2008-05-05

Bocconcini alla ricotta con pesce spada affumicato e insalata di carciofi

Dei panini alla ricotta vi avevo già parlato, solo che qualche giorno fa li ho rifatti in versione bocconcino finger-food e li ho farciti in modo diverso, ne son venuti fuori dei deliziosi bocconcini (da mangiare in numero non inferiore a tre per volta) ma il segreto oltre che nel pane sta nel meraviglioso ed insolito ripieno a base di pesce Spada Affumicato Campisi della Bottega Esperya. I prodotti dell'Azienda Campisi orami li conosco ma il pesce spada affumicato mi ha conquistata. Non si tratta del solito pesce spada affettato e sottovuoto che troviamo al supermercato e che sa di plastica e di finto, parlo di un vero pezzo di pesce spada che ho affettato sottilmente con la lama di un coltello e che al taglio ha rivelato oltre al sapore tipicamente di mare, il delizioso colore rosa tenue delle carni. Io adoro il salmone affumicato ma quando ho assaggiato questo pesce spada ho dovuto rivedere la mia personale classifica dei pesci affumicati.
L'ho assaggiato anche con le linguine dopo averlo appena saltato in padella con cipolla ed aneto ed anche in quella versione il gusto è sorprendente, ma nella versione a crudo con i carciofi rimane il mio preferito. I carciofi li ho puliti, affettati sottilmente e conditi con olio, limone, sale, pepe e qualche fogliolina di nepetella selvatica. In mancanza della nepetella va benissimo anche un pò di mentuccia fresca. Forse non è una vera propria ricetta ma provateli e poi ditemi.

Bocconcini alla ricotta con pesce spada affumicato e insalata di carciofi

Dei panini alla ricotta vi avevo già parlato, solo che qualche giorno fa li ho rifatti in versione bocconcino finger-food e li ho farciti in modo diverso, ne son venuti fuori dei deliziosi bocconcini (da mangiare in numero non inferiore a tre per volta) ma il segreto oltre che nel pane sta nel meraviglioso ed insolito ripieno a base di pesce Spada Affumicato Campisi della Bottega Esperya. I prodotti dell'Azienda Campisi orami li conosco ma il pesce spada affumicato mi ha conquistata. Non si tratta del solito pesce spada affettato e sottovuoto che troviamo al supermercato e che sa di plastica e di finto, parlo di un vero pezzo di pesce spada che ho affettato sottilmente con la lama di un coltello e che al taglio ha rivelato oltre al sapore tipicamente di mare, il delizioso colore rosa tenue delle carni. Io adoro il salmone affumicato ma quando ho assaggiato questo pesce spada ho dovuto rivedere la mia personale classifica dei pesci affumicati.
L'ho assaggiato anche con le linguine dopo averlo appena saltato in padella con cipolla ed aneto ed anche in quella versione il gusto è sorprendente, ma nella versione a crudo con i carciofi rimane il mio preferito. I carciofi li ho puliti, affettati sottilmente e conditi con olio, limone, sale, pepe e qualche fogliolina di nepetella selvatica. In mancanza della nepetella va benissimo anche un pò di mentuccia fresca. Forse non è una vera propria ricetta ma provateli e poi ditemi.

2008-05-02

Pane di segale con noci e uvetta

Il pane alle noci, come ho avuto modo di dire in altra occasione, mi piace parecchio anche perché si abbina in modo eccellente ai formaggi che amo in modo particolare.
Normalmente utilizzo, insieme alla farina bianca della farina integrale, stavolta invece ho provato una variante con la farina di segale e l'aggiunta di uvetta e devo suggerirvi solo di provarlo anche voi dacché è a dir poco meraviglioso.
Essendo domani festa (va bè per molti anche oggi lo è stata) vi lascio la ricetta, si sa mai che vi svegliate con la voglia di impastare!
Le dosi sono per 8 treccine oppure un pane grande o 12 pagnottine a vostro piacere
300 g di farina di grano tenero tipo 00
100 g di farina di segale
12 g di lievito di birra
250 ml di acqua
2 cucchiaini di olio extravergine d’oliva
1 cucchiaino di sale
2 cucchiai di noci spezzettate
2 cucchiai di uva sultanina ammollata

Sciogliamo il lievito nell'acqua tiepida poi impastiamo con le farine mischiate tra loro, l’olio ed il sale, facendo attenzione a che quest’ultimo non venga a diretto contatto con in lievito. Lasciamo lievitare per un paio d’ore.
Poi sgonfiamo la pasta lavorandola con le dita, aggiungiamo le noci e l’uvetta e diamo la forma al nostro pane.
Se vogliamo realizzare una treccia basterà ricavare dall’impasto tre filoncini e poi intrecciarli tra loro. Per le trecce piccole si farà altrettanto avendo cura di fare i filoncini abbastanza sottili. Disponiamo le forme realizzate su una teglia foderata di carta da forno. Lasciamo lievitare ancora un’oretta e poi inforniamo in forno al massimo della temperatura, ponendo nella parte bassa dello stesso una ciotola piena d’acqua, per mantenere il giusto grado di umidità.

Pane di segale con noci e uvetta

Il pane alle noci, come ho avuto modo di dire in altra occasione, mi piace parecchio anche perché si abbina in modo eccellente ai formaggi che amo in modo particolare.
Normalmente utilizzo, insieme alla farina bianca della farina integrale, stavolta invece ho provato una variante con la farina di segale e l'aggiunta di uvetta e devo suggerirvi solo di provarlo anche voi dacché è a dir poco meraviglioso.
Essendo domani festa (va bè per molti anche oggi lo è stata) vi lascio la ricetta, si sa mai che vi svegliate con la voglia di impastare!
Le dosi sono per 8 treccine oppure un pane grande o 12 pagnottine a vostro piacere
300 g di farina di grano tenero tipo 00
100 g di farina di segale
12 g di lievito di birra
250 ml di acqua
2 cucchiaini di olio extravergine d’oliva
1 cucchiaino di sale
2 cucchiai di noci spezzettate
2 cucchiai di uva sultanina ammollata

Sciogliamo il lievito nell'acqua tiepida poi impastiamo con le farine mischiate tra loro, l’olio ed il sale, facendo attenzione a che quest’ultimo non venga a diretto contatto con in lievito. Lasciamo lievitare per un paio d’ore.
Poi sgonfiamo la pasta lavorandola con le dita, aggiungiamo le noci e l’uvetta e diamo la forma al nostro pane.
Se vogliamo realizzare una treccia basterà ricavare dall’impasto tre filoncini e poi intrecciarli tra loro. Per le trecce piccole si farà altrettanto avendo cura di fare i filoncini abbastanza sottili. Disponiamo le forme realizzate su una teglia foderata di carta da forno. Lasciamo lievitare ancora un’oretta e poi inforniamo in forno al massimo della temperatura, ponendo nella parte bassa dello stesso una ciotola piena d’acqua, per mantenere il giusto grado di umidità.

2008-04-30

Cubotti di bavarese allo yogurt

Ho avuto tramite Esperya un vasetto di Marmellata di limoni Egle, una confezione talmente bella ed elegante che a guardarla capisci perchè hanno dato a questa marmellata il nome di una ninfa. Egle, Aretusa, Espera ed Erizia erano le custodi dell’albero dalle mele d’oro, dono di Gea per le nozze di Zeus con Era. Ma una volta superate le remore, lo apro, non lo apro, mi dispiace sciuparlo e via dicendo, mi sono accorta che anche il contenuto è da dei.
Egle è una marmellata prodotta da Colle Vicario con polpa e scorze di limone, aspra al punto giusto, è perfetta per aromatizzare creme e crostate di frutta.
Mi andava però di provarla in qualche abbinamento diverso è così ho prerarato dei cubotti con una base di pan di spagna al cacao ed una fresca bavarese allo yogurt che ho poi arricchito, oltre che visivamente, anche dal punto di vista del gusto con la marmellata di cui vi ho parlato.
Ecco la ricetta per 10-12 cubotti
Per il pan di spagna:
2 uova grandi
75 g di farina 00
75 g di zucchero
2 cucchiai di cacao amaro
Per la bavarese allo yogurt:
300 g di panna fresca
250 g di yogurt
50 g di miele
10 g di gelatina
qualche goccia di aroma vaniglia
Per completare:
Marmellata di limoni Egle
Liquore Cointreau
Iniziamo preparando il pan di spagna montando a lungo le uova con lo zucchero (ameno 15 minuti) uniamo poi la farina setacciata con il cacao e versiamo il composto in una teglia rettandolare o quadrata non troppo grande (di modo che lo spessore del dolce debba essere di un centimentro, un centimentro e mezzo al massimo. Inforniamo a 180° per circa 10-15 minuti poi lasciamo raffreddare su una gratella.
Intanto per la bavarese: mettiamo a bagno in acqua fredda la gelatina, scaldiamo lo yogurt con il miele e tolto dal fuoco sciogliamo nel composto la gelatina strizzata, facendo in modo che si sciolga bene. Aromatizziamo con la vaniglia e lasciamo raffreddare finché inizia ad addensare, a questo punto uniamo la panna montata. Versiamo il composto ottenuto in una teglia rettangolare o quadrata, non troppo grande, foderata di pellicola per alimenti (io ho usato la teglia da plum cake). Tagliamo il pan di spagna alla stessa misura della teglia contenente la bavarese e dopo averlo spruzzato di Cointreau poggiamolo sopra la crema.
Mettiamo in frigo per almeno sei ore finchè risulterà solido. Al momento di servire togliamo la pellicola e capovolgiamo il dolce su un tagliere. Spalmiamo sulla superficie uno strato di Marmellata di limoni scaldata alla quale aggiungeremo due cucchiai di liquore Cointreau e poi tagliamo il dolce a cubotti. Per questa operazione consiglio un bel coltello lungo a lama liscia. I Cubotti sono così pronti per essere serviti

Cubotti di bavarese allo yogurt

Ho avuto tramite Esperya un vasetto di Marmellata di limoni Egle, una confezione talmente bella ed elegante che a guardarla capisci perchè hanno dato a questa marmellata il nome di una ninfa. Egle, Aretusa, Espera ed Erizia erano le custodi dell’albero dalle mele d’oro, dono di Gea per le nozze di Zeus con Era. Ma una volta superate le remore, lo apro, non lo apro, mi dispiace sciuparlo e via dicendo, mi sono accorta che anche il contenuto è da dei.
Egle è una marmellata prodotta da Colle Vicario con polpa e scorze di limone, aspra al punto giusto, è perfetta per aromatizzare creme e crostate di frutta.
Mi andava però di provarla in qualche abbinamento diverso è così ho prerarato dei cubotti con una base di pan di spagna al cacao ed una fresca bavarese allo yogurt che ho poi arricchito, oltre che visivamente, anche dal punto di vista del gusto con la marmellata di cui vi ho parlato.
Ecco la ricetta per 10-12 cubotti
Per il pan di spagna:
2 uova grandi
75 g di farina 00
75 g di zucchero
2 cucchiai di cacao amaro
Per la bavarese allo yogurt:
300 g di panna fresca
250 g di yogurt
50 g di miele
10 g di gelatina
qualche goccia di aroma vaniglia
Per completare:
Marmellata di limoni Egle
Liquore Cointreau
Iniziamo preparando il pan di spagna montando a lungo le uova con lo zucchero (ameno 15 minuti) uniamo poi la farina setacciata con il cacao e versiamo il composto in una teglia rettandolare o quadrata non troppo grande (di modo che lo spessore del dolce debba essere di un centimentro, un centimentro e mezzo al massimo. Inforniamo a 180° per circa 10-15 minuti poi lasciamo raffreddare su una gratella.
Intanto per la bavarese: mettiamo a bagno in acqua fredda la gelatina, scaldiamo lo yogurt con il miele e tolto dal fuoco sciogliamo nel composto la gelatina strizzata, facendo in modo che si sciolga bene. Aromatizziamo con la vaniglia e lasciamo raffreddare finché inizia ad addensare, a questo punto uniamo la panna montata. Versiamo il composto ottenuto in una teglia rettangolare o quadrata, non troppo grande, foderata di pellicola per alimenti (io ho usato la teglia da plum cake). Tagliamo il pan di spagna alla stessa misura della teglia contenente la bavarese e dopo averlo spruzzato di Cointreau poggiamolo sopra la crema.
Mettiamo in frigo per almeno sei ore finchè risulterà solido. Al momento di servire togliamo la pellicola e capovolgiamo il dolce su un tagliere. Spalmiamo sulla superficie uno strato di Marmellata di limoni scaldata alla quale aggiungeremo due cucchiai di liquore Cointreau e poi tagliamo il dolce a cubotti. Per questa operazione consiglio un bel coltello lungo a lama liscia. I Cubotti sono così pronti per essere serviti

2008-04-29

La Torta Goduria: una creazione della mia amica Monica

Oggi ho avuto parecchio da fare dato che mi sta per arrivare la cucina nuova, per cui niente ricetta mia ma una ricetta della mia amica Monica che, vi assicuro, è veramente brava con i dolci.
Mi ha mandato diverse foto e ricette ma vi posto questa che già il nome fa gola.
TORTA GODURIA

Per il Pan di Spagna:
300 g di farina 00
200 g di zucchero
100 g di burro
100 g di latte
50 g di granella di nocciole
30 g di cacao
4 uova
1 bustina di lievito
Per la mousse:
350 g di cioccolato bianco
350 g di panna
1 cucchiaio di rum
150 g di panna montata
Per guarnire:
150 g di cioccolato fondente
150 g di panna liquida
Granella di nocciola

Preparazione:
Sbattete i tuorli con lo zucchero, aggiungete il burro fuso, un bicchiere di latte, le nocciole ed il cacao. Unite la farina un po' alla volta, il lievito ed infine i bianchi montati a neve.
Versate l'impasto in uno stampo imburrato e infarinato e infornate a 180° per 40 minuti circa. Intanto preparate la mousse, facendo sciogliere a bagnomaria il cioccolato bianco con la panna e il rum. Togliete dal fuoco e lasciate raffreddare.
Quando sarà fredda, montatela con la frusta ed amalgamate la panna montata molto lentamente. Tagliate la torta a strati, farcitela con le mousse.
Sciogliete a bagnomaria il cioccolato fondente con la panna liquida e versate il tutto sulla torta. Guarnite i lati con la granella di nocciola.
Grazie Monica!

La Torta Goduria: una creazione della mia amica Monica

Oggi ho avuto parecchio da fare dato che mi sta per arrivare la cucina nuova, per cui niente ricetta mia ma una ricetta della mia amica Monica che, vi assicuro, è veramente brava con i dolci.
Mi ha mandato diverse foto e ricette ma vi posto questa che già il nome fa gola.
TORTA GODURIA

Per il Pan di Spagna:
300 g di farina 00
200 g di zucchero
100 g di burro
100 g di latte
50 g di granella di nocciole
30 g di cacao
4 uova
1 bustina di lievito
Per la mousse:
350 g di cioccolato bianco
350 g di panna
1 cucchiaio di rum
150 g di panna montata
Per guarnire:
150 g di cioccolato fondente
150 g di panna liquida
Granella di nocciola

Preparazione:
Sbattete i tuorli con lo zucchero, aggiungete il burro fuso, un bicchiere di latte, le nocciole ed il cacao. Unite la farina un po' alla volta, il lievito ed infine i bianchi montati a neve.
Versate l'impasto in uno stampo imburrato e infarinato e infornate a 180° per 40 minuti circa. Intanto preparate la mousse, facendo sciogliere a bagnomaria il cioccolato bianco con la panna e il rum. Togliete dal fuoco e lasciate raffreddare.
Quando sarà fredda, montatela con la frusta ed amalgamate la panna montata molto lentamente. Tagliate la torta a strati, farcitela con le mousse.
Sciogliete a bagnomaria il cioccolato fondente con la panna liquida e versate il tutto sulla torta. Guarnite i lati con la granella di nocciola.
Grazie Monica!

2008-04-28

Il mio piatto della consolazione? Gli gnocchi di patate

Mi è stato chiesto, prima da Alessia e poi da Max, di parlare del mio "piatto della consolazione", ovvero di quel piatto che è capace di tirarmi su nei momenti un pò tristi, il piatto -aggiungerei io- che se anche la giornata non è stata delle migliori riesce a farmi dimenticare tutto e a stamparmi sul volto quel sorrisetto da bimba felice. Ci sono molti dolci che mi danno una sensazione simile, poi ci sono i risotti, le lasagne ed a volte un semplice panino (condito come Dio comanda), ma il mio vero piatto della consolazione sono gli gnocchi di patate preparati in casa e conditi col sugo di carne o di pomodoro o con il gorgonzola o in mille altri modi purchè siano gnocchi veri, di vere patate. Ho voluto rendere questo piatto gradevole anche alla vista per dimostrare che in fondo è possibile servire i classici gnocchi con un vestitino della festa.

Gnocchi al sugo di coda in cestino di parmigiano
Per il sugo:
coda di bovino adulto
passata di pomodoro
cipolla, carota e sedano
olio extravergine d'oliva
sale e pepe
Per gli gnocchi:
1 kg di patate
300 g di farina 00
1 uovo
Per i cestini e per condire:
Parmigiano grattugiato in abbondanza

Iniziamo dal sugo, per fare le cose per bene non bisogna aver fretta, per questo tipo di sugo ci vuole una lenta cottura.
Tritiamo cipolla, carota e sedano e soffriggiamole con l'olio, uniamo la coda spezzettata, rosoliamo, saliamo, pepiamo ed aggiungiamo la passata di pomodoro. Uniamo dell'acqua copriamo la pentola e lasciamo cuocere per tre ore circa o pure più (mi raccomando però mai superare le sei ore di cottura).
Per gli gnocchi: lessiamo le patate, passiamole con l'apposito attrezzo ottenendo una purea, aggiungiamo la farina e l'uovo e poi stendiamo l'impasto con le mani in un filoncino sottile da cui ricaveremo tanti tocchetti che caveremo con la punta delle dita. Versiamoli in acqua bollente e tiriamoli su man mano che vengono a galla. Condiamoli con il sugo preparato.
Prepariamo i cestini di parmigiano versando tre - quattro cucchiaiate di formaggio in una padella calda antiaderente, quando il formaggio si rapprende versiamo il disco ottenuto cu una ciotola rovesciata sul piano di lavoro facendogli prendere la forma di una ciotola nella quale serviremo (subito prima che si sciolga) i nostri gnocchi.
Ho dimenticato che devo passare la palla a qualcuno, ufficialmente la passo a Grazia ma ufficiosamente a chiunque abbia voglia di rispondere.

Il mio piatto della consolazione? Gli gnocchi di patate

Mi è stato chiesto, prima da Alessia e poi da Max, di parlare del mio "piatto della consolazione", ovvero di quel piatto che è capace di tirarmi su nei momenti un pò tristi, il piatto -aggiungerei io- che se anche la giornata non è stata delle migliori riesce a farmi dimenticare tutto e a stamparmi sul volto quel sorrisetto da bimba felice. Ci sono molti dolci che mi danno una sensazione simile, poi ci sono i risotti, le lasagne ed a volte un semplice panino (condito come Dio comanda), ma il mio vero piatto della consolazione sono gli gnocchi di patate preparati in casa e conditi col sugo di carne o di pomodoro o con il gorgonzola o in mille altri modi purchè siano gnocchi veri, di vere patate. Ho voluto rendere questo piatto gradevole anche alla vista per dimostrare che in fondo è possibile servire i classici gnocchi con un vestitino della festa.

Gnocchi al sugo di coda in cestino di parmigiano
Per il sugo:
coda di bovino adulto
passata di pomodoro
cipolla, carota e sedano
olio extravergine d'oliva
sale e pepe
Per gli gnocchi:
1 kg di patate
300 g di farina 00
1 uovo
Per i cestini e per condire:
Parmigiano grattugiato in abbondanza

Iniziamo dal sugo, per fare le cose per bene non bisogna aver fretta, per questo tipo di sugo ci vuole una lenta cottura.
Tritiamo cipolla, carota e sedano e soffriggiamole con l'olio, uniamo la coda spezzettata, rosoliamo, saliamo, pepiamo ed aggiungiamo la passata di pomodoro. Uniamo dell'acqua copriamo la pentola e lasciamo cuocere per tre ore circa o pure più (mi raccomando però mai superare le sei ore di cottura).
Per gli gnocchi: lessiamo le patate, passiamole con l'apposito attrezzo ottenendo una purea, aggiungiamo la farina e l'uovo e poi stendiamo l'impasto con le mani in un filoncino sottile da cui ricaveremo tanti tocchetti che caveremo con la punta delle dita. Versiamoli in acqua bollente e tiriamoli su man mano che vengono a galla. Condiamoli con il sugo preparato.
Prepariamo i cestini di parmigiano versando tre - quattro cucchiaiate di formaggio in una padella calda antiaderente, quando il formaggio si rapprende versiamo il disco ottenuto cu una ciotola rovesciata sul piano di lavoro facendogli prendere la forma di una ciotola nella quale serviremo (subito prima che si sciolga) i nostri gnocchi.
Ho dimenticato che devo passare la palla a qualcuno, ufficialmente la passo a Grazia ma ufficiosamente a chiunque abbia voglia di rispondere.

2008-04-26

La prima cena Slow Food al Kamastra di Civita

Forse non tutti sanno che nel cosentino vivono numerose comunità italo-albanesi (arbereshe) che vi giunsero - dopo il 1440 - a seguito del condottiero Giorgio Castriota Skanderbeg, quando il loro paese venne invaso dagli ottomani. Qui fondarono diversi paesi perlopiù arroccati sulle montagne in zone spopolate e bisognose di manodopera. Incontrarono difficoltà all'integrazione per la resistenza opposta dalle popolazioni locali e dalla chiesa, questo rafforzò ancor di più l'attaccamento alle loro tradizioni, tanto che ancor oggi tutti parlano ancora l'idioma arbereshe e molte di queste etnie segue ancora, in materia religiosa, il rito greco cristiano ortodossa.
Il mio paese non appartiene a queste comunità ma ne è circondato, una di queste meravigliose ed inconsuete realtà è Civita o Cift come dicono gli arberesche.
In omaggio a questa cultura nell'ambito del progetto Slow Food che, con non poche difficoltà, sto cercando di portare avanti nel territorio del Pollino Calabrese e dell'Alto Ionio ho voluto, con l'aiuto dell'amico e collega Avv. Enzo Filardi del Ristorante Kamastra di Civita, approfondire con una cena a tema la conoscenza di questa popolazione. La sala ristorante del Kamastra è stata ricavata da locali adibiti negli anni '50 a filanda, con archi in mattoni antichi e soffitti in legno. L'arredamento è rustico ma sobrio, con pezzi artigianali di provenienza familiare. La cucina è particolarmente casereccia ed unisce alla cultura gastronomica del Pollino gli influssi di provenienza arbereche che caratterizzano poi la cucina di tutta la comunità locale. Una vera cucina casaliga dove tutto è a chilometri zero, i proprietari possono elencare senza difficoltà la provenienza di ogni singolo prodotto che viene servito. Ottimi i salumi ed i formaggi prodotti in zona, eccezionali i fagioli di una varietà locale di piccolo formato con pellicina impalpabile. Tra le carni va menzionato il capretto alla civitese, cotto al tegame, e sicuramente particolare attenzione va riservata ai primi.
Abbiamo potuto assaggiare due ottimi piatti, di uno però in particolare avrei intenzione di parlarvi perchè non ha eguali, ad iniziare dal nome Dromësat - ‘La pasta dei poveri’, sembrerebbe che il nome in sè significhi pasta di piccolo formato, solo che questo piatto è qualcosa di più e di diverso, si tratta di grumi di pasta ottenuti per sfregamento (una specie di cus-cus), cotti poi in un sugo brodoso e serviti asciutti con sugo e costolette di maiale, credetemi una vera prelibatezza anche perchè la farina utilizzata per preparare la Dromësat (la pronuncia dovrebbe essere Dromsa) viene spruzzata d'acqua intingendo nel liquido dei rametti di origano, quest'erba profumata trasmette il suo aroma ai grumi di pasta che si vanno a formare ed il risultato è qualcosa di eccezionale, seppur non leggerissimo, un buon piatto unico direi (anche se noi l'abbiamo mangiato dopo un ricco antipasto e prima di un altro primo, un secondo con contorno ed un dolce, ma questa è un'altra storia).
A conclusione della cena ci sono stati serviti i crustuli caldi, dei dolci tipici simili ai cannaricoli, originariamente preparati solo nelle festività natalizie, con marmellata di agrumi, mosto cotto (credo) e cannella, una vera squisitezza che abbiamo mandato giù con un eccellente liquore di Piretto (un agrume quasi dimenticato) di fattura casalinga.
Lo so che con la Dromësat vi ho incuriosito abbastanza per cui, oltre alla foto scattata quella sera, vi lascio anche la ricetta che ho trovato sul sito del locale
InDromësat(Il piatto dei poveri)

Ingredienti per 4 persone:
300 g di farina
3 rametti di origano
Per il sugo:
4 costolette di maiale
2 spicchi d'aglio
1 cipolla
300 g di salsa di pomodoro
4 cucchiai di olio
1 ciuffetto di prezzemolo
sale e pepe nero
Per la preparazione della pasta:
Disponete la farina sulla spianatoia livellandola a spessore, alta circa due dita. Bagnate il rametto di origano in una ciotolina d’acquae ‘benedite’ la farina, riversandovi l’acqua a pioggia. Strofinate tra le mani la farina così inumidita, fino a ricavarne piccoli grumi, che curerete di setacciare lasciando cadere nella spianatoia la farina residua. Ripetere l’operazione, fino a rendere tutta la farina a grumi.
Per la preparazione del sugo:
In una pentola, soffriggete in olio d’oliva aglio e cipolla insieme con le costolette di maiale per pochi minuti, fino a dorare l’aglio. Versate la salsa di pomodoro, il prezzemolo tritato, un pizzico di pepe e sale quanto basta, facendo cuocere il tutto per circa trenta minuti. A cottura ultimata, allungate il sugo con un po’ di acqua (meglio il brodo di carne) fino a renderlo brodoso.
Per la preparazione del piatto:
Portate ad ebollizione il sugo e moderate la fiamma. Versate dentro la pentola i grumi di pasta, mescolando rapidamente sempre nello stesso verso per pochi minuti, fino a quando non si ottiene un composto ben amalgamato. Versate dromësat nelle ciotole di terracotta cospargendo di sopra abbondante formaggio pecorino del Pollino o meglio ricotta stagionata di Bellizzia. Servite in tavola aggiungendovi sopra ancora un cucchiaio di olio al peperoncino piccante.

La prima cena Slow Food al Kamastra di Civita

Forse non tutti sanno che nel cosentino vivono numerose comunità italo-albanesi (arbereshe) che vi giunsero - dopo il 1440 - a seguito del condottiero Giorgio Castriota Skanderbeg, quando il loro paese venne invaso dagli ottomani. Qui fondarono diversi paesi perlopiù arroccati sulle montagne in zone spopolate e bisognose di manodopera. Incontrarono difficoltà all'integrazione per la resistenza opposta dalle popolazioni locali e dalla chiesa, questo rafforzò ancor di più l'attaccamento alle loro tradizioni, tanto che ancor oggi tutti parlano ancora l'idioma arbereshe e molte di queste etnie segue ancora, in materia religiosa, il rito greco cristiano ortodossa.
Il mio paese non appartiene a queste comunità ma ne è circondato, una di queste meravigliose ed inconsuete realtà è Civita o Cift come dicono gli arberesche.
In omaggio a questa cultura nell'ambito del progetto Slow Food che, con non poche difficoltà, sto cercando di portare avanti nel territorio del Pollino Calabrese e dell'Alto Ionio ho voluto, con l'aiuto dell'amico e collega Avv. Enzo Filardi del Ristorante Kamastra di Civita, approfondire con una cena a tema la conoscenza di questa popolazione. La sala ristorante del Kamastra è stata ricavata da locali adibiti negli anni '50 a filanda, con archi in mattoni antichi e soffitti in legno. L'arredamento è rustico ma sobrio, con pezzi artigianali di provenienza familiare. La cucina è particolarmente casereccia ed unisce alla cultura gastronomica del Pollino gli influssi di provenienza arbereche che caratterizzano poi la cucina di tutta la comunità locale. Una vera cucina casaliga dove tutto è a chilometri zero, i proprietari possono elencare senza difficoltà la provenienza di ogni singolo prodotto che viene servito. Ottimi i salumi ed i formaggi prodotti in zona, eccezionali i fagioli di una varietà locale di piccolo formato con pellicina impalpabile. Tra le carni va menzionato il capretto alla civitese, cotto al tegame, e sicuramente particolare attenzione va riservata ai primi.
Abbiamo potuto assaggiare due ottimi piatti, di uno però in particolare avrei intenzione di parlarvi perchè non ha eguali, ad iniziare dal nome Dromësat - ‘La pasta dei poveri’, sembrerebbe che il nome in sè significhi pasta di piccolo formato, solo che questo piatto è qualcosa di più e di diverso, si tratta di grumi di pasta ottenuti per sfregamento (una specie di cus-cus), cotti poi in un sugo brodoso e serviti asciutti con sugo e costolette di maiale, credetemi una vera prelibatezza anche perchè la farina utilizzata per preparare la Dromësat (la pronuncia dovrebbe essere Dromsa) viene spruzzata d'acqua intingendo nel liquido dei rametti di origano, quest'erba profumata trasmette il suo aroma ai grumi di pasta che si vanno a formare ed il risultato è qualcosa di eccezionale, seppur non leggerissimo, un buon piatto unico direi (anche se noi l'abbiamo mangiato dopo un ricco antipasto e prima di un altro primo, un secondo con contorno ed un dolce, ma questa è un'altra storia).
A conclusione della cena ci sono stati serviti i crustuli caldi, dei dolci tipici simili ai cannaricoli, originariamente preparati solo nelle festività natalizie, con marmellata di agrumi, mosto cotto (credo) e cannella, una vera squisitezza che abbiamo mandato giù con un eccellente liquore di Piretto (un agrume quasi dimenticato) di fattura casalinga.
Lo so che con la Dromësat vi ho incuriosito abbastanza per cui, oltre alla foto scattata quella sera, vi lascio anche la ricetta che ho trovato sul sito del locale
InDromësat(Il piatto dei poveri)

Ingredienti per 4 persone:
300 g di farina
3 rametti di origano
Per il sugo:
4 costolette di maiale
2 spicchi d'aglio
1 cipolla
300 g di salsa di pomodoro
4 cucchiai di olio
1 ciuffetto di prezzemolo
sale e pepe nero
Per la preparazione della pasta:
Disponete la farina sulla spianatoia livellandola a spessore, alta circa due dita. Bagnate il rametto di origano in una ciotolina d’acquae ‘benedite’ la farina, riversandovi l’acqua a pioggia. Strofinate tra le mani la farina così inumidita, fino a ricavarne piccoli grumi, che curerete di setacciare lasciando cadere nella spianatoia la farina residua. Ripetere l’operazione, fino a rendere tutta la farina a grumi.
Per la preparazione del sugo:
In una pentola, soffriggete in olio d’oliva aglio e cipolla insieme con le costolette di maiale per pochi minuti, fino a dorare l’aglio. Versate la salsa di pomodoro, il prezzemolo tritato, un pizzico di pepe e sale quanto basta, facendo cuocere il tutto per circa trenta minuti. A cottura ultimata, allungate il sugo con un po’ di acqua (meglio il brodo di carne) fino a renderlo brodoso.
Per la preparazione del piatto:
Portate ad ebollizione il sugo e moderate la fiamma. Versate dentro la pentola i grumi di pasta, mescolando rapidamente sempre nello stesso verso per pochi minuti, fino a quando non si ottiene un composto ben amalgamato. Versate dromësat nelle ciotole di terracotta cospargendo di sopra abbondante formaggio pecorino del Pollino o meglio ricotta stagionata di Bellizzia. Servite in tavola aggiungendovi sopra ancora un cucchiaio di olio al peperoncino piccante.

2008-04-24

Zuppetta di cicorie selvatiche e gamberi con crostini agliati

E' da un pò di tempo che mi sento particolarmente attratta da erbe e piante selvatiche, ogni volta che mi trovo nei campi passo in rassegna quelle di mia conoscenza, cerco di scoprirne di nuove, tediando in continuazione mamma e nonna acchè mi spieghino i segreti per riconoscerle.
Mi sono accorta che in mezzo ai campi ci sono risorse culinarie immense, prelibatezze che crescono in nelle avversità senza che nessuno gli abbia mai chiesto di farlo, piante "generose" nel vero senso della parola.
Ho utilizzato per questa gustosa zuppa la cicoria selvatica o "cicoria matta" come dicono in alcune regioni d'Italia, di gusto più amarognolo rispetto alle varietà coltivate. Poichè la raccolta si effettua in questo periodo ho pensato di parlarne oggi, si sa mai che nei proddimi giorni di ponte abbiate voglia di andare per cicorie...
La ricetta è tratta (con lievi modifiche) da un numero di Spazio Cucina, un bellissimo mensile che da qualche mese non trovo, purtroppo, più in edicola.
Ingredienti per 4 persone:
800 g di gamberi interi
2 kg c.a. di cicoria selvatica
1 carota
1 gambo di sedano
1 cipolla olio extravergine d'oliva
sale e pepe
4 fette di pane casereccio
1 spicchio d'aglio
Sgusciamo i gamberi. Stufiamo i gusci e le teste con un pò d'olio, la carota, il sedano e la cipolla, copriamo d'acqua e lasciamo cuocere per mezz'oretta, infine scoliamo e filtriamo. Puliamo le cicorie e lessiamole in acqua salata, scoliamole strizzandole bene e poi tagliamole finemente, versiamole nel brodo e lasciamo cuocere per 10-15 minuti, poi aggiungiamo le code di gambero e facciamo cuocere per 3-5 minuti. Tostiamo le fette di pane e quando sono ancora calde strofiniamole con l'aglio. Suddividiamo la zuppa nelle scodelle, condiamo con un filo d'olio e accompagniamo coi crostini preparati.