2007-05-06

La caciotta di Davide Oldani


La cosa che mi affascina della cucina è che continua a stupirmi. Mi stupisce che lo stesso prodotto elaborato in un modo o nell’altro, mescolato al altri prodotti, cotto in modo piuttosto che in un altro, possa dar vita a cose completamente differenti tra loro che dell’alimento originario portano in sé, più o meno marcati i caratteri.



Una scoperta rivoluzionaria l’ho fatta leggendo il libro, interessantissimo, di Davide Oldani “Cuoco andata e ritorno – Viaggi sogni ricette di un uomo che voleva cucinare” edito da Touring Club Italiano. Non è un libro di ricette e vi consiglio sinceramente di leggerlo perché di Davide Oldani si sente già parlare ma si sentirà parlare molto in quanto è uno chef (o cuoco come lui ama definirsi) che con tenacia, determinazione, spirito di sacrificio e tanto amore per questa difficile professione ha saputo raggiungere vette alte senza mai pardere l’umiltà.


Il libro è da leggere perché Davide Oldani ha da comunicare qualcosa e lo comunica in modo estremamente piacevole, affidandosi ai propri ricordi ed insegnando, quasi tra le righe, tante tante cose interessanti.



Forse ho un poco perso il filo del discorso, ho parlato del libro perché leggendolo ho capito, tra le altre cose, che non è molto difficile trasformare meno di un litro di latte in una bella caciotta da gustare in tutta la sua freschezza.
Avevo sempre pensato che fare il formaggio fosse una cosa estremamente complicata, che richiedesse molto impegno ed ancor più che bisognasse impiegare parecchio latte per ottenere qualcosa di mangiabile, invece Oldani mi ha dimostrato il contrario.



Se volete prepararla anche voi ecco gli ingredienti:
750 g di latte fresco intero, 20 g di caglio liquido, 500 g di acqua bollente salata e 1 g di buccia di lime grattugiata.


Vi dico subito, prima del procedimento che la quantità di caglio può variare in base alcaglio che comprate (si trova in farmacia). La prima volta ho messo i 20 g della ricetta e il formaggio sapeva di caglio, poi ho inviato una mail ad Oldani che gentilmente mi ha risposto. Ci sono diversi tipi di caglio in commercio, sulla bottiglia dovrebbero esserci le indicazioni sulle dosi, altrimenti chiedete al rivenditore. Di quello che ho acquistato io ho scoperto che ne bastano solo 5 g invece di 20.


Ma andiamo al procedimento: scaldate il latte fino a raggiungere 37°C, toglietelo dal fuoco, unite il caglio, lasciate riposare per 8 minuti. Dopo questo tempo il latte apparirà come una massa compatta un poco gelatinosa, rompete la cagliata gettandovi l’acqua salata e il lime (in mancanza ho usato un limone verdello) e poi aiutandovi con una schiumarola adagiatela in uno stampo per caciotta forato, poi mettetelo a scolare su una graticola ed ecco il formaggio, pronto da consumare.
E’ tipo il primo sale ottimo veramente.

La caciotta di Davide Oldani


La cosa che mi affascina della cucina è che continua a stupirmi. Mi stupisce che lo stesso prodotto elaborato in un modo o nell’altro, mescolato al altri prodotti, cotto in modo piuttosto che in un altro, possa dar vita a cose completamente differenti tra loro che dell’alimento originario portano in sé, più o meno marcati i caratteri.



Una scoperta rivoluzionaria l’ho fatta leggendo il libro, interessantissimo, di Davide Oldani “Cuoco andata e ritorno – Viaggi sogni ricette di un uomo che voleva cucinare” edito da Touring Club Italiano. Non è un libro di ricette e vi consiglio sinceramente di leggerlo perché di Davide Oldani si sente già parlare ma si sentirà parlare molto in quanto è uno chef (o cuoco come lui ama definirsi) che con tenacia, determinazione, spirito di sacrificio e tanto amore per questa difficile professione ha saputo raggiungere vette alte senza mai pardere l’umiltà.


Il libro è da leggere perché Davide Oldani ha da comunicare qualcosa e lo comunica in modo estremamente piacevole, affidandosi ai propri ricordi ed insegnando, quasi tra le righe, tante tante cose interessanti.



Forse ho un poco perso il filo del discorso, ho parlato del libro perché leggendolo ho capito, tra le altre cose, che non è molto difficile trasformare meno di un litro di latte in una bella caciotta da gustare in tutta la sua freschezza.
Avevo sempre pensato che fare il formaggio fosse una cosa estremamente complicata, che richiedesse molto impegno ed ancor più che bisognasse impiegare parecchio latte per ottenere qualcosa di mangiabile, invece Oldani mi ha dimostrato il contrario.



Se volete prepararla anche voi ecco gli ingredienti:
750 g di latte fresco intero, 20 g di caglio liquido, 500 g di acqua bollente salata e 1 g di buccia di lime grattugiata.


Vi dico subito, prima del procedimento che la quantità di caglio può variare in base alcaglio che comprate (si trova in farmacia). La prima volta ho messo i 20 g della ricetta e il formaggio sapeva di caglio, poi ho inviato una mail ad Oldani che gentilmente mi ha risposto. Ci sono diversi tipi di caglio in commercio, sulla bottiglia dovrebbero esserci le indicazioni sulle dosi, altrimenti chiedete al rivenditore. Di quello che ho acquistato io ho scoperto che ne bastano solo 5 g invece di 20.


Ma andiamo al procedimento: scaldate il latte fino a raggiungere 37°C, toglietelo dal fuoco, unite il caglio, lasciate riposare per 8 minuti. Dopo questo tempo il latte apparirà come una massa compatta un poco gelatinosa, rompete la cagliata gettandovi l’acqua salata e il lime (in mancanza ho usato un limone verdello) e poi aiutandovi con una schiumarola adagiatela in uno stampo per caciotta forato, poi mettetelo a scolare su una graticola ed ecco il formaggio, pronto da consumare.
E’ tipo il primo sale ottimo veramente.

2007-05-04

Mazzetti di asparagi mimosa


Per il club Sale&Pepe questo mese propongo la ricetta dei Mazzetti di asparagi mimosa del numero di Marzo 2007 della rivista che ho lasciato com’era, con l’unica variante delle uova che ho messo per intero, e non solo il tuorlo come previsto dalla ricetta, per due motivi: primo l’albume mi piace, secondo non mi andava di sprecarlo. Comunque per un effetto ancora più scenografico e “mimosa” limitatevi al tuorlo.
Le dosi ve le do per una persona, ma se si serve come antipasto va bene per due.
Ingredienti: 7-8 asparagi, due fette di formaggio fuso, un uovo sodo, un poco di maggiorana fresca, una noce di burro, sale e pepe rosa.
Preparazione: puliamo gli asparagi, tagliamoli in due nel senso della lunghezza, poi lessiamoli al dente (meglio a vapore).
Dividiamoli in due mazzetti, saliamoli ed avvolgiamo ciascuno con una fetta di formaggio, velocemente in modo che il calore degli asparagi sciolga un poco il formaggio. Sistemiamo i mazzetti nel piatto.
Cospargiamo gli asparagi con l’uovo sbriciolato passandolo attraverso un colino e versiamoci sopra il burro fuso con la maggiorana e qualche bacca di pepe rosa un poco schiacciata.
Devo dire che l’aggiunta di un filo di aceto balsamico non guasta, ma non gridate all’eresia, nell’aceto balsamico (quello buono di Modena però) farei il bagno.

Mazzetti di asparagi mimosa


Per il club Sale&Pepe questo mese propongo la ricetta dei Mazzetti di asparagi mimosa del numero di Marzo 2007 della rivista che ho lasciato com’era, con l’unica variante delle uova che ho messo per intero, e non solo il tuorlo come previsto dalla ricetta, per due motivi: primo l’albume mi piace, secondo non mi andava di sprecarlo. Comunque per un effetto ancora più scenografico e “mimosa” limitatevi al tuorlo.
Le dosi ve le do per una persona, ma se si serve come antipasto va bene per due.
Ingredienti: 7-8 asparagi, due fette di formaggio fuso, un uovo sodo, un poco di maggiorana fresca, una noce di burro, sale e pepe rosa.
Preparazione: puliamo gli asparagi, tagliamoli in due nel senso della lunghezza, poi lessiamoli al dente (meglio a vapore).
Dividiamoli in due mazzetti, saliamoli ed avvolgiamo ciascuno con una fetta di formaggio, velocemente in modo che il calore degli asparagi sciolga un poco il formaggio. Sistemiamo i mazzetti nel piatto.
Cospargiamo gli asparagi con l’uovo sbriciolato passandolo attraverso un colino e versiamoci sopra il burro fuso con la maggiorana e qualche bacca di pepe rosa un poco schiacciata.
Devo dire che l’aggiunta di un filo di aceto balsamico non guasta, ma non gridate all’eresia, nell’aceto balsamico (quello buono di Modena però) farei il bagno.

2007-05-03

Sofficini alle melanzane


Penso che il titolo e la foto già vi dicono qualcosa, avete presente i Sofficini Findus quelli del “sorriso che c’è in te” ecco questi sono, permettetemi di dirlo, la bella copia.
Senza offesa per la casa produttrice volete mettere la fragranza di un “sofficino” fatto in casa con uno prodotto industrialmente e poi congelato? Ecco come pensavo, il confronto non regge…
La ricetta dell’impasto base me l’ha passata la Lu che l’ha sentita in tv alla Prova del cuoco, il ripieno però l’ho ideato io, questa è solo una variante si possono fare con unamiriade di gusti ed anche piccoli piccoli stile finger food da servire con l’aperitivo o in un buffet.
Le dosi che vi do sono per otto sofficini di medie dimensioni.
Per l’impasto: prendiamo un bicchiere di latte e portiamolo ad ebollizione con un pizzico di sale ed una noce di burro. Quando bolle versiamoci un bicchiere (lo stesso) di farina e mescoliamo bene finchè il composto si staccherà dalle pareti. Ritiriamo la pentola dal fuoco e lasciamo raffreddare l’impasto. Dividiamolo poi in otto palline, che stenderemo su un piano infarinato a formare altrettanti dischi.
Per il ripieno alle melanzane: riduciamo una melanzana non troppo grande a cubetti e rosoliamola in padella con un filo d’olio e uno spicchio d’aglio, aggiungiamo poi un pomodoro a cubetti senza pelle e senza semi, regoliamo di sale, se vogliamo diamo un tocco di peperoncino piccante e magari un poco di origano. Lasciamo raffreddare e poi sbricioliamo nella padella una mozzarella ed una bella grattugiata di ricotta salata.
Suddividiamo questo composto sui dischetti di pasta e richiudiamoli su se se stessi a formare delle mezzelune, sigilliamo bene i bordi mi racomando.
Una volta pronti i nostri sofficini passiamoli in due albumi leggermente montati e poi nel pangrattato a formare una bella e solida panatura.
Friggiamoli in abbondante olio bollente e serviamoli caldi caldi.
Aspetto suggerimenti in merito ai ripieni.

Sofficini alle melanzane


Penso che il titolo e la foto già vi dicono qualcosa, avete presente i Sofficini Findus quelli del “sorriso che c’è in te” ecco questi sono, permettetemi di dirlo, la bella copia.
Senza offesa per la casa produttrice volete mettere la fragranza di un “sofficino” fatto in casa con uno prodotto industrialmente e poi congelato? Ecco come pensavo, il confronto non regge…
La ricetta dell’impasto base me l’ha passata la Lu che l’ha sentita in tv alla Prova del cuoco, il ripieno però l’ho ideato io, questa è solo una variante si possono fare con unamiriade di gusti ed anche piccoli piccoli stile finger food da servire con l’aperitivo o in un buffet.
Le dosi che vi do sono per otto sofficini di medie dimensioni.
Per l’impasto: prendiamo un bicchiere di latte e portiamolo ad ebollizione con un pizzico di sale ed una noce di burro. Quando bolle versiamoci un bicchiere (lo stesso) di farina e mescoliamo bene finchè il composto si staccherà dalle pareti. Ritiriamo la pentola dal fuoco e lasciamo raffreddare l’impasto. Dividiamolo poi in otto palline, che stenderemo su un piano infarinato a formare altrettanti dischi.
Per il ripieno alle melanzane: riduciamo una melanzana non troppo grande a cubetti e rosoliamola in padella con un filo d’olio e uno spicchio d’aglio, aggiungiamo poi un pomodoro a cubetti senza pelle e senza semi, regoliamo di sale, se vogliamo diamo un tocco di peperoncino piccante e magari un poco di origano. Lasciamo raffreddare e poi sbricioliamo nella padella una mozzarella ed una bella grattugiata di ricotta salata.
Suddividiamo questo composto sui dischetti di pasta e richiudiamoli su se se stessi a formare delle mezzelune, sigilliamo bene i bordi mi racomando.
Una volta pronti i nostri sofficini passiamoli in due albumi leggermente montati e poi nel pangrattato a formare una bella e solida panatura.
Friggiamoli in abbondante olio bollente e serviamoli caldi caldi.
Aspetto suggerimenti in merito ai ripieni.

2007-05-02

Pansotti patate e taleggio con fiammiferi di speck

Inutile dire che quando ci salta un bel week-end fuori, già programmato, per cause da noi indipendenti e quando il clima ci impedisce anche una semplice gita di una giornata altro non rimane che starsene a letto a recriminare su ciò che poteva essere oppure, in alternativa, buttarsi in cucina a preparare qualcosa di buono impegnando così in modo proficuo il tempo libero. Naturalmente ho scelto la seconda e, a mio parere, più saggia soluzione.
Così grembiule alla mano ho preparato oltre 60 Pansotti con patate e taleggio che ho poi condito semplicemente saltandoli in padella con dello speck a coronamento del delicato gusto del ripieno.
Cela va sans dire che il risultato mi ha soddisfatto ed ha soddisfatto anche chi ha avuto il piacere di dividere con me il pranzo per cui vi do la mia ricetta dei Pansotti patate e taleggio con fiammiferi di speck.
Per la sfoglia: impastiamo 5 uova intere con tanta farina 00 da ottenere un composto abbastanza solido da poter essere steso con la “Nonna Papera”.
Per il ripieno: lessiamo 650 – 700 g di patate, una volta cotte passiamole allo schiacciapatate e condiamo con sale, pepe, un uovo e un pezzetto di burro. Prendiamo un pezzo di taleggio e riduciamolo a piccoli pezzi, ce ne serve uno per raviolo.
Stendiamo l’impasto in una sfoglia sottile e ricaviamone dei bei dischi che farciremo con un poco di puré ed un pezzetto di taleggio, richiudendoli poi per bene. Procediamo così fino ad esaurimento degli ingredienti.
Per il condimento: prendiamo una fettona di speck e riduciamola a fiammiferi che salteremo poi in padella con un poco di cipolla affettata sottilmente e un poco di prezzemolo.
Quando i panzotti saranno cotti li verseremo nella padella dello speck cercando di amalgamare bene il condimento con la pasta aiutandoci con un cucchiaio di legno per non romperli.
Il piatto è pronto, i quantitativi per persona variano dalle dimensioni dei pansotti e dalla fame dei commensali. Se il pranzo prevede altre portate 5 o 6 sono in genere più che sufficienti altrimenti…fate voi.

Pansotti patate e taleggio con fiammiferi di speck

Inutile dire che quando ci salta un bel week-end fuori, già programmato, per cause da noi indipendenti e quando il clima ci impedisce anche una semplice gita di una giornata altro non rimane che starsene a letto a recriminare su ciò che poteva essere oppure, in alternativa, buttarsi in cucina a preparare qualcosa di buono impegnando così in modo proficuo il tempo libero. Naturalmente ho scelto la seconda e, a mio parere, più saggia soluzione.
Così grembiule alla mano ho preparato oltre 60 Pansotti con patate e taleggio che ho poi condito semplicemente saltandoli in padella con dello speck a coronamento del delicato gusto del ripieno.
Cela va sans dire che il risultato mi ha soddisfatto ed ha soddisfatto anche chi ha avuto il piacere di dividere con me il pranzo per cui vi do la mia ricetta dei Pansotti patate e taleggio con fiammiferi di speck.
Per la sfoglia: impastiamo 5 uova intere con tanta farina 00 da ottenere un composto abbastanza solido da poter essere steso con la “Nonna Papera”.
Per il ripieno: lessiamo 650 – 700 g di patate, una volta cotte passiamole allo schiacciapatate e condiamo con sale, pepe, un uovo e un pezzetto di burro. Prendiamo un pezzo di taleggio e riduciamolo a piccoli pezzi, ce ne serve uno per raviolo.
Stendiamo l’impasto in una sfoglia sottile e ricaviamone dei bei dischi che farciremo con un poco di puré ed un pezzetto di taleggio, richiudendoli poi per bene. Procediamo così fino ad esaurimento degli ingredienti.
Per il condimento: prendiamo una fettona di speck e riduciamola a fiammiferi che salteremo poi in padella con un poco di cipolla affettata sottilmente e un poco di prezzemolo.
Quando i panzotti saranno cotti li verseremo nella padella dello speck cercando di amalgamare bene il condimento con la pasta aiutandoci con un cucchiaio di legno per non romperli.
Il piatto è pronto, i quantitativi per persona variano dalle dimensioni dei pansotti e dalla fame dei commensali. Se il pranzo prevede altre portate 5 o 6 sono in genere più che sufficienti altrimenti…fate voi.

2007-04-30

Delizie alle fragole



Forse con questa storia dei dolci alle fragole vi sto causando l’orticaria però osservate bene la foto, secondo voi sarebbe la stessa cosa questo dolce senza la sua bella fragolina in cima?
Volendo si può fare con tutti i tipi di frutta, che tanto direte la frutta si mette solo nella decorazione, ma pensate davvero che quella panna in superficie avrebbe lo stesso sapore e lo stesso odore senza la fragola? Io no, e infatti mi rifiuto di preparare questi dolcini senza le fragole fresche, di conseguenza li faccio e mangio una, al massimo due volte all’anno, anche per arrivare all’appuntamento con quello speciale desiderio che ti può dare solo ciò che non mangi spesso.
Con la ricetta originale vengono fuori circa 60 pezzi (un po’ tanti direte) dose ideale per una festa, io in versione casalinga riduco le dosi alla metà per cui vi do la ricetta già dimezzata.
Il procedimento non è affatto difficile ed il risultato è stranamente sempre ok, difficile sbagliare…

Prepariamo allora le Delizie alle fragole.
Procuriamoci dei pirotti di carta grandi (5-6 cm di diametro) e non troppo alti.
Montiamo fino ad ottenere una spuma chiara 3 uova intere con 225 g di zucchero, aggiungiamo poi 75 g di olio e 75 g di latte, 250 g di farina setacciata con poco più di mezza bustina di lievito chimico.
Riempiamo - per 2/3 - con l’impasto gli stampini poggiati su una piastra ed inforniamo in forno già caldo finché si rassodano e si dorano.
Leviamoli dal forno e prepariamo una crema con 2 tuorli, 150 g di zucchero, 75 g di farina e ½ litro di latte riscaldato con un pezzo di vaniglia.
Incidiamo con un coltello a punta la parte centrale della superficie dei dolcini ricavandone una calottina, riempiamo il buchetto che si forma levando la calotta con un cucchiaino di crema sovrapponiamo la calotta in senso inverso con la parte rigonfia all’esterno.
Montiamo 250 g di panna fresca con due cucchiai di zucchero a velo. Versiamola in una tasca da pasticciere con bocchetta a stella e copriamo di panna la parte superficiale del dolce. Decoriamo al centro con una fragolina di piccole dimensioni o due quartini di fragola se i frutti sono grossi.
Non vi dico che gusto… il nome glielo abbiamo dato con mamma e Lu in seguito all’assaggio la prima volta che li abbiamo preparati.

Delizie alle fragole



Forse con questa storia dei dolci alle fragole vi sto causando l’orticaria però osservate bene la foto, secondo voi sarebbe la stessa cosa questo dolce senza la sua bella fragolina in cima?
Volendo si può fare con tutti i tipi di frutta, che tanto direte la frutta si mette solo nella decorazione, ma pensate davvero che quella panna in superficie avrebbe lo stesso sapore e lo stesso odore senza la fragola? Io no, e infatti mi rifiuto di preparare questi dolcini senza le fragole fresche, di conseguenza li faccio e mangio una, al massimo due volte all’anno, anche per arrivare all’appuntamento con quello speciale desiderio che ti può dare solo ciò che non mangi spesso.
Con la ricetta originale vengono fuori circa 60 pezzi (un po’ tanti direte) dose ideale per una festa, io in versione casalinga riduco le dosi alla metà per cui vi do la ricetta già dimezzata.
Il procedimento non è affatto difficile ed il risultato è stranamente sempre ok, difficile sbagliare…

Prepariamo allora le Delizie alle fragole.
Procuriamoci dei pirotti di carta grandi (5-6 cm di diametro) e non troppo alti.
Montiamo fino ad ottenere una spuma chiara 3 uova intere con 225 g di zucchero, aggiungiamo poi 75 g di olio e 75 g di latte, 250 g di farina setacciata con poco più di mezza bustina di lievito chimico.
Riempiamo - per 2/3 - con l’impasto gli stampini poggiati su una piastra ed inforniamo in forno già caldo finché si rassodano e si dorano.
Leviamoli dal forno e prepariamo una crema con 2 tuorli, 150 g di zucchero, 75 g di farina e ½ litro di latte riscaldato con un pezzo di vaniglia.
Incidiamo con un coltello a punta la parte centrale della superficie dei dolcini ricavandone una calottina, riempiamo il buchetto che si forma levando la calotta con un cucchiaino di crema sovrapponiamo la calotta in senso inverso con la parte rigonfia all’esterno.
Montiamo 250 g di panna fresca con due cucchiai di zucchero a velo. Versiamola in una tasca da pasticciere con bocchetta a stella e copriamo di panna la parte superficiale del dolce. Decoriamo al centro con una fragolina di piccole dimensioni o due quartini di fragola se i frutti sono grossi.
Non vi dico che gusto… il nome glielo abbiamo dato con mamma e Lu in seguito all’assaggio la prima volta che li abbiamo preparati.

2007-04-29

Padula e i Sigari al pecorino e paprika





Non c’è niente di più bello che andarsene in giro a godere di posti sconosciuti o a rivedere qualche posto quasi dimenticato.
Mercoledì, approfittando del giorno di festa (25 Aprile) ce ne siamo andati in Campania, a Padula a visitare la Certosa di San Lorenzo (nella foto una veduta del paese dal chiostro grande della Certosa), una delle più grandi esistenti e soprattutto una delle poche visitabili dato che non è più in uso dall’epoca napoleonica.
Se qualcuno di voi non c’è ancora stato consiglio di farci una capatina dal momento che ne vale veramente la pena.

A parte la Certosa altre due motivazioni, a mio parere, rendono necessaria una visita a Padula: la possibilità di vedere la casa–museo dove nacque Joe Petrosino il poliziotto che sfido per primo la mafia italo-americana e che venne ucciso a Palermo nel 1909 e, non potevo assolutamente non dirlo, la buona cucina campana.

Naturamente per degustare i prodotti locali ci sono mille alternative possibili, pensando di immergerci nella natura locale dimenticandoci per un giorno gli affanni del lavoro, abbiamo deciso di fare una sosta all’Azienda Agrricola “Fattoria Alvaneta”, incastonata tra boschi di roverella e castagno, in contrada Alvaneta a soli 4 Km dalla Certosa.
La vista su in alto è a dir poco mozzafiato, i prezzi sono accessibilissimi, come nella maggioranza degli agriturismi e il cibo veramente casereccio, molti prodotti sono di produzione propria dell’azienda, l’olio, i salumi, le noci, la pasta ma anche la gustosissima carne di cinghiale.
In sostanza abbiamo mangiato bene e più del dovuto, l’accoglienza è stata ottima, unica pecca il servizio un poco lento, forse perché trattandosi di giorno festivo il locale era molto affollato.

Di tutto il pranzo la cosa che mi è rimasta più impressa, tanto da spingermi ieri sera alla riproduzione in versione domestica, sono dei sigari di pasta ripieni di pecorino morbido.
Non ho la ricetta originale, li ho riprodotti semplicemente ispirandomi al gusto che ho cercato di imprimermi bene dentro.
Il risultato non è stato affatto male per cui vi do la mia versione dei Sigari al pecorino e paprika. Qualora ci dovesse leggere l’autore della versione originale, si accettano suggerimenti…

Per 9-10 sigari ho impastato 100 g di farina 00 con un uovo intero, due cucchiai di olio extravergine d’oliva e un pizzico di sale. Ho steso l’impasto in una sfoglia piuttosto sottile e ne ho ricavato delle striscioline larghe circa 2,5 cm e lunghe 20-25 cm.
Ho spennellato la superficie della sfoglia con albume e l’ho cosparsa di poca paprika, ho avvolto poi la sfoglia a spirale attorno a dei bastoncini di pecorino morbido, sovrapponendo sempre un po’ di sfoglia per sigillare bene il formaggio, poi ho fritto i miei sigari nell’olio – sempre extravergine bollente – ed ecco in foto il risultato.
Secondo me vanno benissimo serviti con l’aperitivo magari presentati in verticale in un bel bicchiere.

Padula e i Sigari al pecorino e paprika





Non c’è niente di più bello che andarsene in giro a godere di posti sconosciuti o a rivedere qualche posto quasi dimenticato.
Mercoledì, approfittando del giorno di festa (25 Aprile) ce ne siamo andati in Campania, a Padula a visitare la Certosa di San Lorenzo (nella foto una veduta del paese dal chiostro grande della Certosa), una delle più grandi esistenti e soprattutto una delle poche visitabili dato che non è più in uso dall’epoca napoleonica.
Se qualcuno di voi non c’è ancora stato consiglio di farci una capatina dal momento che ne vale veramente la pena.

A parte la Certosa altre due motivazioni, a mio parere, rendono necessaria una visita a Padula: la possibilità di vedere la casa–museo dove nacque Joe Petrosino il poliziotto che sfido per primo la mafia italo-americana e che venne ucciso a Palermo nel 1909 e, non potevo assolutamente non dirlo, la buona cucina campana.

Naturamente per degustare i prodotti locali ci sono mille alternative possibili, pensando di immergerci nella natura locale dimenticandoci per un giorno gli affanni del lavoro, abbiamo deciso di fare una sosta all’Azienda Agrricola “Fattoria Alvaneta”, incastonata tra boschi di roverella e castagno, in contrada Alvaneta a soli 4 Km dalla Certosa.
La vista su in alto è a dir poco mozzafiato, i prezzi sono accessibilissimi, come nella maggioranza degli agriturismi e il cibo veramente casereccio, molti prodotti sono di produzione propria dell’azienda, l’olio, i salumi, le noci, la pasta ma anche la gustosissima carne di cinghiale.
In sostanza abbiamo mangiato bene e più del dovuto, l’accoglienza è stata ottima, unica pecca il servizio un poco lento, forse perché trattandosi di giorno festivo il locale era molto affollato.

Di tutto il pranzo la cosa che mi è rimasta più impressa, tanto da spingermi ieri sera alla riproduzione in versione domestica, sono dei sigari di pasta ripieni di pecorino morbido.
Non ho la ricetta originale, li ho riprodotti semplicemente ispirandomi al gusto che ho cercato di imprimermi bene dentro.
Il risultato non è stato affatto male per cui vi do la mia versione dei Sigari al pecorino e paprika. Qualora ci dovesse leggere l’autore della versione originale, si accettano suggerimenti…

Per 9-10 sigari ho impastato 100 g di farina 00 con un uovo intero, due cucchiai di olio extravergine d’oliva e un pizzico di sale. Ho steso l’impasto in una sfoglia piuttosto sottile e ne ho ricavato delle striscioline larghe circa 2,5 cm e lunghe 20-25 cm.
Ho spennellato la superficie della sfoglia con albume e l’ho cosparsa di poca paprika, ho avvolto poi la sfoglia a spirale attorno a dei bastoncini di pecorino morbido, sovrapponendo sempre un po’ di sfoglia per sigillare bene il formaggio, poi ho fritto i miei sigari nell’olio – sempre extravergine bollente – ed ecco in foto il risultato.
Secondo me vanno benissimo serviti con l’aperitivo magari presentati in verticale in un bel bicchiere.

2007-04-27

Patate e peperoni alla calabrese


Va bè! Tutti sappiamo che il fritto fa male ma è un dato di fatto, sul quale penso la stragrande maggioranza concorda, che è il modo per rendere saporita qualunque cosa.
Pensiamo un poco alle patatine fritte chi di noi sa resistere davanti a tale tentazione?
Nella cucina tradizionale calabrese, prevalentemente a base di ortaggi, il fritto l’ha sempre fatta da padrone. Ci sono vari tipi di frittelle e frittelline che sono irrinunciabili per noi calabresi nelle tavole di festa. Perfino alcuni dolci tradizionali, natalizi in particolare, sono fritti.
Molte preparazioni, con l’avvento delle diete e la guerra costante ai chili di troppo ed al colesterolo, sono diventate molto rare ed altre si sono addirittura perse, c’è ad esempio una appetitosa ricetta di pane fritto con delle verdure selvatiche che a casa mia si prepara - con l’intento proprio di non perderne le tracce - una sola volta all’anno.
Quel che è certo è che ogni tanto un bel piatto di Patate e peperoni alla calabrese non può sicuramente farci male anche perché il segreto della buona frittura di casa nostra è l’olio, rigorosamente extra-vergine d’oliva.
Laviamo, peliamo ed affettiamo a rondelle quattro o cinque patate. Puliamo due peperoni di quelli lunghi e ricaviamone delle striscioline. Mettiamo abbondante olio in una padella ed insieme uno spicchio d’aglio, le patate ed i peperoni e friggiamo a fuoco vivace mescolando ogni tanto, finché le patate non diventano un poco scrocchiarelle (croccanti) e dorate. Aggiungiamo il sale e poi leviamole dalla padella con un mestolo forato ed ecco le nostre patate e peperoni tradizionali.