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2013-05-27

La creme brulée del Peccato

Piatto e cucchiaino EasyLifeDesign, americano e tovagliolo Busatti
La mia creme brulée del peccato trae origine dal Peccato di Partenope, un particolare dolce napoletano che nasce per celebrare la fondazione della città e il mito della dea Partenope, e di cui vi ho già detto attraverso un libro
Il dolce avrebbe, secondo il mito incantato, la sirena Partenope facendola cadere tra le braccia del fiume Sebeto. Un abbraccio di sapori che armonizza ed esalta ogni singolo ingrediente. Un guscio di pasta frolla disposta in cerchi concentrici racchiude un profumato ripieno a base di vino e amarene.
Il Peccato di Partenope è un dolce preparato artigianalmente dall'Antica Pasticceria Vincenzo Bellavia, che da ben quattro generazioni rappresenta a Napoli il crocevia tra l'arte dolciaria napoletana e quella siciliana, tra il luogo d'arrivo e quello d'origine del suo fondatore Antonio. 
Tante le specialità dolci e salate della pasticceria, tra cui spiccano torte sopraffine, gustosi babà gastronomici e inarrivabili taralli napoletani ; ma il Peccato di Partenope è diventato il simbolo di questa pasticceria e me ne sono servita per rendere speciale la mia creme brulée che, finalmente caramellata con l'apposita torcia e non con i consueti mezzi di fortuna, in omaggio al leggendario dolce non potevo non chiamare
Creme brulée del Peccato
Teglia rettangolare GP&me

Ingredienti per 6 piccole porzioni:
2 fette di torta Peccato di Partenope
150 g di panna fresca
150 g di latte intero
75 g di zucchero semolato
1 uovo e 2 tuorli
1 baccello di vaniglia
1 cucchiaio di liquore all'arancia
zucchero di canna per caramellare
Portare a bollore il latte con la panna e i semi di vaniglia.
Lavorare l'uovo e i tuorli con lo zucchero, versarvi il liquido caldo mescolando, profumare con il liquore e suddividere la crema negli appositi stampini nei quali avremo prima suddiviso la torta a pezzetti. Infornare a bagnomaria a 160° per 30-35 minuti circa. Lasciar raffreddare la crema negli stampi prima di cospargere la superficie di zucchero di canna e caramellare con la torcia.


La creme brulée del Peccato

Piatto e cucchiaino EasyLifeDesign, americano e tovagliolo Busatti
La mia creme brulée del peccato trae origine dal Peccato di Partenope, un particolare dolce napoletano che nasce per celebrare la fondazione della città e il mito della dea Partenope, e di cui vi ho già detto attraverso un libro
Il dolce avrebbe, secondo il mito incantato, la sirena Partenope facendola cadere tra le braccia del fiume Sebeto. Un abbraccio di sapori che armonizza ed esalta ogni singolo ingrediente. Un guscio di pasta frolla disposta in cerchi concentrici racchiude un profumato ripieno a base di vino e amarene.
Il Peccato di Partenope è un dolce preparato artigianalmente dall'Antica Pasticceria Vincenzo Bellavia, che da ben quattro generazioni rappresenta a Napoli il crocevia tra l'arte dolciaria napoletana e quella siciliana, tra il luogo d'arrivo e quello d'origine del suo fondatore Antonio. 
Tante le specialità dolci e salate della pasticceria, tra cui spiccano torte sopraffine, gustosi babà gastronomici e inarrivabili taralli napoletani ; ma il Peccato di Partenope è diventato il simbolo di questa pasticceria e me ne sono servita per rendere speciale la mia creme brulée che, finalmente caramellata con l'apposita torcia e non con i consueti mezzi di fortuna, in omaggio al leggendario dolce non potevo non chiamare
Creme brulée del Peccato
Teglia rettangolare GP&me

Ingredienti per 6 piccole porzioni:
2 fette di torta Peccato di Partenope
150 g di panna fresca
150 g di latte intero
75 g di zucchero semolato
1 uovo e 2 tuorli
1 baccello di vaniglia
1 cucchiaio di liquore all'arancia
zucchero di canna per caramellare
Portare a bollore il latte con la panna e i semi di vaniglia.
Lavorare l'uovo e i tuorli con lo zucchero, versarvi il liquido caldo mescolando, profumare con il liquore e suddividere la crema negli appositi stampini nei quali avremo prima suddiviso la torta a pezzetti. Infornare a bagnomaria a 160° per 30-35 minuti circa. Lasciar raffreddare la crema negli stampi prima di cospargere la superficie di zucchero di canna e caramellare con la torcia.


2013-04-16

Il Babà, uno dei simboli della cucina partenopea

babà napoletano
Piatto e tessuti Wald
La cucina napoletana è pura poesia e tanti sono i piatti che la rappresentano perché a Napoli la cucina è "na cosa seria" nel vero senso della parola e posso affermare, senza tema di smentita, che in pochi altri posti si mangia come in Campania. Ho scelto tre libri, tra gli ultimi usciti, che rappresentano per me la "napoletanità" a tavola.
Le ricette di Napoli di Luciano Pignataro, noto giornalista e profondo conoscitore dell'eno-gastronomia del sud Italia nonché autore dell'omonimo e seguitissimo blog, è un libro sulla filosofia della cucina napoletana. Tanto semplice nel titolo quanto completo ed esaustivo nei contenuti il libro, pubblicato da Edizioni dell'Ippogrifo,  è "un aggiornamento indispensabile della enorme e profonda cultura gastronomica partenopea destinato a diventare il nuovo classico che ogni casa deve avere" come si legge nella quarta. Una firma autorevole per un lavoro molto curato che ha visto la luce dopo ben sette  anni di ricerche. La bellezza e il gusto di Napoli e della Campania tutta, raccontati attraverso 650 ricette delle famiglie, dei ristoranti, delle trattorie e di qualche agriturismo. Cucina di strada, antipasti, primi, secondi di pesce e di carne, verdure, contorni, conserve e dolci. Ogni singolo piatto è raccontato nella storia e nelle varianti con cui può esser interpretato.Un libro prezioso la leggere e non solo da consultare.

Un libretto pienamente godibile è O.O. Onnivori Opportunisti di Mario Avallone, pubblicato da Edizioni Scientifiche e Artistiche, un Trattatello di fisiognomica culinaria che ha tutta la personalità del suo autore, cuoco autarchico, autodidatta, anarcoide. Così si legge nell'introduzione "Seguo un'unica ricetta, la mia. Un ingrediente, massimo tre, liberi da mode correnti". Un elogio all'arte della semplicità direi, il togliere come atto supremo per dare maggiore importanza all'ingrediente, nel modo più elegante possibile, utilizzando le eccellenze. "Il gusto è il vero sesto senso... il gusto è la somma di tutto quello che siamo. Usiamolo ad arte, sia per godere che per smontare tutto quello che le mode, i tic, il pecorume, comodamente impongono".
Non mancano le ricette ovviamente complete di aneddoti, storia e varianti. 
Dalla medesima casa editrice è stato pubblicato Il Peccato di Partenope, la storia del leggendario dolce napoletano realizzato ancora oggi dell'Antica Pasticceria Vincenzo Bellavia che ha curato l'edizione del volume insieme a Claudio Canzanella. Doppio testo in italiano e inglese ed evocative immagini per raccontare il mito della sirena Partenope, la fondazione di Napoli e per svelare i segreti del Peccato di Partenope.
Dopo cotanto scrivere di Napoli un dolcetto che parli dei questa meravigliosa città ci sta proprio. Ho scelto il babà, uno dei simboli della pasticceria partenopea, la cui ricetta ho tratto dal libro di Luciano Pignataro. L'ho arricchito con crema pasticcera come vuole una delle varianti e l'ho completato con il gusto di un'amarena allo sciroppo Fabbri, per la forma mi sono discostata dal "funghetto" tradizionale optando per lo stampo a savarin più idoneo a mio parere a raccogliere e contenere il ripieno.
Babà con crema e amarena
Ingredienti
Per i babà:
240 g di farina
80 g di burro
40 g di zucchero
4 uova
20 g di lievito di birra
4 g di sale fino
Per lo sciroppo: 
300 ml di acqua
160 g di zucchero
150 ml di Rhum
Per la crema:
2 tuorli
4 cucchiai di zucchero
2 cucchiai di farina
250 ml di latte
amarene Fabbri per completare 
Utilizzare un terzo della farina per fare un panetto sciogliendo il lievito in due tre cucchiai di acua ed amalgamandolo con poca farina. lavorare la pasta fino a renderla liscia e metterla a lievitare su un piano infarinato per mezz'ora. Una volta gonfia metterla in una ciotola unire le uova, il burro morbido, amalgamare e unire la farina restante, lo zucchero e il sale. Ottenuto un impasto morbido lavorarlo tra le dita, sollevandolo e sbattendolo nella ciotola finché formerà delle bolle. Lasciarlo lievitare 40 minuti nello stesso recipiente. metterlo poi negli stampini (circa 10) unti di burro riempiendoli fino a metà. Far lievitare di nuovo fino a riempire gli stampi e infornare a 180°per circa 15 minuti. Portare a bollore il latte con la vaniglia, montare i tuorli con lo zucchero, unire la farina e poi il latte bollente mescolando di continuo. portare sul fuoco e lasciare addensare la crema. Sformare i babà e preparare la bagna  facendo bollire un paio di minuti l'acqua con lo zucchero, unire il liquore e immergervi i dolcetti, eliminare l'eccesso strizzandoli con delicatezza e farcirli con la crema preparata, decorare con l'amarena.
P.S.Dedico questo dolcetto a mia sorella che oggi compie gli anni e che essendo lontana non posso festeggiare come vorrei.

Il Babà, uno dei simboli della cucina partenopea

babà napoletano
Piatto e tessuti Wald
La cucina napoletana è pura poesia e tanti sono i piatti che la rappresentano perché a Napoli la cucina è "na cosa seria" nel vero senso della parola e posso affermare, senza tema di smentita, che in pochi altri posti si mangia come in Campania. Ho scelto tre libri, tra gli ultimi usciti, che rappresentano per me la "napoletanità" a tavola.
Le ricette di Napoli di Luciano Pignataro, noto giornalista e profondo conoscitore dell'eno-gastronomia del sud Italia nonché autore dell'omonimo e seguitissimo blog, è un libro sulla filosofia della cucina napoletana. Tanto semplice nel titolo quanto completo ed esaustivo nei contenuti il libro, pubblicato da Edizioni dell'Ippogrifo,  è "un aggiornamento indispensabile della enorme e profonda cultura gastronomica partenopea destinato a diventare il nuovo classico che ogni casa deve avere" come si legge nella quarta. Una firma autorevole per un lavoro molto curato che ha visto la luce dopo ben sette  anni di ricerche. La bellezza e il gusto di Napoli e della Campania tutta, raccontati attraverso 650 ricette delle famiglie, dei ristoranti, delle trattorie e di qualche agriturismo. Cucina di strada, antipasti, primi, secondi di pesce e di carne, verdure, contorni, conserve e dolci. Ogni singolo piatto è raccontato nella storia e nelle varianti con cui può esser interpretato.Un libro prezioso la leggere e non solo da consultare.

Un libretto pienamente godibile è O.O. Onnivori Opportunisti di Mario Avallone, pubblicato da Edizioni Scientifiche e Artistiche, un Trattatello di fisiognomica culinaria che ha tutta la personalità del suo autore, cuoco autarchico, autodidatta, anarcoide. Così si legge nell'introduzione "Seguo un'unica ricetta, la mia. Un ingrediente, massimo tre, liberi da mode correnti". Un elogio all'arte della semplicità direi, il togliere come atto supremo per dare maggiore importanza all'ingrediente, nel modo più elegante possibile, utilizzando le eccellenze. "Il gusto è il vero sesto senso... il gusto è la somma di tutto quello che siamo. Usiamolo ad arte, sia per godere che per smontare tutto quello che le mode, i tic, il pecorume, comodamente impongono".
Non mancano le ricette ovviamente complete di aneddoti, storia e varianti. 
Dalla medesima casa editrice è stato pubblicato Il Peccato di Partenope, la storia del leggendario dolce napoletano realizzato ancora oggi dell'Antica Pasticceria Vincenzo Bellavia che ha curato l'edizione del volume insieme a Claudio Canzanella. Doppio testo in italiano e inglese ed evocative immagini per raccontare il mito della sirena Partenope, la fondazione di Napoli e per svelare i segreti del Peccato di Partenope.
Dopo cotanto scrivere di Napoli un dolcetto che parli dei questa meravigliosa città ci sta proprio. Ho scelto il babà, uno dei simboli della pasticceria partenopea, la cui ricetta ho tratto dal libro di Luciano Pignataro. L'ho arricchito con crema pasticcera come vuole una delle varianti e l'ho completato con il gusto di un'amarena allo sciroppo Fabbri, per la forma mi sono discostata dal "funghetto" tradizionale optando per lo stampo a savarin più idoneo a mio parere a raccogliere e contenere il ripieno.
Babà con crema e amarena
Ingredienti
Per i babà:
240 g di farina
80 g di burro
40 g di zucchero
4 uova
20 g di lievito di birra
4 g di sale fino
Per lo sciroppo: 
300 ml di acqua
160 g di zucchero
150 ml di Rhum
Per la crema:
2 tuorli
4 cucchiai di zucchero
2 cucchiai di farina
250 ml di latte
amarene Fabbri per completare 
Utilizzare un terzo della farina per fare un panetto sciogliendo il lievito in due tre cucchiai di acua ed amalgamandolo con poca farina. lavorare la pasta fino a renderla liscia e metterla a lievitare su un piano infarinato per mezz'ora. Una volta gonfia metterla in una ciotola unire le uova, il burro morbido, amalgamare e unire la farina restante, lo zucchero e il sale. Ottenuto un impasto morbido lavorarlo tra le dita, sollevandolo e sbattendolo nella ciotola finché formerà delle bolle. Lasciarlo lievitare 40 minuti nello stesso recipiente. metterlo poi negli stampini (circa 10) unti di burro riempiendoli fino a metà. Far lievitare di nuovo fino a riempire gli stampi e infornare a 180°per circa 15 minuti. Portare a bollore il latte con la vaniglia, montare i tuorli con lo zucchero, unire la farina e poi il latte bollente mescolando di continuo. portare sul fuoco e lasciare addensare la crema. Sformare i babà e preparare la bagna  facendo bollire un paio di minuti l'acqua con lo zucchero, unire il liquore e immergervi i dolcetti, eliminare l'eccesso strizzandoli con delicatezza e farcirli con la crema preparata, decorare con l'amarena.
P.S.Dedico questo dolcetto a mia sorella che oggi compie gli anni e che essendo lontana non posso festeggiare come vorrei.

2009-06-08

Il milanese pop

“Sono talmente pop-olano che la mia “ultima cena” mi piacerebbe fosse così composta: un enorme mastello di gelato alle creme, prima fra tutte la stracciatella” [Davide Oldani].
Qualcuno conosce già la mia ammirazione per Davide Oldani, il famoso cuoco del D’O di Cornaredo, molti condividono con me questa ammirazione ed i più fortunati hanno avuto modo di assaggiare la sua cucina in loco. Le motivazioni di tanti consensi sono ovvie: Davide Oldani non è il classico chef in voga orientato all’esaltazione di sé, Davide Oldani non è un divo, seppure ovunque ormai si parli di lui della sua “trattoria” di provincia dai prezzi modici, della sua cucina circolare, dei suoi piatti e delle sue posate, dei suoi libri.
Se “Cuoco andata e ritorno” aveva acceso in me la stima per questo originale cuoco, “La mia cucina pop – l’arte di caramellare i sogni” l’ha consacrata.
L’umiltà, l’abnegazione e l’amore che quest’uomo ha per i fornelli, la ricerca del buono e del bello, sono racchiusi in questo nuovo libro di riflessioni e scorci di vita, che in appendice racchiude anche una selezione di sue ricette suddivise per stagione, ovviamente, perché la filosofia di Oldani sta tutta lì, per esaltare il gusto e far uscire il meglio da ogni prodotto occorre attenersi alle stagioni.
Da allievo di Gualtiero Marchesi non poteva non dedicare un capitolo del libro al risotto alla milanese che nella sua personale interpretazione è diventato Zafferano e riso D’O 2008. Pensando a un piatto che interpretasse l’essenza del libro mi sono rifatta proprio a questo utilizzando la tecnica Oldani per il più classico, ma non per questo scontato, dei risotti.
Manca nel mio piatto, che ho chiamato “Il milanese pop” con doppio riferimento al risotto ed allo chef, il filone (midollo spinale) che Oldani cuoce al vapore, spennella d’olio e cosparge di buccia d’arancia prima di adagiarlo al centro del piatto, ma vi assicuro che anche senza questo magistrale tocco finale il risotto col metodo Oldani si fa ricordare.
Il riso utilizzato da Oldani è un Carnaroli invecchiato un anno e gemmato (Piero Rondolino), e la mia dispensa si è dimostrata all’altezza della situazione dato che mi ritrovavo una confezione di Carnaroli Acquerello della famiglia Rondolino invecchiato un anno proveniente da Terrasolis. Con l' invecchiamento l' amido, le proteine e le vitamine diventano meno solubili in acqua. Il riso acquista più consistenza e assorbe in maggior quantità i condimenti. Al termine della cottura i chicchi risultando più grossi, duri e separati.
Ingredienti per 4 persone
Per il riso:
320 g di riso Carnaroli invecchiato un anno e gemmato (Pietro Rondolino)
1,5 l di acqua calda e salata
100 g di burro dolce
80 g di grana padano grattugiato
10 ml di aceto di vino bianco
Sale fino
Per la salsa allo zafferano:
50 g di scalogno tagliato a fettine sottili
100 ml di vino bianco
100 ml di acqua
5 g di maizena diluita in 3ml di acqua fredda
1 g di zafferano in pistilli
1 g di sale fino
Per il filone:
4 pezzi di filone (midollo spinale) da 2 cm l’uno cotti al vapore
4 g di buccia d’arancia grattugiata
1 ml di olio di semi di girasole
In un pentolino cuocere lo scalogno con il vino bianco fino all’evaporazione completa del liquido. Unire l’acqua, far bollire 5 minuti, legare con la maizena diluita, filtrare e aggiungere lo zafferano lasciando in infusione per 20 minuti fuori dal fuoco.
Intanto in una pentola far tostare il riso, bagnare poco alla volta con l’acqua salata portando a cottura. Togliere dal fuoco, mantecare con il burro, il grana, l’aceto e il sale tenendolo cremoso.
Servire in un piatto piano con al centro il filone spennellato d’olio e cosparso di buccia d’arancia, completando con la salsa di zafferano disposta a spirale sul riso. Io ho omesso la parte del midollo ed ho versato la salsa in modo scomposto. La ricchezza di gusto, la cremosità e la finezza del piatto vi lasceranno comunque soddisfatti del risultato.

Il milanese pop

“Sono talmente pop-olano che la mia “ultima cena” mi piacerebbe fosse così composta: un enorme mastello di gelato alle creme, prima fra tutte la stracciatella” [Davide Oldani].
Qualcuno conosce già la mia ammirazione per Davide Oldani, il famoso cuoco del D’O di Cornaredo, molti condividono con me questa ammirazione ed i più fortunati hanno avuto modo di assaggiare la sua cucina in loco. Le motivazioni di tanti consensi sono ovvie: Davide Oldani non è il classico chef in voga orientato all’esaltazione di sé, Davide Oldani non è un divo, seppure ovunque ormai si parli di lui della sua “trattoria” di provincia dai prezzi modici, della sua cucina circolare, dei suoi piatti e delle sue posate, dei suoi libri.
Se “Cuoco andata e ritorno” aveva acceso in me la stima per questo originale cuoco, “La mia cucina pop – l’arte di caramellare i sogni” l’ha consacrata.
L’umiltà, l’abnegazione e l’amore che quest’uomo ha per i fornelli, la ricerca del buono e del bello, sono racchiusi in questo nuovo libro di riflessioni e scorci di vita, che in appendice racchiude anche una selezione di sue ricette suddivise per stagione, ovviamente, perché la filosofia di Oldani sta tutta lì, per esaltare il gusto e far uscire il meglio da ogni prodotto occorre attenersi alle stagioni.
Da allievo di Gualtiero Marchesi non poteva non dedicare un capitolo del libro al risotto alla milanese che nella sua personale interpretazione è diventato Zafferano e riso D’O 2008. Pensando a un piatto che interpretasse l’essenza del libro mi sono rifatta proprio a questo utilizzando la tecnica Oldani per il più classico, ma non per questo scontato, dei risotti.
Manca nel mio piatto, che ho chiamato “Il milanese pop” con doppio riferimento al risotto ed allo chef, il filone (midollo spinale) che Oldani cuoce al vapore, spennella d’olio e cosparge di buccia d’arancia prima di adagiarlo al centro del piatto, ma vi assicuro che anche senza questo magistrale tocco finale il risotto col metodo Oldani si fa ricordare.
Il riso utilizzato da Oldani è un Carnaroli invecchiato un anno e gemmato (Piero Rondolino), e la mia dispensa si è dimostrata all’altezza della situazione dato che mi ritrovavo una confezione di Carnaroli Acquerello della famiglia Rondolino invecchiato un anno proveniente da Terrasolis. Con l' invecchiamento l' amido, le proteine e le vitamine diventano meno solubili in acqua. Il riso acquista più consistenza e assorbe in maggior quantità i condimenti. Al termine della cottura i chicchi risultando più grossi, duri e separati.
Ingredienti per 4 persone
Per il riso:
320 g di riso Carnaroli invecchiato un anno e gemmato (Pietro Rondolino)
1,5 l di acqua calda e salata
100 g di burro dolce
80 g di grana padano grattugiato
10 ml di aceto di vino bianco
Sale fino
Per la salsa allo zafferano:
50 g di scalogno tagliato a fettine sottili
100 ml di vino bianco
100 ml di acqua
5 g di maizena diluita in 3ml di acqua fredda
1 g di zafferano in pistilli
1 g di sale fino
Per il filone:
4 pezzi di filone (midollo spinale) da 2 cm l’uno cotti al vapore
4 g di buccia d’arancia grattugiata
1 ml di olio di semi di girasole
In un pentolino cuocere lo scalogno con il vino bianco fino all’evaporazione completa del liquido. Unire l’acqua, far bollire 5 minuti, legare con la maizena diluita, filtrare e aggiungere lo zafferano lasciando in infusione per 20 minuti fuori dal fuoco.
Intanto in una pentola far tostare il riso, bagnare poco alla volta con l’acqua salata portando a cottura. Togliere dal fuoco, mantecare con il burro, il grana, l’aceto e il sale tenendolo cremoso.
Servire in un piatto piano con al centro il filone spennellato d’olio e cosparso di buccia d’arancia, completando con la salsa di zafferano disposta a spirale sul riso. Io ho omesso la parte del midollo ed ho versato la salsa in modo scomposto. La ricchezza di gusto, la cremosità e la finezza del piatto vi lasceranno comunque soddisfatti del risultato.

2009-03-20

Seadas a modo mio

Di sardo non ho nulla e la Sardegna la conosco solo in foto eppure amo molti dei loro prodotti, sarà che hanno dei formaggi strepitosi! Le seadas, quelle originali intendo, ho avuto modo di assaggiarle una sola volta eppure mi son rimaste nel cuore. Sarà che il formaggio con il miele si sposa a meraviglia, sarà che il fritto rende tutto estremamente appetibile, sarà che ho comprato un pecorino sardo fresco dal gusto eccezionale, insomma l’altro giorno partendo da queste premesse mi sono ritrovata con una ciotola davanti nella quale impastavo farina e poche altre cose ed il risultato è davanti ai vostri occhi. Le seadas mi sa che son rotonde e che non contemplano l’utilizzo di noccciole ma avevo in dispensa un bel vasetto di nocciole Piemonte IGP con miele di acacia di Cascina San Cassiano che chiedeva a gran voce di essere accostato a del buon formaggio. Questo l’inizio per il resto della storia seguite la ricetta:
100 g di farina 00
1 uovo
13 g di strutto
pecorino sardo fresco
olio d'oliva per friggere
nocciole Piemonte IGP con miele d'acacia
Impastiamo i tre ingredienti, poi lasciamo riposare l'impasto prima distenderlo in una sfoglia sottile. Posizioniamo su metà della sfoglia dei pezzetti di pecorino e copriamo con l'altra metà, ritagliamo la pasta attorno al ripieno in modo da formare dei grossi ravioli tondi o quadri a piacere, con le dosi indicate ne verrano circa 3-4. Friggiamo in abbondante olio e serviamo ancora calde cosparse di miele con nocciole o miele semplice.

Seadas a modo mio

Di sardo non ho nulla e la Sardegna la conosco solo in foto eppure amo molti dei loro prodotti, sarà che hanno dei formaggi strepitosi! Le seadas, quelle originali intendo, ho avuto modo di assaggiarle una sola volta eppure mi son rimaste nel cuore. Sarà che il formaggio con il miele si sposa a meraviglia, sarà che il fritto rende tutto estremamente appetibile, sarà che ho comprato un pecorino sardo fresco dal gusto eccezionale, insomma l’altro giorno partendo da queste premesse mi sono ritrovata con una ciotola davanti nella quale impastavo farina e poche altre cose ed il risultato è davanti ai vostri occhi. Le seadas mi sa che son rotonde e che non contemplano l’utilizzo di noccciole ma avevo in dispensa un bel vasetto di nocciole Piemonte IGP con miele di acacia di Cascina San Cassiano che chiedeva a gran voce di essere accostato a del buon formaggio. Questo l’inizio per il resto della storia seguite la ricetta:
100 g di farina 00
1 uovo
13 g di strutto
pecorino sardo fresco
olio d'oliva per friggere
nocciole Piemonte IGP con miele d'acacia
Impastiamo i tre ingredienti, poi lasciamo riposare l'impasto prima distenderlo in una sfoglia sottile. Posizioniamo su metà della sfoglia dei pezzetti di pecorino e copriamo con l'altra metà, ritagliamo la pasta attorno al ripieno in modo da formare dei grossi ravioli tondi o quadri a piacere, con le dosi indicate ne verrano circa 3-4. Friggiamo in abbondante olio e serviamo ancora calde cosparse di miele con nocciole o miele semplice.

2008-08-07

Diplomatici

Si è vero, avete ragione. Cocò non voleva ammetterlo ma i preparativi per le nozze imminenti la stanno tenendo un pò lontana dal suo amato blog.
Però ragazzi quante cose che ho in mente di fare e quante novità porterà il rientro dalle vacanze! La mia nuova cucina è solo in attesa di me, i libri e le adorate riviste hanno iniziato a trasferirsi, gli utensili più cari sono stati già collocati nelle loro nuove postazioni, gli arnesi più datati sono stati sostituiti da altri lucidi e sfavillanti, la domanda per l'installazione del metano è già partita e tra qualche giorno aspettiamo soltanto il via. Insomma tutto, ma proprio tutto, è stato predisposto per la nuova fase della mia vita ed io fremo ormai dalla voglia di trasferirmi.
Intanto qualcosina di buono si continua a preparare qui nella mia "vecchia" dimora ed a volte quel che manca è solo il tempo di scrivere.
Vi lascio la ricetta dei miei diplomatici, un dolce di quelli che o si amano o si odiano e che io personalmente adoro mangiare in solitudine per via della sfoglia e dello zucchero a velo che in pubblico rischiano di farci fare pessime figure.
INGREDIENTI
per il pan di spagna:
4 uova
150 g di zucchero
150 g di farina 00
vaniglia
per la crema:
4 tuorli
1/2 l di latte intero
4 cucchiai di maizena
8 cucchiai di zucchero
1/2 stecca di vaniglia
per completare:
Alkermes
2 rotoli di pasta sfoglia
gocce di cioccolato fondente
zucchero a velo
Cuociamo in forno la pasta sfoglia dopo averla pennellata di acqua, cosparsa di zucchero e bucherellata con la forchetta.
Prepariamo il pan di spagna montando a lungo le uova con lo zucchero ed unendo alla fine la farina e qualche goccia di aroma vaniglia. Versiamo in teglia e cuociamo nel forno già caldo per circa mezz'ora, finchè comunque risulterà dorato ed asciutto, sformiamo e lasciamo a raffreddare su una gratella.
Prepariamo la crema: montiamo i tuorli con lo zucchero, uniamo la maizena e poi il latte bollente. Poniamo sul fuoco a fiamma medio-bassa e lasciamo addensare mescolando, poi copriamo con la pellicola a contatto e lasciamo raffreddare.
Disponiamo su un piatto una delle due sfoglie preparate, stendiamo sopra metà della crema e cospargiamo con gocce di cioccolato. Poi copriamo con delle fette di pan di spagna di pari spessore 2 cm circa. Bagnamo con l'Alchermes appena allungato con acqua e poi con la restante crema. Cospargiamo ancora di cioccolato e infine copriamo con l'altra sfoglia. Al momento di servire decoriamo con abbondante zucchero a velo e tagliamo a quadrotti.

Diplomatici

Si è vero, avete ragione. Cocò non voleva ammetterlo ma i preparativi per le nozze imminenti la stanno tenendo un pò lontana dal suo amato blog.
Però ragazzi quante cose che ho in mente di fare e quante novità porterà il rientro dalle vacanze! La mia nuova cucina è solo in attesa di me, i libri e le adorate riviste hanno iniziato a trasferirsi, gli utensili più cari sono stati già collocati nelle loro nuove postazioni, gli arnesi più datati sono stati sostituiti da altri lucidi e sfavillanti, la domanda per l'installazione del metano è già partita e tra qualche giorno aspettiamo soltanto il via. Insomma tutto, ma proprio tutto, è stato predisposto per la nuova fase della mia vita ed io fremo ormai dalla voglia di trasferirmi.
Intanto qualcosina di buono si continua a preparare qui nella mia "vecchia" dimora ed a volte quel che manca è solo il tempo di scrivere.
Vi lascio la ricetta dei miei diplomatici, un dolce di quelli che o si amano o si odiano e che io personalmente adoro mangiare in solitudine per via della sfoglia e dello zucchero a velo che in pubblico rischiano di farci fare pessime figure.
INGREDIENTI
per il pan di spagna:
4 uova
150 g di zucchero
150 g di farina 00
vaniglia
per la crema:
4 tuorli
1/2 l di latte intero
4 cucchiai di maizena
8 cucchiai di zucchero
1/2 stecca di vaniglia
per completare:
Alkermes
2 rotoli di pasta sfoglia
gocce di cioccolato fondente
zucchero a velo
Cuociamo in forno la pasta sfoglia dopo averla pennellata di acqua, cosparsa di zucchero e bucherellata con la forchetta.
Prepariamo il pan di spagna montando a lungo le uova con lo zucchero ed unendo alla fine la farina e qualche goccia di aroma vaniglia. Versiamo in teglia e cuociamo nel forno già caldo per circa mezz'ora, finchè comunque risulterà dorato ed asciutto, sformiamo e lasciamo a raffreddare su una gratella.
Prepariamo la crema: montiamo i tuorli con lo zucchero, uniamo la maizena e poi il latte bollente. Poniamo sul fuoco a fiamma medio-bassa e lasciamo addensare mescolando, poi copriamo con la pellicola a contatto e lasciamo raffreddare.
Disponiamo su un piatto una delle due sfoglie preparate, stendiamo sopra metà della crema e cospargiamo con gocce di cioccolato. Poi copriamo con delle fette di pan di spagna di pari spessore 2 cm circa. Bagnamo con l'Alchermes appena allungato con acqua e poi con la restante crema. Cospargiamo ancora di cioccolato e infine copriamo con l'altra sfoglia. Al momento di servire decoriamo con abbondante zucchero a velo e tagliamo a quadrotti.

2008-06-23

I cannoli alla ricotta

I cannoli alla ricotta sono un classico della pasticceria siciliana, gli elementi base si sa sono la sfoglia fritta, croccante, e il ripieno vellutato di ricotta ovina con cioccolato e canditi che in effetti, come nella cassata, dovrebbero essere soltanto di zucca, la classica zuccata, poi ognuno fa le sue varianti: gocce di ciocolato, canditi misti, solo arancia, granella di pistacchi e così via, tanto che nella stessa Sicilia e anche tra una pasticceria e l'altra le varianti sono notevoli. La ricetta che ad oggi mi ha dato maggiori soddisfazioni è questa che, presa da Gambero Rosso, ho rielaborato un pochino. Le dosi sono per 16 cannoli c.a.
Per la sfoglia:
150 g di farina
1 cucchiaio di zucchero
1/2 cucchiaio di aceto di vino bianco
30 g di strutto
1 cucchiaino di cacao amaro
2 albumi medi
vino Marsala secco
sale
olio per friggere
Per il ripieno:
380 g di ricotta freschissima ovina di ottima qualità
170 di zucchero
75 g di canditi misti
75 g di gocce di cioccolato fondente
pistacchi per decorare
Impastiamo la farina con lo zucchero, l'aceto, lo strutto, il cacao, un pizzico di sale, gli albumi e Marsala quanto basta a formare un bell'impasto che si stacchi dalle mani, lasciamolo riposare in frigo avvolto da pellicola per due ore circa, poi stendiamolo con la sfogliatrice al penultimo livello (deve essere abbastanza sottile), ricaviamo dei rombi, avvogiamoli intorno alle formine per cannolo di metallo (o di canna di bambù), sigilliamo la giuntura con acqua o albume e friggiamoli in abbontante olio finché risulteranno ben dorati, poi sgoccioliamoli su carta assorbente.
Prepariamo il ripieno lavorando a crema la ricotta con lo zucchero, uniamo i canditi e il cioccolato. Versiamo il composto in una tasca da pasticciere e farciamo con esso i cannoli. Decoriamo le bocche con dei pistacchi o della granella di pistacchi.

I cannoli alla ricotta

I cannoli alla ricotta sono un classico della pasticceria siciliana, gli elementi base si sa sono la sfoglia fritta, croccante, e il ripieno vellutato di ricotta ovina con cioccolato e canditi che in effetti, come nella cassata, dovrebbero essere soltanto di zucca, la classica zuccata, poi ognuno fa le sue varianti: gocce di ciocolato, canditi misti, solo arancia, granella di pistacchi e così via, tanto che nella stessa Sicilia e anche tra una pasticceria e l'altra le varianti sono notevoli. La ricetta che ad oggi mi ha dato maggiori soddisfazioni è questa che, presa da Gambero Rosso, ho rielaborato un pochino. Le dosi sono per 16 cannoli c.a.
Per la sfoglia:
150 g di farina
1 cucchiaio di zucchero
1/2 cucchiaio di aceto di vino bianco
30 g di strutto
1 cucchiaino di cacao amaro
2 albumi medi
vino Marsala secco
sale
olio per friggere
Per il ripieno:
380 g di ricotta freschissima ovina di ottima qualità
170 di zucchero
75 g di canditi misti
75 g di gocce di cioccolato fondente
pistacchi per decorare
Impastiamo la farina con lo zucchero, l'aceto, lo strutto, il cacao, un pizzico di sale, gli albumi e Marsala quanto basta a formare un bell'impasto che si stacchi dalle mani, lasciamolo riposare in frigo avvolto da pellicola per due ore circa, poi stendiamolo con la sfogliatrice al penultimo livello (deve essere abbastanza sottile), ricaviamo dei rombi, avvogiamoli intorno alle formine per cannolo di metallo (o di canna di bambù), sigilliamo la giuntura con acqua o albume e friggiamoli in abbontante olio finché risulteranno ben dorati, poi sgoccioliamoli su carta assorbente.
Prepariamo il ripieno lavorando a crema la ricotta con lo zucchero, uniamo i canditi e il cioccolato. Versiamo il composto in una tasca da pasticciere e farciamo con esso i cannoli. Decoriamo le bocche con dei pistacchi o della granella di pistacchi.

2008-05-15

Rose del deserto alle prugne secche

Oh! Finalmente anch'io ho preparato un biscottino salutare tutto fibre e cereali di quelli che piacerebbero ai più incalliti dietisti, mi chiederete come mi sarà venuta in mente una roba del genere e vi risponderò che infatti non li ho preparati per me ma su richiesta di mio padre. Comunque la cosa bella è che mi sono accorta che hanno un gusto delizioso, sono veramente golosi, ideali a colazione o come spezza-fame a metà mattina.
Naturalmente per avere una ricetta più light di questi conosciutissimi biscotti non potevo che rivolgermi alla Lu. Mia sorella infatti ha la capacità di alleggerire tutte le preparazioni dolci, se in una ricetta ci sta il burro lei lo sostituisce con l'olio e se non può cambia ricetta. Tutto il contrario di me.
Insomma queste sono le sue rose del deserto che io ho arricchito con prugne secche tagliate a pezzettini, ma che si possono fare con uvetta sultanina, cioccolato, albicocche secche etc.etc. a vostro piacimento.
Ingredienti per 14-15 biscotti
150 g di farina 00
1/2 cucchiaino di lievito per dolci
40 g di burro
40 g di olio extravergine d'oliva
100 g di zucchero
1 uovo
1 tazzona di corn-flakes
10-12 prugne secche denocciolate.
Sciogliamo il burro, uniamolo all'olio e poi alla farina setacciata con il lievito, aggiungiamo lo zucchero e l'uovo impastando velocemente con le mani. Amalgamiamo le prugne tagliuzzate e poi, prendendo un pò alla volta il composto (come per fare delle polpettine) rotoliamolo nei corn-flakes facendoli aderire bene. Se il composto risultasse un pò molle non aggiungiamo farina ma aiutiamoci con un cucchiaio per porzionarlo. Posizioniamo i biscotti in teglia e cuociamo a 200° finchè avranno preso un bel colore dorato. Biscotti da fare velocemente anche la mattina stessa per mangiarli a colazione.

Rose del deserto alle prugne secche

Oh! Finalmente anch'io ho preparato un biscottino salutare tutto fibre e cereali di quelli che piacerebbero ai più incalliti dietisti, mi chiederete come mi sarà venuta in mente una roba del genere e vi risponderò che infatti non li ho preparati per me ma su richiesta di mio padre. Comunque la cosa bella è che mi sono accorta che hanno un gusto delizioso, sono veramente golosi, ideali a colazione o come spezza-fame a metà mattina.
Naturalmente per avere una ricetta più light di questi conosciutissimi biscotti non potevo che rivolgermi alla Lu. Mia sorella infatti ha la capacità di alleggerire tutte le preparazioni dolci, se in una ricetta ci sta il burro lei lo sostituisce con l'olio e se non può cambia ricetta. Tutto il contrario di me.
Insomma queste sono le sue rose del deserto che io ho arricchito con prugne secche tagliate a pezzettini, ma che si possono fare con uvetta sultanina, cioccolato, albicocche secche etc.etc. a vostro piacimento.
Ingredienti per 14-15 biscotti
150 g di farina 00
1/2 cucchiaino di lievito per dolci
40 g di burro
40 g di olio extravergine d'oliva
100 g di zucchero
1 uovo
1 tazzona di corn-flakes
10-12 prugne secche denocciolate.
Sciogliamo il burro, uniamolo all'olio e poi alla farina setacciata con il lievito, aggiungiamo lo zucchero e l'uovo impastando velocemente con le mani. Amalgamiamo le prugne tagliuzzate e poi, prendendo un pò alla volta il composto (come per fare delle polpettine) rotoliamolo nei corn-flakes facendoli aderire bene. Se il composto risultasse un pò molle non aggiungiamo farina ma aiutiamoci con un cucchiaio per porzionarlo. Posizioniamo i biscotti in teglia e cuociamo a 200° finchè avranno preso un bel colore dorato. Biscotti da fare velocemente anche la mattina stessa per mangiarli a colazione.

2008-03-16

E adesso...Tiramisù

Sarà il nome, saranno le uova, sarà il caffè o saranno le proteine del mascarpone ma questo delizioso dolce ha sempre il potere di rimettermi in sesto, anche adesso che ho beccato questa brutta influenza se penso ad una buona coccola dolce non posso che pensare a questo classico della pasticceria.
E' il primo dolce che ho imparato a fare, è forse il dolce che ho fatto e rifatto più volte, è il dolce che non avanza mai, è quello che mi fa ricevere sempre i complimenti di tutti perchè, bisogna ammetterlo, il Tiramisù - se fatto bene intendiamoci - è un forte richiamo, un vero Piatto di potere con il quale ho deciso di partecipare, sperando che non sia troppo tardi, al meme di Lenny.
Come tutti i classici anche il Tiramisù prevede innumerevoli varianti, panna o meringa da aggiungere al mascarpone, liquore e caffè o solo caffè per la bagna, pavesini o savoiardi e addirittura ricotta o philadelphia da sostituire al mascarpone per una versione più leggera. Naturalmente sappiate che se siete alla ricerca di versioni light del Tiramisù avete sbagliato blog. Per me questo meraviglioso dolce vive grazie al grasso del mascarpone che viene equilibrato dall'amaro del caffè, leggermente spruzzato di cognac, e completato dallo zucchero e dalla leggerezza dell'inimitabile pavesino che assorbe la bagna ma non la rilascia al contrario del savoiardo. Unica variante che concedo al modello originale è la versione monoporzione al bicchiere che considero certamente più elegante e facile da servire.
Tiramisù
3 uova , 300 g di mascarpone, 6 cucchiai di zucchero, caffè appena zuccherato, cognac, pavesini, cacao amaro
Dividiamo gli albumi dai tuorli, montiamo questi ultimi con tre cucchiai di zucchero ed aggiungiamo il mascarpone, amalgamando bene. A parte montiamo a neve ferma gli albumi con il restante zucchero ed uniamoli alla crema di mascarpone facendo attenzione a non smontarli, quindi con movimenti delicati dal basso verso l'alto. Uniamo il cognac al caffè, la dose giusta è un cucchiaio di liquore ogni bicchiere di caffè (si deve sentire appena in pratica), poi procediamo ad inzuppare i pavesini nella bagna al caffè posizioniamoli al fondo del bicchiere o della pirofila scelta per il dolce poi versiamo sopra uno strato di crema al mascarpone, poi di nuovo i biscotti ed ancora la crema che completeremo con un velo di cacao amaro al momento di servire. Mi raccomando siate generosi con la crema, i biscotti devono esserci ma la crema si deve sentire di più. Consumare con moderazione...può dare dipendenza.

E adesso...Tiramisù

Sarà il nome, saranno le uova, sarà il caffè o saranno le proteine del mascarpone ma questo delizioso dolce ha sempre il potere di rimettermi in sesto, anche adesso che ho beccato questa brutta influenza se penso ad una buona coccola dolce non posso che pensare a questo classico della pasticceria.
E' il primo dolce che ho imparato a fare, è forse il dolce che ho fatto e rifatto più volte, è il dolce che non avanza mai, è quello che mi fa ricevere sempre i complimenti di tutti perchè, bisogna ammetterlo, il Tiramisù - se fatto bene intendiamoci - è un forte richiamo, un vero Piatto di potere con il quale ho deciso di partecipare, sperando che non sia troppo tardi, al meme di Lenny.
Come tutti i classici anche il Tiramisù prevede innumerevoli varianti, panna o meringa da aggiungere al mascarpone, liquore e caffè o solo caffè per la bagna, pavesini o savoiardi e addirittura ricotta o philadelphia da sostituire al mascarpone per una versione più leggera. Naturalmente sappiate che se siete alla ricerca di versioni light del Tiramisù avete sbagliato blog. Per me questo meraviglioso dolce vive grazie al grasso del mascarpone che viene equilibrato dall'amaro del caffè, leggermente spruzzato di cognac, e completato dallo zucchero e dalla leggerezza dell'inimitabile pavesino che assorbe la bagna ma non la rilascia al contrario del savoiardo. Unica variante che concedo al modello originale è la versione monoporzione al bicchiere che considero certamente più elegante e facile da servire.
Tiramisù
3 uova , 300 g di mascarpone, 6 cucchiai di zucchero, caffè appena zuccherato, cognac, pavesini, cacao amaro
Dividiamo gli albumi dai tuorli, montiamo questi ultimi con tre cucchiai di zucchero ed aggiungiamo il mascarpone, amalgamando bene. A parte montiamo a neve ferma gli albumi con il restante zucchero ed uniamoli alla crema di mascarpone facendo attenzione a non smontarli, quindi con movimenti delicati dal basso verso l'alto. Uniamo il cognac al caffè, la dose giusta è un cucchiaio di liquore ogni bicchiere di caffè (si deve sentire appena in pratica), poi procediamo ad inzuppare i pavesini nella bagna al caffè posizioniamoli al fondo del bicchiere o della pirofila scelta per il dolce poi versiamo sopra uno strato di crema al mascarpone, poi di nuovo i biscotti ed ancora la crema che completeremo con un velo di cacao amaro al momento di servire. Mi raccomando siate generosi con la crema, i biscotti devono esserci ma la crema si deve sentire di più. Consumare con moderazione...può dare dipendenza.

2008-03-12

La Torta della Foresta nera

Come ben sapete non sono tedesca ma sono terribilmente attratta da tutto ciò che è nord europeo e così era da tanto che volevo cimentarmi nella preparazione di questo classico dolce tedesco che prende il nome dalla Foresta Nera, una splendida regione a sud della Germania.
Nei miei ricettari ho trovato numerose versioni, molte varianti dell'originale, a dire il vero trifle e monoporzioni ma nessuna vera torta simile a quella che ho mangiato in Alto Adige la scorsa estate. Così ho riflettuto un poco, assemblato qua e là ed ecco la mia personale versione di Torta della Foresta nera. In linea di massima le scuole di pensiero sono due o golosamente si sceglie una base di torta al cioccolato con burro (tipo questa) oppure si opta per una base di pan di spagna al cacao che, più leggera e spugnosa, permette agli ingredienti di amalgamarsi meglio tra loro con risultati, secondo me, più soddisfacenti.
La scelta dicevo sta a voi, per il pan di spagna al cacao bisogna procedere come per un normale pan di spagna solo che sostituiremo due cucchiaiate di farina con pari peso di cacao amaro. Inoltre per l'effetto torta alta a tre strati vi consiglio una teglina a bordo alto di 18 massimo 20 cm massimo di diametro.
Ecco la ricetta:
1 pan di spagna al cacao (oppure una torta margherita al cioccolato)
500 ml di panna liquida fresca (rigorosamente)
2 cucchiaiate di zucchero a velo
1 vasetto di amarene allo sciroppo
1 tavoletta da 100 g di cioccolato fondente
Tagliamo la torta in tre strati. Montiamo la panna con lo zucchero a velo. Bagnamo il primo strato con qualche cucchiaiata dello sciroppo di conservazione delle amarene, spalmiamo di panna la superficie, poi cospargiamo di amarene tagliate a metà, copriamo con l'altro strato di dolce e procediamo allo stesso modo, infine mettiamo il terzo strato di pan di spagna bagnamo ancora un pò e copriamo la superficie ed i lati con panna. Decoriamo il tutto con delle sfogliette o dei riccioli di cioccolato e delle amarene intere. Per ottenere le sfoglie di cioccolato basta sciogliere la tavoletta a bagnomaria, spennellare la crema ottenuta su un foglio di carta da forno o di acetato e poi, una volta asciutto staccarlo in pezzi. Questa la mia torta che è piaciuta molto.

La Torta della Foresta nera

Come ben sapete non sono tedesca ma sono terribilmente attratta da tutto ciò che è nord europeo e così era da tanto che volevo cimentarmi nella preparazione di questo classico dolce tedesco che prende il nome dalla Foresta Nera, una splendida regione a sud della Germania.
Nei miei ricettari ho trovato numerose versioni, molte varianti dell'originale, a dire il vero trifle e monoporzioni ma nessuna vera torta simile a quella che ho mangiato in Alto Adige la scorsa estate. Così ho riflettuto un poco, assemblato qua e là ed ecco la mia personale versione di Torta della Foresta nera. In linea di massima le scuole di pensiero sono due o golosamente si sceglie una base di torta al cioccolato con burro (tipo questa) oppure si opta per una base di pan di spagna al cacao che, più leggera e spugnosa, permette agli ingredienti di amalgamarsi meglio tra loro con risultati, secondo me, più soddisfacenti.
La scelta dicevo sta a voi, per il pan di spagna al cacao bisogna procedere come per un normale pan di spagna solo che sostituiremo due cucchiaiate di farina con pari peso di cacao amaro. Inoltre per l'effetto torta alta a tre strati vi consiglio una teglina a bordo alto di 18 massimo 20 cm massimo di diametro.
Ecco la ricetta:
1 pan di spagna al cacao (oppure una torta margherita al cioccolato)
500 ml di panna liquida fresca (rigorosamente)
2 cucchiaiate di zucchero a velo
1 vasetto di amarene allo sciroppo
1 tavoletta da 100 g di cioccolato fondente
Tagliamo la torta in tre strati. Montiamo la panna con lo zucchero a velo. Bagnamo il primo strato con qualche cucchiaiata dello sciroppo di conservazione delle amarene, spalmiamo di panna la superficie, poi cospargiamo di amarene tagliate a metà, copriamo con l'altro strato di dolce e procediamo allo stesso modo, infine mettiamo il terzo strato di pan di spagna bagnamo ancora un pò e copriamo la superficie ed i lati con panna. Decoriamo il tutto con delle sfogliette o dei riccioli di cioccolato e delle amarene intere. Per ottenere le sfoglie di cioccolato basta sciogliere la tavoletta a bagnomaria, spennellare la crema ottenuta su un foglio di carta da forno o di acetato e poi, una volta asciutto staccarlo in pezzi. Questa la mia torta che è piaciuta molto.

2008-02-02

Krapfen versione mini

Nightfairy mi ha fatto venire una voglia irresistibile di Krapfen e così, messi da parte i miei buoni propositi di rinunciare agli eccessi, complice un invito a cena, ho pensato di farli visto, tra l'altro, che siamo a pieno titolo in periodo carnevalesco. Ecco allora i miei Krapfen che, per pura illusione di mangiarne di meno, ho fatto in versione mini. Non ho potuto seguire la ricetta di Nightfairy perchè non uso normalmente fiocchi di patate e non ne avevo quindi la disponibilità, ho usato la mia solita ricetta, va bè solita, li avrò fatti al massimo altre due volte, che poi siccome provo sempre nuove cose è difficile che mi ripeta nel breve periodo. Comunque sia è una ricetta che mi soddisfa alquanto e va benissimo anche per le ciambelle volendo.

Ingredienti per 30 mini Krapfen:
25 g di lievito di birra
2 dl di latte
400 g di farina 00
100 g di farina manitoba
80 g di burro
4 tuorli ed un albume
un cucchiaino più un pizzico di sale
1 bustina di vanillina
40 g di zucchero
crema o confettura a piacere per farcire
olio extravergine d'oliva per friggere
zucchero a velo per decorare

Innanzitutto occorre preparare una sorta di pastello con il lievito sciolto in metà del latte tiepido, 100 g di farina e 1 cucchiaino di sale. Lasciamo lievitare per due ore circa. Poi facciamo la fontana con la restante farina, mettiamo al centro il lievito fementato, l'altra metà del latte, il burro fuso, i tuorli e l'albume, la vanillina, un altro pizzichino di sale e lo zucchero. Lavoriamo bene l'impasto e formiamo una palla, lasciamola lievitare in luogo tiepido per altre due ore. Poi stendiamola sulla spianatoia con il matterello ad uno spessore di qualche millimetro e ritagliamo con un tagliapasta dei dischetti di 5 cm di diametro, poniamo al centro della metà di essi un pochino di crema o confettura e copriamo, dopo aver inumidito i bordi dei dischetti con un pennellino intinto d'acqua, con l'altra metà dei dischi. Lasciamo riposare ancora per mezz'ora e poi friggiamo in olio bollente. Spolverizziamo di zucchero a velo e gustiamo ancora tiepidi o, se preparati in anticipo, dopo averli un pò intiepiditi nel forno o anche nel microonde.
Io ho usato per farcire crema al cioccolato preparata in casa ma sono eccezionali anche con la confettura di albicocche.