2016-03-02

Pitta ripiena di rape e salsiccia


"I vu dua rop?" tradotto letteralmente "le vuoi due rape?" frase che chi è delle mie parti si è sentita rivolgere innumerevoli volte, e si perché la rape (o meglio le cime di rape) d'inverno abbondano nei nostri campi, seminate a spaglio vengono fuori a iosa e anche se si acquistano da ogni fruttivendolo, più spesso capita che te ne regalino parenti, vicini ed amici che ne hanno d'avanzo. Sulle tavole calabresi invernali, soprattutto in quelle conviviali, non manca mai un piatto di rape e salsiccia, cibo semplice e sempre gradito gettonatissimo se racchiuso in una bella pitta (il pane piatto a ruota tipico del nostro territorio) meglio se casereccia. Io le rape e la salsiccia le ho racchiuse in un involucro di pasta di pane a farne una torta salata che ricorda nel gusto la pitta con rape e salsiccia.Ingredienti
Per la base:
300 g di farina
130 g di acqua
25 g di olio di oliva
12 g di lievito di birra
1 cucchiaino raso di sale
Per il ripieno:
500 g di rape mondate
2 salsicce fresche
olio extravergine d'oliva
1 spicchio d'aglio
peperoncino
sale
Preparare la base impastando la farina con il lievito sciolto nell'acqua, l'olio e il sale lasciarla riposare 30-40 minuti. Mondare le rape asportando le parti più coriacee del gambo e le foglie meno tenere, lavarle per bene e ancora gocciolanti metterle in padella con un fondo d'olio, l'aglio e il sale, coprire e lasciar stufare (si ridurranno molto di volume). Aggiungere il peperoncino. Sgranare la salsiccia e dorarla in padella, unirla alle rape tenendone un po' da parte.
Stendere la pasta e foderare con essa la tortiera, facendone sporgere un po' oltre il bordo.
Riempire il fondo con le rape e salsiccia, aggiungere sopra la salsiccia restante e riversare la pasta eccedente verso il centro. Cuocere in forno ben caldo, 200° fino a doratura.
Se vi è venuta voglia di mettere su un orticello magari coltivando anche voi le rape da cucinare con la salsiccia vi do' un piccolo suggerimento letterario per ottenere un orto da invidia con poca fatica...io, manuale e tabelle alla mano, mi sto già organizzando per realizzare il mio orto sinergico.
Per coltivazione sinergica s'intende quella coltivazione in cui il terreno è un po' lasciato a sé stesso, ai suoi ritmi e scambi biodinamici, che ne aumentano la fertilità con limitato intervento umano finalizzato solo a garantire il mantenimento degli equilibri naturali. Un orto sinergico rispetto ad uno tradizionale costa meno fatica e rende molto di più, ecco perché si tratta di un fenomeno in espansione. Se l'argomento vi può interessare troverete prezioso Orto sinergico tanto con poco di Loredana e Sandra Conti, un manualetto tascabile edito da Stampa Alternativa in cui troverete tutto ma proprio tutto spiegato in modo semplice su come realizzare un orto sinergico dai risultati strabilianti. Nel libro anche i principi dell'orticoltura terapeutica, ottimo strumento riabilitativo che raccoglie sempre più fan, non manca neppure una sezione dedicata alla conservazione dei prodotti, insomma è davvero uno strumento indispensabile per avvicinarsi a quest'arte.

Pitta ripiena di rape e salsiccia


"I vu dua rop?" tradotto letteralmente "le vuoi due rape?" frase che chi è delle mie parti si è sentita rivolgere innumerevoli volte, e si perché la rape (o meglio le cime di rape) d'inverno abbondano nei nostri campi, seminate a spaglio vengono fuori a iosa e anche se si acquistano da ogni fruttivendolo, più spesso capita che te ne regalino parenti, vicini ed amici che ne hanno d'avanzo. Sulle tavole calabresi invernali, soprattutto in quelle conviviali, non manca mai un piatto di rape e salsiccia, cibo semplice e sempre gradito gettonatissimo se racchiuso in una bella pitta (il pane piatto a ruota tipico del nostro territorio) meglio se casereccia. Io le rape e la salsiccia le ho racchiuse in un involucro di pasta di pane a farne una torta salata che ricorda nel gusto la pitta con rape e salsiccia.Ingredienti
Per la base:
300 g di farina
130 g di acqua
25 g di olio di oliva
12 g di lievito di birra
1 cucchiaino raso di sale
Per il ripieno:
500 g di rape mondate
2 salsicce fresche
olio extravergine d'oliva
1 spicchio d'aglio
peperoncino
sale
Preparare la base impastando la farina con il lievito sciolto nell'acqua, l'olio e il sale lasciarla riposare 30-40 minuti. Mondare le rape asportando le parti più coriacee del gambo e le foglie meno tenere, lavarle per bene e ancora gocciolanti metterle in padella con un fondo d'olio, l'aglio e il sale, coprire e lasciar stufare (si ridurranno molto di volume). Aggiungere il peperoncino. Sgranare la salsiccia e dorarla in padella, unirla alle rape tenendone un po' da parte.
Stendere la pasta e foderare con essa la tortiera, facendone sporgere un po' oltre il bordo.
Riempire il fondo con le rape e salsiccia, aggiungere sopra la salsiccia restante e riversare la pasta eccedente verso il centro. Cuocere in forno ben caldo, 200° fino a doratura.
Se vi è venuta voglia di mettere su un orticello magari coltivando anche voi le rape da cucinare con la salsiccia vi do' un piccolo suggerimento letterario per ottenere un orto da invidia con poca fatica...io, manuale e tabelle alla mano, mi sto già organizzando per realizzare il mio orto sinergico.
Per coltivazione sinergica s'intende quella coltivazione in cui il terreno è un po' lasciato a sé stesso, ai suoi ritmi e scambi biodinamici, che ne aumentano la fertilità con limitato intervento umano finalizzato solo a garantire il mantenimento degli equilibri naturali. Un orto sinergico rispetto ad uno tradizionale costa meno fatica e rende molto di più, ecco perché si tratta di un fenomeno in espansione. Se l'argomento vi può interessare troverete prezioso Orto sinergico tanto con poco di Loredana e Sandra Conti, un manualetto tascabile edito da Stampa Alternativa in cui troverete tutto ma proprio tutto spiegato in modo semplice su come realizzare un orto sinergico dai risultati strabilianti. Nel libro anche i principi dell'orticoltura terapeutica, ottimo strumento riabilitativo che raccoglie sempre più fan, non manca neppure una sezione dedicata alla conservazione dei prodotti, insomma è davvero uno strumento indispensabile per avvicinarsi a quest'arte.

2016-02-29

Perché anche in Calabria il bicchiere può essere mezzo pieno

Non so se vi è mai capitato di iniziare a leggere un libro e di ritrovarci dentro quello che pensate, pagina dopo pagina vedere stampato quel che avete in mente, espresso magari con altre parole, venuto fuori da altre esperienze, ma davvero quel che anche voi vorreste raccontare...la mia Calabria di cui sempre poco vi parlo, forse per uno strano e inspiegabile senso di pudore o quasi una sorta di gelosia, una voglia immotivata di tenere per me quello che di questa terra, in cui sono nata e cresciuta e da cui solo per pochi anni sono stata lontana, non potreste capire. La mia terra, la mia gente, la Calabria, il bello e il brutto di essa, il positivo e il negativo del "calabrese" li ho letti come avrei voluto io stessa scriverli ne Il bicchiere mezzo pieno di Nicola Fiorita e Giancarlo Rafele pubblicato nella collana Impronte di Sabbia Rossa edizioni.
Muli testardi che scalciano, non ancora convinti di poter essere felici ecco come definiscono gli autori, catanzaresi doc, gli abitanti di questa strana terra che hanno percorso in lungo e in largo per restituircene un quadro dettagliato in questo lavoro che pulsa d'amore per la propria terra e la sua gente dalla prima all'ultima pagina. Da veri muli i calabresi se si mettono in testa una cosa non cambiano idea nemmeno a morire e prima o poi a quella cosa ci arrivano è solo che non si sono ancora messi in testa di essere felici ecco la chiave di lettura di questo libro espressa nella chiusura del primo capitolo. In questo viaggio lungo cinquemilaseicentoerotti chilometri, attraverso l'incontro con i tanti "eroi d'oggi" che hanno deciso di rimboccarsi le maniche e sono riusciti a cambiare qualcosa restando, tornando e arrivando da un altrove in questa terra, capiamo perché il bicchiere dobbiamo vederlo mezzo pieno. Lo scenario di questo viaggio, manco a dirlo, è la tavola e i suo dintorni e questo ci piace molto perché diventa un altro modo di conoscere questa terra e la sua gente seguendo magari il percorso che gli autori ci indicano. Tra una rituale "coddara" e un terapeutico "morzeddu" passando per un tocco di stocco si articola questo racconto che tutti dovrebbero leggere indipendentemente dall'essere calabresi. "...questo non è un posto per uomini di mezza età, non è un posto per chi vuole qualcosa o per chi addirittura pensa di fare qualcosa. E' un posto che culla la spensieratezza dei ragazzi e la stanchezza dei vecchi. Un paese dei balocchi senza balocchi".
Facendo mia la positività di Fiorita e Rafele, basata su fatti e persone reali e non su utopie, penso che sia arrivato il momento di cambiare cogliendo quanto di buono è già stato fatto e prendendolo ad esempio lavorandoci su per costruire altro cercando di limare fino ad annullarle le negatività. 
E' arrivato il momento di smettere di trattare la mia Calabria come una casa di villeggiatura che si ama per pochi giorni all'anno lasciandola a sé stessa per tutto il resto del tempo, con quell'incuria che deriva proprio dal fatto di viverla per poco, nessuno sembra realmente interessato a riportarla allo stato ottimale tanto, si pensa, per quel che serve va già bene così...spero onestamente che libri come questo servano a infondere in noi calabresi una punta di ottimismo e a risvegliare in noi quell'orgoglio  che ci permetta di vedere ancora e per sempre il bicchiere mezzo pieno.
Pungolata nella mia "calabresità" ho realizzato un piatto tipico del nostro territorio ma di questo vi parlo la prossima volta...

Perché anche in Calabria il bicchiere può essere mezzo pieno

Non so se vi è mai capitato di iniziare a leggere un libro e di ritrovarci dentro quello che pensate, pagina dopo pagina vedere stampato quel che avete in mente, espresso magari con altre parole, venuto fuori da altre esperienze, ma davvero quel che anche voi vorreste raccontare...la mia Calabria di cui sempre poco vi parlo, forse per uno strano e inspiegabile senso di pudore o quasi una sorta di gelosia, una voglia immotivata di tenere per me quello che di questa terra, in cui sono nata e cresciuta e da cui solo per pochi anni sono stata lontana, non potreste capire. La mia terra, la mia gente, la Calabria, il bello e il brutto di essa, il positivo e il negativo del "calabrese" li ho letti come avrei voluto io stessa scriverli ne Il bicchiere mezzo pieno di Nicola Fiorita e Giancarlo Rafele pubblicato nella collana Impronte di Sabbia Rossa edizioni.
Muli testardi che scalciano, non ancora convinti di poter essere felici ecco come definiscono gli autori, catanzaresi doc, gli abitanti di questa strana terra che hanno percorso in lungo e in largo per restituircene un quadro dettagliato in questo lavoro che pulsa d'amore per la propria terra e la sua gente dalla prima all'ultima pagina. Da veri muli i calabresi se si mettono in testa una cosa non cambiano idea nemmeno a morire e prima o poi a quella cosa ci arrivano è solo che non si sono ancora messi in testa di essere felici ecco la chiave di lettura di questo libro espressa nella chiusura del primo capitolo. In questo viaggio lungo cinquemilaseicentoerotti chilometri, attraverso l'incontro con i tanti "eroi d'oggi" che hanno deciso di rimboccarsi le maniche e sono riusciti a cambiare qualcosa restando, tornando e arrivando da un altrove in questa terra, capiamo perché il bicchiere dobbiamo vederlo mezzo pieno. Lo scenario di questo viaggio, manco a dirlo, è la tavola e i suo dintorni e questo ci piace molto perché diventa un altro modo di conoscere questa terra e la sua gente seguendo magari il percorso che gli autori ci indicano. Tra una rituale "coddara" e un terapeutico "morzeddu" passando per un tocco di stocco si articola questo racconto che tutti dovrebbero leggere indipendentemente dall'essere calabresi. "...questo non è un posto per uomini di mezza età, non è un posto per chi vuole qualcosa o per chi addirittura pensa di fare qualcosa. E' un posto che culla la spensieratezza dei ragazzi e la stanchezza dei vecchi. Un paese dei balocchi senza balocchi".
Facendo mia la positività di Fiorita e Rafele, basata su fatti e persone reali e non su utopie, penso che sia arrivato il momento di cambiare cogliendo quanto di buono è già stato fatto e prendendolo ad esempio lavorandoci su per costruire altro cercando di limare fino ad annullarle le negatività. 
E' arrivato il momento di smettere di trattare la mia Calabria come una casa di villeggiatura che si ama per pochi giorni all'anno lasciandola a sé stessa per tutto il resto del tempo, con quell'incuria che deriva proprio dal fatto di viverla per poco, nessuno sembra realmente interessato a riportarla allo stato ottimale tanto, si pensa, per quel che serve va già bene così...spero onestamente che libri come questo servano a infondere in noi calabresi una punta di ottimismo e a risvegliare in noi quell'orgoglio  che ci permetta di vedere ancora e per sempre il bicchiere mezzo pieno.
Pungolata nella mia "calabresità" ho realizzato un piatto tipico del nostro territorio ma di questo vi parlo la prossima volta...

2016-02-26

Terrina di riso ai gamberi con mandorle e carciofi

forchetta Mori Italian Factory

Oggi una semplice ricetta da venerdì, vi assicuro si prepara facilmente è un piatto completo, utilizza ingredienti facilmente reperibili e se mi sbrigo a scrivere siete ancora in tempo per proporre a cena questa terrina di riso ai gamberi con mandorle e carciofi che ha come base del riso a chicco lungo e poi gamberi e mandorle tritate, da proporre con carciofi a spicchi stufati in padella.Il tocco speciale lo danno le spezie coriandolo e lemon grass rendono particolare il gusto di questa pietanza. In abbinamento vi propongo un Pinot Bianco Petrucco vini
Ingredienti per 4 persone:
150 g di riso basmati
1 Kg di gamberi freschi
4 carciofi
2 cucchiai di mandorle tritate
1 noce di burro
lemon grass
coriandolo macinato
pepe verde
scorza di limone
prezzemolo
1 spicchio d'aglio
olio evo
sale
Lessare il riso, imburrare quattro terrine e distribuirvi sopra il riso già cotto. Pulire i gamberi, condirli con olio, sale, pepe verde, lemon grass e coriandolo. Suddividerli nelle terrine, cospargerli di mandorle tritate fini e scorza di limone, ancora un filo d'olio ed infornare a 180° finché doreranno. Servire con i carciofi tagliati a spicchio e stufati in padella con aglio, olio, prezzemolo e coriandolo macinato.

Terrina di riso ai gamberi con mandorle e carciofi

forchetta Mori Italian Factory

Oggi una semplice ricetta da venerdì, vi assicuro si prepara facilmente è un piatto completo, utilizza ingredienti facilmente reperibili e se mi sbrigo a scrivere siete ancora in tempo per proporre a cena questa terrina di riso ai gamberi con mandorle e carciofi che ha come base del riso a chicco lungo e poi gamberi e mandorle tritate, da proporre con carciofi a spicchi stufati in padella.Il tocco speciale lo danno le spezie coriandolo e lemon grass rendono particolare il gusto di questa pietanza. In abbinamento vi propongo un Pinot Bianco Petrucco vini
Ingredienti per 4 persone:
150 g di riso basmati
1 Kg di gamberi freschi
4 carciofi
2 cucchiai di mandorle tritate
1 noce di burro
lemon grass
coriandolo macinato
pepe verde
scorza di limone
prezzemolo
1 spicchio d'aglio
olio evo
sale
Lessare il riso, imburrare quattro terrine e distribuirvi sopra il riso già cotto. Pulire i gamberi, condirli con olio, sale, pepe verde, lemon grass e coriandolo. Suddividerli nelle terrine, cospargerli di mandorle tritate fini e scorza di limone, ancora un filo d'olio ed infornare a 180° finché doreranno. Servire con i carciofi tagliati a spicchio e stufati in padella con aglio, olio, prezzemolo e coriandolo macinato.

2016-02-25

Prosecco on the road

Tra i tanti libri sul vino che affollano gli scaffali delle librerie ha attirato la mia attenzione Prosecco on the road di Andrea Zanfi edito da Salvietti & Barabuffi, un libro che si capisce subito non è stato scritto con nessun intento di dare lezioni raccontando storia e caratteristiche di questo sempre più apprezzato vino, uno dei prodotti d'eccellenza del nostro territorio, il Prosecco che nei territori che vanno da Trieste a Vicenza ha le sue zone d'elezione. 
Tra immagini ordinati filari di viti, paesaggi che si snodano su affascinati canali e sontuose ville palladiane scorre il racconto di questo viaggio nelle nove province di produzione alla ricerca dell'anima del Prosecco quasi a voler condurre il lettore a ripercorrere idealmente le vie che il Prosecco compie quotidianamente  per raggiungere tutti i paesi dove viene bevuto,  come leggiamo nella prefazione di Stefano Zanette. 
Un lavoro certosino quello di Andrea Zanfi che, pur senza alcun intento dottrinario, ci dice molto più di qualunque manuale su questo vino sempre più apprezzato dal pubblico giovane che l'autore paragona ad "una diciottenne bella e fresca cui sorridere e strizzare l'occhio". Un vino che rompe con il passato e con tutta quella cultura enologica che l'autore definisce arcaica e idealista nel suo tentativo di condizionare da trent'anni a questa parte gli umori dei mercati e il parere della gente che beve vino senza tenere in conto quei cechi bevitori che identificandolo con il vezzeggiativo "Prosecchino" tentano di togliergli la dignità e che invece ottengono l'effetto contrario sui mercati.
Con questa immagine del libro, che ne racchiude forse la leggerezza e piacevolezza vi lascio, consigliandovi di non perdere la bellezza di questo lavoro di Zanfi, un viaggio beat arricchito dalle splendide immagini dei tre fotografi Daniela Neri, Stefano Masotto e Francesco Orini che per mesi sono andati a caccia degli angoli più suggestivi e dei paesaggi mozzafiato delle terre del Prosecco, facendo di quest'opera quasi un inno al vivere liberi, da apprezzare magari sorseggiando un calice di buon Prosecco.
In assenza di ricetta, per la quale vi rimando al prossimo post, aggiungo un mio consiglio culinario: provate a spremere un mandarino, meglio se si tratta di una clementina calabrese, in un calice e aggiungete Prosecco a colmare il bicchiere, sentirete che profumi!

Prosecco on the road

Tra i tanti libri sul vino che affollano gli scaffali delle librerie ha attirato la mia attenzione Prosecco on the road di Andrea Zanfi edito da Salvietti & Barabuffi, un libro che si capisce subito non è stato scritto con nessun intento di dare lezioni raccontando storia e caratteristiche di questo sempre più apprezzato vino, uno dei prodotti d'eccellenza del nostro territorio, il Prosecco che nei territori che vanno da Trieste a Vicenza ha le sue zone d'elezione. 
Tra immagini ordinati filari di viti, paesaggi che si snodano su affascinati canali e sontuose ville palladiane scorre il racconto di questo viaggio nelle nove province di produzione alla ricerca dell'anima del Prosecco quasi a voler condurre il lettore a ripercorrere idealmente le vie che il Prosecco compie quotidianamente  per raggiungere tutti i paesi dove viene bevuto,  come leggiamo nella prefazione di Stefano Zanette. 
Un lavoro certosino quello di Andrea Zanfi che, pur senza alcun intento dottrinario, ci dice molto più di qualunque manuale su questo vino sempre più apprezzato dal pubblico giovane che l'autore paragona ad "una diciottenne bella e fresca cui sorridere e strizzare l'occhio". Un vino che rompe con il passato e con tutta quella cultura enologica che l'autore definisce arcaica e idealista nel suo tentativo di condizionare da trent'anni a questa parte gli umori dei mercati e il parere della gente che beve vino senza tenere in conto quei cechi bevitori che identificandolo con il vezzeggiativo "Prosecchino" tentano di togliergli la dignità e che invece ottengono l'effetto contrario sui mercati.
Con questa immagine del libro, che ne racchiude forse la leggerezza e piacevolezza vi lascio, consigliandovi di non perdere la bellezza di questo lavoro di Zanfi, un viaggio beat arricchito dalle splendide immagini dei tre fotografi Daniela Neri, Stefano Masotto e Francesco Orini che per mesi sono andati a caccia degli angoli più suggestivi e dei paesaggi mozzafiato delle terre del Prosecco, facendo di quest'opera quasi un inno al vivere liberi, da apprezzare magari sorseggiando un calice di buon Prosecco.
In assenza di ricetta, per la quale vi rimando al prossimo post, aggiungo un mio consiglio culinario: provate a spremere un mandarino, meglio se si tratta di una clementina calabrese, in un calice e aggiungete Prosecco a colmare il bicchiere, sentirete che profumi!

2016-02-23

Giardino mediterraneo

Piatto Ceramiche De Simone, forchetta Mori Italian Factory, vaso Weck MCM Emballages
Pesce azzurro, fagioli poverelli di Mormanno, rosmarino, scorza di limone, olio extravergine d'oliva e una deliziosa crema di olive taggiasche con acciughe e capperi ecco gli elementi di questo profumatissimo piatto che mi fa pensare ad un giardino mediterraneo.
In Calabria ho reperito i buoni sgombri pescati nel nostro mare, i fagioli della nostra terra, il rosmarino e i limoni del mio giardino ma per l'olio, anche se noi ne abbiamo di altissima qualità, e per la favolosa crema di olive taggiasche profumata di capperi e acciughe me ne sono andata fino in Liguria e questo perché per i miei piatti mi piace attingere alle prelibatezze diffuse su tutto il nostro territorio.

Mi sono fermata ad Albenga, nella Riviera Ligure di Ponente, presso l’Antico Frantoio Sommariva. Da oltre cento anni il frantoio produce l’olio extra vergine di oliva “mosto” a freddo e tutte le specialità della vecchia cucina ligure. L'azienda Sommariva Tradizione Agricola è ancora quella fondata nel 1915 da Domenico Sommariva; negli anni è stata ampliata, rinnovata ma le radici sono sempre le stesse. A fianco all'azienda agricola i cui terreni sono coltivati seguendo le procedure di coltivazione biologica è sorto il frantoio dove avviene ancora parte della lavorazione delle olive ed è possibile acquistare i prodotti, tutti sani e genuini, molti dei quali con certificazione biologica, prodotti nell'annesso laboratorio aziendale.
Presso l'azienda è possibile visitare anche il museo "Civiltà dell' Olivo" dove è racchiusa tutta la storia della tradizione agricola ligure e in cui la famiglia Sommariva ospita artisti e mostre.
Se la Liguria è tra i vostri obiettivi ricordate che questa settimana è in edicola con La Gazzetta dello Sport il numero 24 di Le ricette di Unti e bisunti raccontate da Chef Rubio che dal n. 21 sta affrontando un affascinante viaggio tra la cucina regionale italiana. In questo numero Valle d'Aosta, Piemonte, Lombardia e Liguria, davvero da non perdere.
Per il vino da abbinare al mio piatto sono tornata invece in Friuli ed ho scelto un Sauvignon dell'Azienda Petrucco, un vino da pesce pregiato che ho trovato particolarmente adatto per esaltare e nobilitare gli ingredienti poveri del mio piatto.

Con un piatto così vivere fino a cento anni diventa davvero facile e se il vostro intento è proprio quello di coccolarvi a tavola con piatti sani che favoriscano la longevità vi consiglio di attingere ai suggerimenti del dott. Roberto Antonio Bianchi e alle ricette di Catalina Muraru racchiuse nel libro edito da Macro Ricette per Vivere sani fino a cento anni. Un ritorno alla sana alimentazione mediterranea per mantenersi in salute. E' dimostrato infatti che consumare cibi vegetali – insieme a una sana e regolare attività fisica – rappresenta un fattore di protezione decisamente superiore a qualsiasi altro alimento, qualsiasi farmaco o qualsiasi innovazione tecnocratica.
L'alimentazione mediterranea è costituita al 90% da alimenti vegetali, ottenuti secondo il metodo della coltivazione biologica. In questo libro ci viene insegnato come sostituire in modo semplice la stragrande maggioranza di alimenti di origine animale con cibi prettamente vegetali.

Giardino mediterraneo
Ingredienti per 4 persone:
1 tazza di fagioli della qualità "Poverello di Mormanno" secchi (in mancanza zolfini o tondini)
1 kg di sgombri
1 spicchio d'aglio
1 rametto di rosmarino
olio extravergine d'oliva
1 limone
vino bianco secco
sale
crema di olive taggiasche con capperi ecciughe

Dopo l'ammollo necessario lessare i fagioli con aglio e rosmarino. Salare a fine cottura. Pulire gli sgombri condirli con qualche fettina di limone, una spruzzata di vino rosmarino e olio, avvolgerli in carta forno e cuocere in forno caldo per 10-15 minuti al massimo. Condire i fagioli con un filo d'olio e suddividerli nelle ciotole o nei barattoli, disporvi sopra qualche goccia di crema d'olive e i pesci sfilettati con il sughetto di cottura, completare con ancora un filo d'olio, una grattugiata di scorza di limone e un rametto di rosmarino. Il vostro giardino è pronto da servire.

Giardino mediterraneo

Piatto Ceramiche De Simone, forchetta Mori Italian Factory, vaso Weck MCM Emballages
Pesce azzurro, fagioli poverelli di Mormanno, rosmarino, scorza di limone, olio extravergine d'oliva e una deliziosa crema di olive taggiasche con acciughe e capperi ecco gli elementi di questo profumatissimo piatto che mi fa pensare ad un giardino mediterraneo.
In Calabria ho reperito i buoni sgombri pescati nel nostro mare, i fagioli della nostra terra, il rosmarino e i limoni del mio giardino ma per l'olio, anche se noi ne abbiamo di altissima qualità, e per la favolosa crema di olive taggiasche profumata di capperi e acciughe me ne sono andata fino in Liguria e questo perché per i miei piatti mi piace attingere alle prelibatezze diffuse su tutto il nostro territorio.

Mi sono fermata ad Albenga, nella Riviera Ligure di Ponente, presso l’Antico Frantoio Sommariva. Da oltre cento anni il frantoio produce l’olio extra vergine di oliva “mosto” a freddo e tutte le specialità della vecchia cucina ligure. L'azienda Sommariva Tradizione Agricola è ancora quella fondata nel 1915 da Domenico Sommariva; negli anni è stata ampliata, rinnovata ma le radici sono sempre le stesse. A fianco all'azienda agricola i cui terreni sono coltivati seguendo le procedure di coltivazione biologica è sorto il frantoio dove avviene ancora parte della lavorazione delle olive ed è possibile acquistare i prodotti, tutti sani e genuini, molti dei quali con certificazione biologica, prodotti nell'annesso laboratorio aziendale.
Presso l'azienda è possibile visitare anche il museo "Civiltà dell' Olivo" dove è racchiusa tutta la storia della tradizione agricola ligure e in cui la famiglia Sommariva ospita artisti e mostre.
Se la Liguria è tra i vostri obiettivi ricordate che questa settimana è in edicola con La Gazzetta dello Sport il numero 24 di Le ricette di Unti e bisunti raccontate da Chef Rubio che dal n. 21 sta affrontando un affascinante viaggio tra la cucina regionale italiana. In questo numero Valle d'Aosta, Piemonte, Lombardia e Liguria, davvero da non perdere.
Per il vino da abbinare al mio piatto sono tornata invece in Friuli ed ho scelto un Sauvignon dell'Azienda Petrucco, un vino da pesce pregiato che ho trovato particolarmente adatto per esaltare e nobilitare gli ingredienti poveri del mio piatto.

Con un piatto così vivere fino a cento anni diventa davvero facile e se il vostro intento è proprio quello di coccolarvi a tavola con piatti sani che favoriscano la longevità vi consiglio di attingere ai suggerimenti del dott. Roberto Antonio Bianchi e alle ricette di Catalina Muraru racchiuse nel libro edito da Macro Ricette per Vivere sani fino a cento anni. Un ritorno alla sana alimentazione mediterranea per mantenersi in salute. E' dimostrato infatti che consumare cibi vegetali – insieme a una sana e regolare attività fisica – rappresenta un fattore di protezione decisamente superiore a qualsiasi altro alimento, qualsiasi farmaco o qualsiasi innovazione tecnocratica.
L'alimentazione mediterranea è costituita al 90% da alimenti vegetali, ottenuti secondo il metodo della coltivazione biologica. In questo libro ci viene insegnato come sostituire in modo semplice la stragrande maggioranza di alimenti di origine animale con cibi prettamente vegetali.

Giardino mediterraneo
Ingredienti per 4 persone:
1 tazza di fagioli della qualità "Poverello di Mormanno" secchi (in mancanza zolfini o tondini)
1 kg di sgombri
1 spicchio d'aglio
1 rametto di rosmarino
olio extravergine d'oliva
1 limone
vino bianco secco
sale
crema di olive taggiasche con capperi ecciughe

Dopo l'ammollo necessario lessare i fagioli con aglio e rosmarino. Salare a fine cottura. Pulire gli sgombri condirli con qualche fettina di limone, una spruzzata di vino rosmarino e olio, avvolgerli in carta forno e cuocere in forno caldo per 10-15 minuti al massimo. Condire i fagioli con un filo d'olio e suddividerli nelle ciotole o nei barattoli, disporvi sopra qualche goccia di crema d'olive e i pesci sfilettati con il sughetto di cottura, completare con ancora un filo d'olio, una grattugiata di scorza di limone e un rametto di rosmarino. Il vostro giardino è pronto da servire.