavorazione nel rispetto dell'ambiente e della natura, le olive raccolte a mano sono già olio a sera, da tutto ciò deriva un olio di elevatissima qualità.
Ho scelto la varietà Timbro istriano estratto da olive nella varietà frantoio, ha sentori di mandorla, foglia, banana verde e chicco di caffè, al gusto si presenta dolce all'assaggio per lasciare poi spazio all'amaro al piccante con decise note di erbe aromatiche e pepe nero mi è sembrato perfetto a crudo per dare carattere alla mia carne.
Piadina Tartara
Ingredienti per 2-4 persone:
2 piadine 
300 g di filetto di vitellone
una manciata di bietoline selvatiche 
sale e pepe
olio extravergine d'oliva
1 limone
aglio
spezie miste* 
Tritare il filetto a coltello condirlo con sale, pepe, olio limone e una puntina di spezie, aggiungere le bietoline appena cotte al vapore, conte con olio e aglio e tagliuzzate. Amalgamare e lasciar riposare quindici minuti. 
Bagnare le piadine e dopo averle farcite con il ripieno preparato avvolgere su se stesse, con l'aiuto di un foglio di carta forno. Infornare i rotolini a 180° per 5 minuti. Tagliarli a rondelle e servire.

* ho utilizzato un pizzico di miscela Drogapura Cannamela
 senza sale composta da noce moscata, cannella, chiodi di garofano, pimento, anice. Ideale per ripieni per pasta, polpette, verdure ripiene, insaccati, brasati, stracotti, pinzimonio.

2015-01-19

Biscotti strudel ai fichi, sani e davvero naturali

Piatto foglia La Porcellana Bianca, cestino ImballoREGALO.com
Dopo le feste torna prepotente quella voglia di cucina sana, sembra ci sia maggiore attenzione per le scelte alimentari e questo sarebbe il momento perfetto per rivedere i propri errori alimentari e iniziare magari un nuovo percorso. Inizio a volermi bene dall'ora del tè, con dei biscotti strudel ai fichi, sani e davvero naturali, senza zucchero raffinato, uova e grassi animali, magari trasmetto i buoni propositi anche agli altri pasti. Della cucina vegetariana e vegana quello che mi colpisce più di tutto sono proprio i dolci, non riesco nella mia vita a fare a meno dei dolci mi piacerebbe quindi farli in modo un po' più sano e meno  nocivo per la salute, tanto più che la mia è una famiglia di diabetici.
Romina Coppola e il suo Sugarless pubblicato da EIFIS Editore sono un grande esempio di forza di volontà.
Lei molti la conosceranno attraverso il suo blog Sugarless in cui si racconta "davvero" attraverso le parole, le ricette e gli scatti fotografici, ecco nel libro fa la medesima cosa. Lei ce l'ha fatta  cambiare stile di vita abbandonando completamente i grassi animali ed è particolarmente interessante scoprire che ai dolci non ha dovuto affatto rinunciare realizzandone di altrettanto golosi senza ingredienti di origine animale e spesso senza zucchero attingendo al dolce che la natura ci offre. Il libro è diviso per stagioni e gli scatti fotografici che accompagnano le ricette sono un valore aggiunto, Romina non fotografa solo i suoi dolci ma anche le mani delle persone che ad essi associa, persone incontrate sul suo cammino, un modo per portare vivo il ricordo di coloro che l'hanno indirizzata sul percorso da intraprendere o che le hanno comunque insegnato qualcosa della vita. Attraverso le fotografie, i colori ed i sapori che scandiscono le stagioni Romina Coppola ci racconta una storia di cucina naturale con una torta, un muffin o un gelato.
Se le ricette dolci prive di zuccheri e grassi animali già mi sembrano difficili da realizzare e quasi anche difficili da pensare, sono rimasta letteralmente ammirata davanti a un volume edito da Sonda nella collana L'essenza del crudo dedicato interamente alla pasticceria crudista Torte Gelati e Dessert di David Côtè e Mathieu Gallant è un libro davanti al quale profondamente m'inchino. Se davanti agli ingredienti relativi ad alcune preparazioni resto scettica nella sezione dedicata a Biscotti, praline altre dolci golosità mi sono trovata davvero a mio agio vedendo utilizzare in modo goloso e creativo semi e frutta secca. Sicuramente riprodurrò le stelle realizzate con fichi secchi aperti ad arte e guarniti con mandorle, bacche di goji e altra buona frutta. Del resto le immagini che accompagnano le ricette del libro sono davvero una tentazione. 
In questo dolce ho arricchito il ripieno di fichi infornati che prepara mia madre in estate senza l'aggiunta di zucchero, con mandorle e confettura di fichi. 
Che mia madre non me ne voglia ma al posto  della marmellata di fichi fatta in casa ho preferito la Fiordifrutta ai fichi Rigoni di Asiago che è priva di zuccheri aggiunti contenendo solo gli zuccheri della frutta.
Sono dei biscotti energetici ottimi come spezzafame o per dare energia in tutte le situazioni in cui vi è un calo di zuccheri ma buoni anche con il tè che ho scelto nell'e-shop fiorentino La Via del Tè nella linea Firenze varietà Appuntamento sul Ponte Vecchio una miscela di tè verdi, dal gusto dolce e fruttato di fragola, dedicata al Ponte Vecchio, simbolo di Firenze.
Biscotti strudel ai fichi   
Ingredienti
Per la base:
250 g di farina macinata a pietra
125 g di zucchero di canna
65 g di acqua
65 g di olio extravergine d'oliva leggero
1 cucchiaino di lievito per dolci
1 pizzico di sale
la scorza di mezzo limone grattugiata
Per il ripieno:
10 fichi informati 
2 cucchiaiate di mandorle
2 cucchiaiate colme di confettura ai fichi
Sciogliete lo zucchero con l'acqua mescolando bene, unire l'olio e la scorza di limone, il sale, il lievito e, poco alla volta sempre mescolando la farina, fino ad ottenere il panetto di frolla.
Lasciar riposare in frigo come la frolla tradizionale. Intanto tritare non finemente i fichi e le mandorle e amalgamarli alla confettura. Stendere l'impasto e ricavarne due strisce non più larghe di 10 cm, posizionare al centro una riga di ripieno e richiudere la sfoglia sopra, facendo capitare la saldatura tra le sfoglie sotto. Tagliare in sezioni e cuocere a 180° finché i biscotti saranno dorati. Spolverizzare a piacere con zucchero a velo.