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2016-03-25

Che cavolo mangio a Pasqua?

Piatto con decoro uva Ceramiche Maroso
Che cavolo mangio a Pasqua? La domanda sorge spontanea visto che sempre in più demonizzano le carni tipiche di questa festività e sempre più, per fortuna, è l'attenzione alla sana alimentazione. Allora credo si possano realizzare piatti di festa sani e anche vegetariani per non offendere la sensibilità di nessuno portando a tavola oltre che il piacere anche il sorriso di aver agito correttamente per sé stessi e per gli altri.
Che cavolo mangio? è anche il titolo di un bellissimo libro di Sarah Tibs edito da Tecniche NuoveLa cucina preventiva porta in tavola il sorriso è il sottotitolo che annuncia il contenuto del libro che vi assicuro dà più di quel che promette. 
Il libro è un invito a cambiare gradualmente le proprie abitudini alimentari in adesione ai dettami del Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro. Nella prima parte di esso ci s'interroga su cosa mangiamo, viene spiegata la capacità degli alimenti, precisamente dei loro componenti, di creare sinergie a favore o a sfavore dello stato di buona salute. Nella seconda parte del libro dopo aver ricevuto tutte le utili indicazioni su come riallestire la nostra dispensa ci vengono proposte le ricette in modo che gli alimenti in esse contenute possano creare quelle sinergie a favore dello stato di buona salute. 
Io il libro, davvero gradevole e accattivante, me lo sto ancora studiando, intanto però ho preso in parola il "cavolo" del titolo che si sà le crucifere sono ricche di sostanze antitumorali e per la Pasqua, che quest'anno è decisamente prestino, vorrei proporvi delle gustosissime crepes con cavolo verza  e provola piccante, con una nota di acciuga nella salsa d'accompagno. Una ricetta davvero chic e gustosa che non prevede l'uso di carni né fresche né conservate.
Crepes del cavolo
Ingredienti per 4- 6 persone
Per la base:
3 uova
3 cucchiai di farina
100 ml di latte
sale e pepe q.b
Per la farcia:
1 cavolo verza
olio extravergine d'oliva
1 spicchio d'aglio
1 cucchiaio di capperi
200 g di provola piccante
olio extravergine d'oliva
1 noce di burro
2 acciughe
250 ml di panna
sale e pepe
Preparare la pastella con uova, latte, farina sale e pepe, lasciarla riposare mezz'ora. Con la pastella preparata realizzare poi delle crepes sottili versando un mestolino per volta in una padella unta (a seconda delle dimensioni della padella vi verranno crepes più o meno grandi).
Intanto tagliare a striscioline un cavolo verza, ben pulito e cuocerlo in padella con aglio e olio, aggiungere un cucchiaio di capperi e portare a cottura con acqua, salare e pepare.
Farcire le crepes con la verza e unire un bastoncino di provola per ognuna. Arrotolare le crepes e tagliarle in sezioni di 5 cm circa. Dorarle in forno con una noce di burro, il tempo che il formaggio ceda.  In un tegame sciogliere due acciughe con un filo d'olio, unire la panna e formare una cremina con la quale servire le crepes.

Buona Pasqua prima che dimentichi.

Che cavolo mangio a Pasqua?

Piatto con decoro uva Ceramiche Maroso
Che cavolo mangio a Pasqua? La domanda sorge spontanea visto che sempre in più demonizzano le carni tipiche di questa festività e sempre più, per fortuna, è l'attenzione alla sana alimentazione. Allora credo si possano realizzare piatti di festa sani e anche vegetariani per non offendere la sensibilità di nessuno portando a tavola oltre che il piacere anche il sorriso di aver agito correttamente per sé stessi e per gli altri.
Che cavolo mangio? è anche il titolo di un bellissimo libro di Sarah Tibs edito da Tecniche NuoveLa cucina preventiva porta in tavola il sorriso è il sottotitolo che annuncia il contenuto del libro che vi assicuro dà più di quel che promette. 
Il libro è un invito a cambiare gradualmente le proprie abitudini alimentari in adesione ai dettami del Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro. Nella prima parte di esso ci s'interroga su cosa mangiamo, viene spiegata la capacità degli alimenti, precisamente dei loro componenti, di creare sinergie a favore o a sfavore dello stato di buona salute. Nella seconda parte del libro dopo aver ricevuto tutte le utili indicazioni su come riallestire la nostra dispensa ci vengono proposte le ricette in modo che gli alimenti in esse contenute possano creare quelle sinergie a favore dello stato di buona salute. 
Io il libro, davvero gradevole e accattivante, me lo sto ancora studiando, intanto però ho preso in parola il "cavolo" del titolo che si sà le crucifere sono ricche di sostanze antitumorali e per la Pasqua, che quest'anno è decisamente prestino, vorrei proporvi delle gustosissime crepes con cavolo verza  e provola piccante, con una nota di acciuga nella salsa d'accompagno. Una ricetta davvero chic e gustosa che non prevede l'uso di carni né fresche né conservate.
Crepes del cavolo
Ingredienti per 4- 6 persone
Per la base:
3 uova
3 cucchiai di farina
100 ml di latte
sale e pepe q.b
Per la farcia:
1 cavolo verza
olio extravergine d'oliva
1 spicchio d'aglio
1 cucchiaio di capperi
200 g di provola piccante
olio extravergine d'oliva
1 noce di burro
2 acciughe
250 ml di panna
sale e pepe
Preparare la pastella con uova, latte, farina sale e pepe, lasciarla riposare mezz'ora. Con la pastella preparata realizzare poi delle crepes sottili versando un mestolino per volta in una padella unta (a seconda delle dimensioni della padella vi verranno crepes più o meno grandi).
Intanto tagliare a striscioline un cavolo verza, ben pulito e cuocerlo in padella con aglio e olio, aggiungere un cucchiaio di capperi e portare a cottura con acqua, salare e pepare.
Farcire le crepes con la verza e unire un bastoncino di provola per ognuna. Arrotolare le crepes e tagliarle in sezioni di 5 cm circa. Dorarle in forno con una noce di burro, il tempo che il formaggio ceda.  In un tegame sciogliere due acciughe con un filo d'olio, unire la panna e formare una cremina con la quale servire le crepes.

Buona Pasqua prima che dimentichi.

2015-10-30

Il Chianti classico di Fattoria Montemaggio e i miei ravioloni

Forchetta Mori Italian Factory, piatti ISI Milano

La Fattoria di Montemaggio è nella zona del Chianti Classico, a pochi minuti da Radda in Chianti, Panzano  e  Greve  in Chianti, graziosi paesini fra i più importanti per la produzione di vino. Radda è la sede storica del Chianti Classico ed è un magnifico paese di origine medievale. La fattoria di Montemaggio,  che è membro del Consorzio del Chianti Classico, si estende su una superficie di 70 ettari ad un’altitudine che si aggira intorno ai  600 metri sul livello del mare ed è costituito da vigneti, oliveti  e boschi.
I vigneti  occupano una superficie di circa 9 ettari  e sono  piantati con Sangiovese,  ci sono  poi delle piccole porzioni di  altri vitigni, Merlot, Pugnitello e Chardonnay, si tratta di una piccola azienda dove si è in grado  di controllare ogni pianta e  ogni bottiglia di vino. Montemaggio produce quindi un vino di altissima  qualità strettamente  legato al territorio da cui proviene. Insomma se del Chianti sappiamo quasi tutto o così sembra tanto da esser considerato il vessillo della Toscana nel mondo, penso che valga la pena  - viste le bellezze che circondano aziende come quella di cui oggi vi ho parlato - andarlo a conoscere nei luoghi d'origine. Sentiamo sempre parlare di turismo del vino ma avete provato almeno una volta a conoscere un luogo partendo proprio dal nettare di Bacco che ivi si produce? Io vi consiglio di farlo perché è un qualcosa che vi resterà dentro e quel vino e il suo territorio vi entreranno nel cuore divenendo parte di voi stessi. 
Se per Montemaggio e Radda volete aspettare la festa del vino a Giugno partite da qualche luogo più vicino a voi su Di vigna in vigna pubblicato da EDT avrete l'imbarazzo della scelta potendo optare tra i 40 itinerari proposti da Tiziano Gaia. Di vigna in vigna è un libro che vuole essere una proposta di viaggio alternativo, una ricognizione nelle cantine italiane che hanno affiancato all’eccellenza enologica la possibilità di pernottare, mangiare, ritemprarsi in una spa o godere di una mostra d’arte nei luoghi in cui affinano alcuni dei più grandi vini nostrani. Quaranta capitoli corrispondenti ad altrettanti territori del vino in cui sono comprese e descritte esaustivamente 200 strutture ricettive annesse ad altrettante cantine, per capire appieno il concetto di “enoturismo”. Il prossimo lungo week-end sarà magari la giusta occasione per iniziare a godere i luoghi del vino.
Io intanto con il Chianti classico di Montemaggio vi propongo dei Ravioloni ripieni di patate e taleggio conditi con una leggera crema di zucca e croccante pancetta perfetti per questi giorni di festa.
Ravioloni patate e taleggio su crema di zucca e pancetta croccante
Ingredienti per 4 persone:
2 uova
100 g di semola rimacinata di grano duro
100 g di farina 00
500 g di patate
150 g di Taleggio
1 tuorlo d'uovo
prezzemolo
sale e pepe
1 tazza di polpa di zucca
1 scalogno
2 cucchiai di grana
olio extravergine d'oliva
50 g di pancetta a fette sottili
Impastare le farine con le uova intere e un pizzico di sale. Lessare le patate, pelarle, schiacciarle e condirle con sale, pepe, prezzemolo tritato e tuorlo d'uovo. Tirare la sfoglia e ricavarne dei ravioli da farcire con la crema di patate preparata e un pezzetto di Taleggio. Cuocere la zucca con lo scalogno e un filo d'olio, salare, pepare e coprire il tegame in modo che cuocia con la sua acqua, frullare la zucca con l'aggiunta del grana. Infornare la pancetta ben distesa tenendo il forno a temperatura non alta finché diventa croccante. Lessare i ravioli e servirli con la crema di zucca e la pancetta croccante tagliuzzata sottile.

Il Chianti classico di Fattoria Montemaggio e i miei ravioloni

Forchetta Mori Italian Factory, piatti ISI Milano

La Fattoria di Montemaggio è nella zona del Chianti Classico, a pochi minuti da Radda in Chianti, Panzano  e  Greve  in Chianti, graziosi paesini fra i più importanti per la produzione di vino. Radda è la sede storica del Chianti Classico ed è un magnifico paese di origine medievale. La fattoria di Montemaggio,  che è membro del Consorzio del Chianti Classico, si estende su una superficie di 70 ettari ad un’altitudine che si aggira intorno ai  600 metri sul livello del mare ed è costituito da vigneti, oliveti  e boschi.
I vigneti  occupano una superficie di circa 9 ettari  e sono  piantati con Sangiovese,  ci sono  poi delle piccole porzioni di  altri vitigni, Merlot, Pugnitello e Chardonnay, si tratta di una piccola azienda dove si è in grado  di controllare ogni pianta e  ogni bottiglia di vino. Montemaggio produce quindi un vino di altissima  qualità strettamente  legato al territorio da cui proviene. Insomma se del Chianti sappiamo quasi tutto o così sembra tanto da esser considerato il vessillo della Toscana nel mondo, penso che valga la pena  - viste le bellezze che circondano aziende come quella di cui oggi vi ho parlato - andarlo a conoscere nei luoghi d'origine. Sentiamo sempre parlare di turismo del vino ma avete provato almeno una volta a conoscere un luogo partendo proprio dal nettare di Bacco che ivi si produce? Io vi consiglio di farlo perché è un qualcosa che vi resterà dentro e quel vino e il suo territorio vi entreranno nel cuore divenendo parte di voi stessi. 
Se per Montemaggio e Radda volete aspettare la festa del vino a Giugno partite da qualche luogo più vicino a voi su Di vigna in vigna pubblicato da EDT avrete l'imbarazzo della scelta potendo optare tra i 40 itinerari proposti da Tiziano Gaia. Di vigna in vigna è un libro che vuole essere una proposta di viaggio alternativo, una ricognizione nelle cantine italiane che hanno affiancato all’eccellenza enologica la possibilità di pernottare, mangiare, ritemprarsi in una spa o godere di una mostra d’arte nei luoghi in cui affinano alcuni dei più grandi vini nostrani. Quaranta capitoli corrispondenti ad altrettanti territori del vino in cui sono comprese e descritte esaustivamente 200 strutture ricettive annesse ad altrettante cantine, per capire appieno il concetto di “enoturismo”. Il prossimo lungo week-end sarà magari la giusta occasione per iniziare a godere i luoghi del vino.
Io intanto con il Chianti classico di Montemaggio vi propongo dei Ravioloni ripieni di patate e taleggio conditi con una leggera crema di zucca e croccante pancetta perfetti per questi giorni di festa.
Ravioloni patate e taleggio su crema di zucca e pancetta croccante
Ingredienti per 4 persone:
2 uova
100 g di semola rimacinata di grano duro
100 g di farina 00
500 g di patate
150 g di Taleggio
1 tuorlo d'uovo
prezzemolo
sale e pepe
1 tazza di polpa di zucca
1 scalogno
2 cucchiai di grana
olio extravergine d'oliva
50 g di pancetta a fette sottili
Impastare le farine con le uova intere e un pizzico di sale. Lessare le patate, pelarle, schiacciarle e condirle con sale, pepe, prezzemolo tritato e tuorlo d'uovo. Tirare la sfoglia e ricavarne dei ravioli da farcire con la crema di patate preparata e un pezzetto di Taleggio. Cuocere la zucca con lo scalogno e un filo d'olio, salare, pepare e coprire il tegame in modo che cuocia con la sua acqua, frullare la zucca con l'aggiunta del grana. Infornare la pancetta ben distesa tenendo il forno a temperatura non alta finché diventa croccante. Lessare i ravioli e servirli con la crema di zucca e la pancetta croccante tagliuzzata sottile.

2015-09-01

Tijana di pasta con fagioli, 'nduja e caciocavallo silano

Agosto significa per me mare, sole, famiglia, relax e tante buone letture ecco perché ad agosto scrivo poco. Tra i libri dell'agosto appena trascorso ce n'è uno che porterò nel cuore in particolar modo.
Si tratta di una pubblicazione dell'Editore Rubbettino: Ti ho vista che ridevi, il secondo libro del collettivo Lou Palanca composto da Fabio Cuzzola, Valerio De Nardo, Nicola Fiorita, Maura Ranieri e Monica Sperabene. Mi incuriosiva il titolo, il fatto che fosse scritto a 10 mani e ovviamente la trama. E' una storia insolita e reale che ne racchiude tante, le tante storie di quelle donne calabresi che negli anni sessanta si avventurarono verso il Piemonte per sposare i contadini delle Langhe rimasti soli dopo che le contadine piemontesi avevano preferito trasferirsi in città per lavorare in fabbrica e trovare la propria emancipazione. Donne semplici in fuga da una vita difficile verso un'altra vita (che forse non lo era meno) ma era l'unica possibile. Le premesse affinché il libro mi entrasse nel cuore c'erano tutte  e dopo averlo letto non posso che invitarvi a fare altrettanto per cercare di capire anche voi un po' della mia Calabria.
Non è un libro strettamente legato alla cucina ma ditemi un po' voi in quale libro oggi non vi sia almeno un riferimento culinario. In Ti ho vista che ridevi si parla di Calabria e di Langhe, di Slow Food e di vini Piemontesi e tra le citazioni culinarie non potevo restare indifferente alla pasta con la 'nduja anzi alla tijana di pasta al forno con piselli, insaporita alla 'nduja che pare si chiami pasta Principe di Piemonte e che attendo di andare a gustare nel ristorante che viene citato nel libro, così come spero di andare presto nei luoghi di cui si parla per farli un po' più miei assaggiando magari qualche piatto tradizionale.
Se la cucina calabrese incuriosisce un po' anche voi vi consiglio un altro testo dell'editore Rubbettino Calabria Golosa una raccolta di ben 200 ricette di cucina tradizionale a cura di Ottavio Cavalcanti. Vi ho trovato molto della cucina tradizionale di casa mia e molto altro ancora, come le  schede dettagliate dei prodotti, molte ricette di piatti a me ancora sconosciuti che si preparano in altre zone di questa impervia terra che mi sono accorta di amare sul serio e che sono felice di non aver abbandonato.
Nel frattempo io vi ho preparato una tijana di pasta con i fagioli (che di piselli non è stagione), la 'nduja e il caciocavallo silano, calabrese abbastanza che dite?
Tijana di pasta con fagioli, 'nduja e caciocavallo silano
Ingredienti per 4 persone (dosi calabresi):
500 g di maccheroni freschi al ferretto
1 tazza di fagioli freschi o secchi già cotti
1 piccola cipolla di Tropea
olio extravergine d'oliva
4 cucchiai di passata di pomodoro
1 cucchiaiata di 'nduja
150 g di caciocavallo silano
sale
Tritare la cipolla e stufarla in un tegame di coccio con l'olio, e la 'nduja, aggiungere i fagioli, la passata di pomodoro, un pizzico di sale e un paio di mestoli d'acqua calda. Portare a cottura  i fagioli. Lessare i maccheroni e aggiungerli al sugo di fagioli preparato, grattugiare il caciocavallo sulla superficie, utilizzando una grattugia a fori larghi e infornare a 200° fino a che il formaggio formerà una dorata crosticina.

Tijana di pasta con fagioli, 'nduja e caciocavallo silano

Agosto significa per me mare, sole, famiglia, relax e tante buone letture ecco perché ad agosto scrivo poco. Tra i libri dell'agosto appena trascorso ce n'è uno che porterò nel cuore in particolar modo.
Si tratta di una pubblicazione dell'Editore Rubbettino: Ti ho vista che ridevi, il secondo libro del collettivo Lou Palanca composto da Fabio Cuzzola, Valerio De Nardo, Nicola Fiorita, Maura Ranieri e Monica Sperabene. Mi incuriosiva il titolo, il fatto che fosse scritto a 10 mani e ovviamente la trama. E' una storia insolita e reale che ne racchiude tante, le tante storie di quelle donne calabresi che negli anni sessanta si avventurarono verso il Piemonte per sposare i contadini delle Langhe rimasti soli dopo che le contadine piemontesi avevano preferito trasferirsi in città per lavorare in fabbrica e trovare la propria emancipazione. Donne semplici in fuga da una vita difficile verso un'altra vita (che forse non lo era meno) ma era l'unica possibile. Le premesse affinché il libro mi entrasse nel cuore c'erano tutte  e dopo averlo letto non posso che invitarvi a fare altrettanto per cercare di capire anche voi un po' della mia Calabria.
Non è un libro strettamente legato alla cucina ma ditemi un po' voi in quale libro oggi non vi sia almeno un riferimento culinario. In Ti ho vista che ridevi si parla di Calabria e di Langhe, di Slow Food e di vini Piemontesi e tra le citazioni culinarie non potevo restare indifferente alla pasta con la 'nduja anzi alla tijana di pasta al forno con piselli, insaporita alla 'nduja che pare si chiami pasta Principe di Piemonte e che attendo di andare a gustare nel ristorante che viene citato nel libro, così come spero di andare presto nei luoghi di cui si parla per farli un po' più miei assaggiando magari qualche piatto tradizionale.
Se la cucina calabrese incuriosisce un po' anche voi vi consiglio un altro testo dell'editore Rubbettino Calabria Golosa una raccolta di ben 200 ricette di cucina tradizionale a cura di Ottavio Cavalcanti. Vi ho trovato molto della cucina tradizionale di casa mia e molto altro ancora, come le  schede dettagliate dei prodotti, molte ricette di piatti a me ancora sconosciuti che si preparano in altre zone di questa impervia terra che mi sono accorta di amare sul serio e che sono felice di non aver abbandonato.
Nel frattempo io vi ho preparato una tijana di pasta con i fagioli (che di piselli non è stagione), la 'nduja e il caciocavallo silano, calabrese abbastanza che dite?
Tijana di pasta con fagioli, 'nduja e caciocavallo silano
Ingredienti per 4 persone (dosi calabresi):
500 g di maccheroni freschi al ferretto
1 tazza di fagioli freschi o secchi già cotti
1 piccola cipolla di Tropea
olio extravergine d'oliva
4 cucchiai di passata di pomodoro
1 cucchiaiata di 'nduja
150 g di caciocavallo silano
sale
Tritare la cipolla e stufarla in un tegame di coccio con l'olio, e la 'nduja, aggiungere i fagioli, la passata di pomodoro, un pizzico di sale e un paio di mestoli d'acqua calda. Portare a cottura  i fagioli. Lessare i maccheroni e aggiungerli al sugo di fagioli preparato, grattugiare il caciocavallo sulla superficie, utilizzando una grattugia a fori larghi e infornare a 200° fino a che il formaggio formerà una dorata crosticina.

2015-05-04

La Sicilia tra amori e vini e la norma infornata

Tessuto Busatti, pirofila Wald

Un piatto può nascere da una suggestione, un luogo vissuto, visto o conosciuto anche solo attraverso le pagine in cui è narrato.
Mi sono lasciata assorbire dalla piacevole scrittura di Andrea Zanfi e dal suo "Sicilia. L'Isola e il Mediterraneo. Storie di amori e vini" pubblicato da Salvietti & Barabuffi. Un intreccio narrativo che prende il via tra le stanze di un antico baglio siciliano, ricco di leggende, ricordi e storie dimenticate o mai narrate. Un libro che attraverso le parole e le immagini diventa quasi una dichiarazione d'amore alla Sicilia, l'isola più grande del mediterraneo, protagonista indiscussa di questo pregevole volume. Sicilia intesa sia come terra fertile per l'uomo, che come donna forte e caparbia che cerca di resistere alle avance del suo innamorato Mediterraneo. In mezzo a tutto questo le storie dei produttori vinicoli che con impegno e dedizione - e non senza difficoltà - trasformano i suoi generosi frutti in prodotti esportati e conosciuti in tutto il mondo.
Quando dico Sicilia penso alla norma, un piatto che trasuda Sicilia da ogni poro, un primo che amo e che sempre mi riporta col pensiero alla sua terra d'origine.
Ho preparato una norma ricca e succulenta con gli speciali pennoni del pastificio calabrese Pisani & Pasta e l'ho resa ancora più golosa arricchendola di buona mozzarella  e ricotta salata per passarla poi in forno appena quindici minuti il tempo di far fondere la mozzarella e i sapori tutti tra di loro. 
Pennoni alla norma infornati
Ingredienti per 4 persone:
400 g di pennoni (o anche paccheri)
1 grossa melanzana lunga
400 g di pomodori pelati
1 spicchio d'aglio
olio extravergine d'oliva
basilico
sale e pepe
200 g di mozzarella (fior di latte)
4 cucchiai di ricotta salata grattugiata 
Schiacciare l'aglio e soffriggerlo con un po' d'olio unire i pelati schiacciati, salare pepare e proseguire la cottura fino a far addensare il sughetto, eliminare l'aglio e aggiungere le foglie di basilico spezzettate. Tagliare intanto la melanzana a fdttine e friggerle in altro olio, scolarle ed aggiungerle al sugo preparato, regolare di sale.
Lessare al dente i pennoni condirli con il sugo alle melanzane e la ricotta salata, aggiungere la mozzarella a dadini, versare in una pirofila e infornare per 15 minuti, finché la mozzarella non sarà sciolta.
A questo piatto ho deciso di abbinare un vino siciliano: il Symposio del Feudo Principi di Butera, un rosso prodotto con il 65% di uve  Cabernet Sauvignon, 30% Merlot e 5% Petit Verdot, che si sposa alla perfezione con i piatti della tradizione siciliana

La Sicilia tra amori e vini e la norma infornata

Tessuto Busatti, pirofila Wald

Un piatto può nascere da una suggestione, un luogo vissuto, visto o conosciuto anche solo attraverso le pagine in cui è narrato.
Mi sono lasciata assorbire dalla piacevole scrittura di Andrea Zanfi e dal suo "Sicilia. L'Isola e il Mediterraneo. Storie di amori e vini" pubblicato da Salvietti & Barabuffi. Un intreccio narrativo che prende il via tra le stanze di un antico baglio siciliano, ricco di leggende, ricordi e storie dimenticate o mai narrate. Un libro che attraverso le parole e le immagini diventa quasi una dichiarazione d'amore alla Sicilia, l'isola più grande del mediterraneo, protagonista indiscussa di questo pregevole volume. Sicilia intesa sia come terra fertile per l'uomo, che come donna forte e caparbia che cerca di resistere alle avance del suo innamorato Mediterraneo. In mezzo a tutto questo le storie dei produttori vinicoli che con impegno e dedizione - e non senza difficoltà - trasformano i suoi generosi frutti in prodotti esportati e conosciuti in tutto il mondo.
Quando dico Sicilia penso alla norma, un piatto che trasuda Sicilia da ogni poro, un primo che amo e che sempre mi riporta col pensiero alla sua terra d'origine.
Ho preparato una norma ricca e succulenta con gli speciali pennoni del pastificio calabrese Pisani & Pasta e l'ho resa ancora più golosa arricchendola di buona mozzarella  e ricotta salata per passarla poi in forno appena quindici minuti il tempo di far fondere la mozzarella e i sapori tutti tra di loro. 
Pennoni alla norma infornati
Ingredienti per 4 persone:
400 g di pennoni (o anche paccheri)
1 grossa melanzana lunga
400 g di pomodori pelati
1 spicchio d'aglio
olio extravergine d'oliva
basilico
sale e pepe
200 g di mozzarella (fior di latte)
4 cucchiai di ricotta salata grattugiata 
Schiacciare l'aglio e soffriggerlo con un po' d'olio unire i pelati schiacciati, salare pepare e proseguire la cottura fino a far addensare il sughetto, eliminare l'aglio e aggiungere le foglie di basilico spezzettate. Tagliare intanto la melanzana a fdttine e friggerle in altro olio, scolarle ed aggiungerle al sugo preparato, regolare di sale.
Lessare al dente i pennoni condirli con il sugo alle melanzane e la ricotta salata, aggiungere la mozzarella a dadini, versare in una pirofila e infornare per 15 minuti, finché la mozzarella non sarà sciolta.
A questo piatto ho deciso di abbinare un vino siciliano: il Symposio del Feudo Principi di Butera, un rosso prodotto con il 65% di uve  Cabernet Sauvignon, 30% Merlot e 5% Petit Verdot, che si sposa alla perfezione con i piatti della tradizione siciliana

2015-02-20

Cannelloni di magro con le noci

Pirofila La Porcellana Bianca
Mi sono sempre fidata di chi sulle confezioni dei propri prodotti mette la propria faccia, sui prodotti biologici di Girolomoni c'è il volto rassicurante e buono di Gino il fondatore dell'omonima cooperativa e prima ancora nel 1977 della più nota Alce Nero e poi della Montebello. Dal 1977 la cooperativa ne ha fatta di strada e Gino Girolomoni, da profeta del biologico, è diventato sempre di più un vero e proprio imprenditore, pur rimanendo nel profondo un poeta e un sognatore. Dal 2012 anno in cui Gino è scomparso la Montebello è diventata Girolomoni.
La pasta Girolomoni è prodotta con soli grani biologici italiani in un assortimento di formati davvero sorprendente. Oltre alla pasta di grano duro anche integrale, tricolore e trafilata al bronzo la Girolomoni produce anche pasta con grani antichi come la selezionata e nota semola Senatore Cappelli, la Graziella Ra® il Grano dei Faraoni e anche la Farro Triticum Dicoccum, il più antico dei grani.
Questa varietà e ricerca delle origini mi hanno fatto riflettere sulla qualità della pasta che spesso sottovalutiamo, pensiamo basti acquistare la buona qualità nella grande distribuzione (magari anche quella più pubblicizzata) per sentirci a posto con la coscienza. Acquistare la vera qualità spesso non costa molto di più e ripaga in benessere.
Per il piatto che vi presento oggi ho utilizzato i cannelloni Girolomoni, ma prima della semplicissima e golosa ricetta valorizzata con la Noce d'oro Il Noceto e le biete di campo vi lascio un aforisma di Gino Girolomoni per ricordarci della sua grandezza e semplicità:
“Mangiare non è soltanto trasformare e cuocere il cibo: è dono, spiritualità, amicizia, fraternità, bellezza, calore, colore, sapienza, profumo, semplicità, compagnia.” 
Cannelloni di magro con le noci
Ingredienti:
1 confezione di cannelloni
1/2 kg di bieta di campo
300 g di ricotta fresca
200 g di fiordilatte
1/2 litro di latte
15-16 noci
4 cucchiai di grana grattugiato
60 g di burro
30 g di farina
olio extravergine d'oliva
1 spicchio d'aglio
sale
pepe bianco
noce moscata
Sciogliere in un tegame 40 g di burro, unire la farina e lasciar cuocere senza che prenda colore, stemperare con il latte, sale, pepe e noce moscata e cuocere la salsa besciamella mescolando finché si addensa. Pulire la bieta e tagliarla a striscioline, saltarla in padella con olio e aglio, salare, eliminare l'aglio e tritare con il coltello la verdura cotta unirvi la ricotta frullata con la mozzarella e due cucchiaiate di besciamella, aggiungere due cucchi di grana. Riempire i cannelloni con la farcia preparata. Disporli in unico strato in una teglia unta con il burro restante, coprire con la besciamella, le noci tritate e il formaggio grana restante. Cuocere a 180° in forno ventilato, finché la superficie risulterà ben dorata.

Cannelloni di magro con le noci

Pirofila La Porcellana Bianca
Mi sono sempre fidata di chi sulle confezioni dei propri prodotti mette la propria faccia, sui prodotti biologici di Girolomoni c'è il volto rassicurante e buono di Gino il fondatore dell'omonima cooperativa e prima ancora nel 1977 della più nota Alce Nero e poi della Montebello. Dal 1977 la cooperativa ne ha fatta di strada e Gino Girolomoni, da profeta del biologico, è diventato sempre di più un vero e proprio imprenditore, pur rimanendo nel profondo un poeta e un sognatore. Dal 2012 anno in cui Gino è scomparso la Montebello è diventata Girolomoni.
La pasta Girolomoni è prodotta con soli grani biologici italiani in un assortimento di formati davvero sorprendente. Oltre alla pasta di grano duro anche integrale, tricolore e trafilata al bronzo la Girolomoni produce anche pasta con grani antichi come la selezionata e nota semola Senatore Cappelli, la Graziella Ra® il Grano dei Faraoni e anche la Farro Triticum Dicoccum, il più antico dei grani.
Questa varietà e ricerca delle origini mi hanno fatto riflettere sulla qualità della pasta che spesso sottovalutiamo, pensiamo basti acquistare la buona qualità nella grande distribuzione (magari anche quella più pubblicizzata) per sentirci a posto con la coscienza. Acquistare la vera qualità spesso non costa molto di più e ripaga in benessere.
Per il piatto che vi presento oggi ho utilizzato i cannelloni Girolomoni, ma prima della semplicissima e golosa ricetta valorizzata con la Noce d'oro Il Noceto e le biete di campo vi lascio un aforisma di Gino Girolomoni per ricordarci della sua grandezza e semplicità:
“Mangiare non è soltanto trasformare e cuocere il cibo: è dono, spiritualità, amicizia, fraternità, bellezza, calore, colore, sapienza, profumo, semplicità, compagnia.” 
Cannelloni di magro con le noci
Ingredienti:
1 confezione di cannelloni
1/2 kg di bieta di campo
300 g di ricotta fresca
200 g di fiordilatte
1/2 litro di latte
15-16 noci
4 cucchiai di grana grattugiato
60 g di burro
30 g di farina
olio extravergine d'oliva
1 spicchio d'aglio
sale
pepe bianco
noce moscata
Sciogliere in un tegame 40 g di burro, unire la farina e lasciar cuocere senza che prenda colore, stemperare con il latte, sale, pepe e noce moscata e cuocere la salsa besciamella mescolando finché si addensa. Pulire la bieta e tagliarla a striscioline, saltarla in padella con olio e aglio, salare, eliminare l'aglio e tritare con il coltello la verdura cotta unirvi la ricotta frullata con la mozzarella e due cucchiaiate di besciamella, aggiungere due cucchi di grana. Riempire i cannelloni con la farcia preparata. Disporli in unico strato in una teglia unta con il burro restante, coprire con la besciamella, le noci tritate e il formaggio grana restante. Cuocere a 180° in forno ventilato, finché la superficie risulterà ben dorata.

2015-01-05

Oro nel piatto e cinque rose nel bicchiere

 
Stavolta, lo riconosco,  me la sono presa comoda. Vacanze al termine trascorse in famiglia, poco lavoro (l'essenziale), poco movimento (viste le temperature rigide cui non siamo abituati) tante tavole e qualche buon piatto di cui vi parlerò oggi e nel prosieguo.
Quando è festa le lasagne aiutano molto a smaltire il lavoro essendo preparabili in anticipo permettono a chi lavora in cucina di portarsi avanti.
Certo il problema da me è quello di accontentare tutti, mio figlio vuole le tradizionali rosse, mio marito non ama la besciamella, mia sorella non mangia formaggi, mio  cognato niente verdure e mia figlia è un discorso a parte visto che si trova nella fase "pasta bianca e olio crudo" ma a tre anni ci sta.
Volevo realizzare comunque un piatto per tutti e con queste lasagne ho accontentato un buon 80% dei commensali con alto gradimento degli stessi.
 Volevo che questo piatto fosse speciale, che avesse l'oro dentro ed ho scelto il mio oro: la Noce d'Oro de Il Noceto, un’organizzazione di Produttori fondata nel 1994 che si estende oggi su circa 211 ettari in Veneto, 38 ettari in Friuli Venezia Giulia ed infine 10 ettari nelle Marche.
Le noci vengono raccolte con tempestività al momento della maturazione, nella stagione autunnale. Vengono smallate e lavate esclusivamente con acqua. Noce d’oro, dopo essere stata lavata, viene essiccata attraverso un’accurata procedura che consente di stabilizzare i grassi insaturi presenti nel gheriglio conferendo al prodotto una fragranza inimitabile. Ho scelto questa eccellenza per le festività e con essa ho arricchito e valorizzato queste lasagne che vedono come altri ingredienti il prosciutto crudo e la scamorza affumicata. Un gusto di festa che meritava di essere valorizzato con un buon abbinamento.
Ho scelto un rosato o per meglio dire "il rosato" Five Roses di Leone De Castris nella produzione 2013 realizzata per il 70° anniversario di questo leggendario vino. 
Stiamo parlando del primo rosato imbottigliato in Italia di un affascinate rosa cerasuolo brillante con inebrianti profumi di ribes rosso e rosa. Era il 1943 quando nella Puglia occupata dagli alleati l'Avv. Piero Leone Plantera, nonno dell'attuale proprietario, appoggiato e sostenuto dalla moglie Donna Lisetta De Castris di Lemos  riesce a vincere tutte le difficoltà che ostacolano la vendemmia volgendole anzi a suo favore. Imbottiglia uno speciale Rosato prodotto in maggioranza con uve Negroamaro e una piccola percentuale di Malvasia Nera che, scoperto dalle autorità americane, sarà da queste acquistato e distribuito alle forze armate americane con il curioso nome di Five Roses.
Apprezzato fin da subito sarà esportato negli USA e nei mercati internazionali divenendo il fiore all'occhiello dell'azienda e dando lustro all'intera viticoltura pugliese.
La storia di questo vino è diventata qualche anno fa (in occasione le 60° anniversario del Five Roses) un romanzo Cinque Rose di Negroamaro omaggiato agli appassionati del Five Roses. Un libro piacevole da leggere che trasmette emozione, per la devozione e l'amore che questa famiglia ha sempre messo nel proprio operato divenendo artefice del proprio fortunato destino.
Ora il mio piatto mi sembra davvero poca cosa a confronto.
Lasagne con noci, crudo e scamorza affumicata
Ingredienti per 8 persone:
300 g c.a. di sfoglie fresche per lasagne sottili
200 g di prosciutto crudo in una fetta
1/2 cipolla bionda
100 g di formaggio grana
300 g di scamorza affumicata
20 noci
1 l di latte intero
70 g di burro
70 g di farina
olio extravergine d'oliva
noce moscata
sale e pepe
1/2 bicchiere di vino bianco
Sciogliere il burro in un tegame, unire la farina e lasciar cuocere mescolando senza far prendere colore, unire il latte e mescolare per non far formare grumi, unire sale, pepe e noce moscata. Soffriggere il crudo a fiammiferi o dadini con la cipolla, sfumare con il vino bianco e pepare.
Grattugiareo tagliare a dadini la scamorza.
Disporre in teglia un fondo di besciamella e poi le prime sfoglie di lasagne, disporre sopra un quarto del prosciutto, un quarto della scamorza, stessa di dose di noci tritate, besciamella e grana, continuare così per altri tre strati. Infornare a 190° per 25-30 minuti, finché la lasagne risulterà ben dorata in superficie. Lasciar riposare 10 minuti e poi servire.

Oro nel piatto e cinque rose nel bicchiere

 
Stavolta, lo riconosco,  me la sono presa comoda. Vacanze al termine trascorse in famiglia, poco lavoro (l'essenziale), poco movimento (viste le temperature rigide cui non siamo abituati) tante tavole e qualche buon piatto di cui vi parlerò oggi e nel prosieguo.
Quando è festa le lasagne aiutano molto a smaltire il lavoro essendo preparabili in anticipo permettono a chi lavora in cucina di portarsi avanti.
Certo il problema da me è quello di accontentare tutti, mio figlio vuole le tradizionali rosse, mio marito non ama la besciamella, mia sorella non mangia formaggi, mio  cognato niente verdure e mia figlia è un discorso a parte visto che si trova nella fase "pasta bianca e olio crudo" ma a tre anni ci sta.
Volevo realizzare comunque un piatto per tutti e con queste lasagne ho accontentato un buon 80% dei commensali con alto gradimento degli stessi.
 Volevo che questo piatto fosse speciale, che avesse l'oro dentro ed ho scelto il mio oro: la Noce d'Oro de Il Noceto, un’organizzazione di Produttori fondata nel 1994 che si estende oggi su circa 211 ettari in Veneto, 38 ettari in Friuli Venezia Giulia ed infine 10 ettari nelle Marche.
Le noci vengono raccolte con tempestività al momento della maturazione, nella stagione autunnale. Vengono smallate e lavate esclusivamente con acqua. Noce d’oro, dopo essere stata lavata, viene essiccata attraverso un’accurata procedura che consente di stabilizzare i grassi insaturi presenti nel gheriglio conferendo al prodotto una fragranza inimitabile. Ho scelto questa eccellenza per le festività e con essa ho arricchito e valorizzato queste lasagne che vedono come altri ingredienti il prosciutto crudo e la scamorza affumicata. Un gusto di festa che meritava di essere valorizzato con un buon abbinamento.
Ho scelto un rosato o per meglio dire "il rosato" Five Roses di Leone De Castris nella produzione 2013 realizzata per il 70° anniversario di questo leggendario vino. 
Stiamo parlando del primo rosato imbottigliato in Italia di un affascinate rosa cerasuolo brillante con inebrianti profumi di ribes rosso e rosa. Era il 1943 quando nella Puglia occupata dagli alleati l'Avv. Piero Leone Plantera, nonno dell'attuale proprietario, appoggiato e sostenuto dalla moglie Donna Lisetta De Castris di Lemos  riesce a vincere tutte le difficoltà che ostacolano la vendemmia volgendole anzi a suo favore. Imbottiglia uno speciale Rosato prodotto in maggioranza con uve Negroamaro e una piccola percentuale di Malvasia Nera che, scoperto dalle autorità americane, sarà da queste acquistato e distribuito alle forze armate americane con il curioso nome di Five Roses.
Apprezzato fin da subito sarà esportato negli USA e nei mercati internazionali divenendo il fiore all'occhiello dell'azienda e dando lustro all'intera viticoltura pugliese.
La storia di questo vino è diventata qualche anno fa (in occasione le 60° anniversario del Five Roses) un romanzo Cinque Rose di Negroamaro omaggiato agli appassionati del Five Roses. Un libro piacevole da leggere che trasmette emozione, per la devozione e l'amore che questa famiglia ha sempre messo nel proprio operato divenendo artefice del proprio fortunato destino.
Ora il mio piatto mi sembra davvero poca cosa a confronto.
Lasagne con noci, crudo e scamorza affumicata
Ingredienti per 8 persone:
300 g c.a. di sfoglie fresche per lasagne sottili
200 g di prosciutto crudo in una fetta
1/2 cipolla bionda
100 g di formaggio grana
300 g di scamorza affumicata
20 noci
1 l di latte intero
70 g di burro
70 g di farina
olio extravergine d'oliva
noce moscata
sale e pepe
1/2 bicchiere di vino bianco
Sciogliere il burro in un tegame, unire la farina e lasciar cuocere mescolando senza far prendere colore, unire il latte e mescolare per non far formare grumi, unire sale, pepe e noce moscata. Soffriggere il crudo a fiammiferi o dadini con la cipolla, sfumare con il vino bianco e pepare.
Grattugiareo tagliare a dadini la scamorza.
Disporre in teglia un fondo di besciamella e poi le prime sfoglie di lasagne, disporre sopra un quarto del prosciutto, un quarto della scamorza, stessa di dose di noci tritate, besciamella e grana, continuare così per altri tre strati. Infornare a 190° per 25-30 minuti, finché la lasagne risulterà ben dorata in superficie. Lasciar riposare 10 minuti e poi servire.