2008-04-28

Il mio piatto della consolazione? Gli gnocchi di patate

Mi è stato chiesto, prima da Alessia e poi da Max, di parlare del mio "piatto della consolazione", ovvero di quel piatto che è capace di tirarmi su nei momenti un pò tristi, il piatto -aggiungerei io- che se anche la giornata non è stata delle migliori riesce a farmi dimenticare tutto e a stamparmi sul volto quel sorrisetto da bimba felice. Ci sono molti dolci che mi danno una sensazione simile, poi ci sono i risotti, le lasagne ed a volte un semplice panino (condito come Dio comanda), ma il mio vero piatto della consolazione sono gli gnocchi di patate preparati in casa e conditi col sugo di carne o di pomodoro o con il gorgonzola o in mille altri modi purchè siano gnocchi veri, di vere patate. Ho voluto rendere questo piatto gradevole anche alla vista per dimostrare che in fondo è possibile servire i classici gnocchi con un vestitino della festa.

Gnocchi al sugo di coda in cestino di parmigiano
Per il sugo:
coda di bovino adulto
passata di pomodoro
cipolla, carota e sedano
olio extravergine d'oliva
sale e pepe
Per gli gnocchi:
1 kg di patate
300 g di farina 00
1 uovo
Per i cestini e per condire:
Parmigiano grattugiato in abbondanza

Iniziamo dal sugo, per fare le cose per bene non bisogna aver fretta, per questo tipo di sugo ci vuole una lenta cottura.
Tritiamo cipolla, carota e sedano e soffriggiamole con l'olio, uniamo la coda spezzettata, rosoliamo, saliamo, pepiamo ed aggiungiamo la passata di pomodoro. Uniamo dell'acqua copriamo la pentola e lasciamo cuocere per tre ore circa o pure più (mi raccomando però mai superare le sei ore di cottura).
Per gli gnocchi: lessiamo le patate, passiamole con l'apposito attrezzo ottenendo una purea, aggiungiamo la farina e l'uovo e poi stendiamo l'impasto con le mani in un filoncino sottile da cui ricaveremo tanti tocchetti che caveremo con la punta delle dita. Versiamoli in acqua bollente e tiriamoli su man mano che vengono a galla. Condiamoli con il sugo preparato.
Prepariamo i cestini di parmigiano versando tre - quattro cucchiaiate di formaggio in una padella calda antiaderente, quando il formaggio si rapprende versiamo il disco ottenuto cu una ciotola rovesciata sul piano di lavoro facendogli prendere la forma di una ciotola nella quale serviremo (subito prima che si sciolga) i nostri gnocchi.
Ho dimenticato che devo passare la palla a qualcuno, ufficialmente la passo a Grazia ma ufficiosamente a chiunque abbia voglia di rispondere.

Il mio piatto della consolazione? Gli gnocchi di patate

Mi è stato chiesto, prima da Alessia e poi da Max, di parlare del mio "piatto della consolazione", ovvero di quel piatto che è capace di tirarmi su nei momenti un pò tristi, il piatto -aggiungerei io- che se anche la giornata non è stata delle migliori riesce a farmi dimenticare tutto e a stamparmi sul volto quel sorrisetto da bimba felice. Ci sono molti dolci che mi danno una sensazione simile, poi ci sono i risotti, le lasagne ed a volte un semplice panino (condito come Dio comanda), ma il mio vero piatto della consolazione sono gli gnocchi di patate preparati in casa e conditi col sugo di carne o di pomodoro o con il gorgonzola o in mille altri modi purchè siano gnocchi veri, di vere patate. Ho voluto rendere questo piatto gradevole anche alla vista per dimostrare che in fondo è possibile servire i classici gnocchi con un vestitino della festa.

Gnocchi al sugo di coda in cestino di parmigiano
Per il sugo:
coda di bovino adulto
passata di pomodoro
cipolla, carota e sedano
olio extravergine d'oliva
sale e pepe
Per gli gnocchi:
1 kg di patate
300 g di farina 00
1 uovo
Per i cestini e per condire:
Parmigiano grattugiato in abbondanza

Iniziamo dal sugo, per fare le cose per bene non bisogna aver fretta, per questo tipo di sugo ci vuole una lenta cottura.
Tritiamo cipolla, carota e sedano e soffriggiamole con l'olio, uniamo la coda spezzettata, rosoliamo, saliamo, pepiamo ed aggiungiamo la passata di pomodoro. Uniamo dell'acqua copriamo la pentola e lasciamo cuocere per tre ore circa o pure più (mi raccomando però mai superare le sei ore di cottura).
Per gli gnocchi: lessiamo le patate, passiamole con l'apposito attrezzo ottenendo una purea, aggiungiamo la farina e l'uovo e poi stendiamo l'impasto con le mani in un filoncino sottile da cui ricaveremo tanti tocchetti che caveremo con la punta delle dita. Versiamoli in acqua bollente e tiriamoli su man mano che vengono a galla. Condiamoli con il sugo preparato.
Prepariamo i cestini di parmigiano versando tre - quattro cucchiaiate di formaggio in una padella calda antiaderente, quando il formaggio si rapprende versiamo il disco ottenuto cu una ciotola rovesciata sul piano di lavoro facendogli prendere la forma di una ciotola nella quale serviremo (subito prima che si sciolga) i nostri gnocchi.
Ho dimenticato che devo passare la palla a qualcuno, ufficialmente la passo a Grazia ma ufficiosamente a chiunque abbia voglia di rispondere.

2008-04-26

La prima cena Slow Food al Kamastra di Civita

Forse non tutti sanno che nel cosentino vivono numerose comunità italo-albanesi (arbereshe) che vi giunsero - dopo il 1440 - a seguito del condottiero Giorgio Castriota Skanderbeg, quando il loro paese venne invaso dagli ottomani. Qui fondarono diversi paesi perlopiù arroccati sulle montagne in zone spopolate e bisognose di manodopera. Incontrarono difficoltà all'integrazione per la resistenza opposta dalle popolazioni locali e dalla chiesa, questo rafforzò ancor di più l'attaccamento alle loro tradizioni, tanto che ancor oggi tutti parlano ancora l'idioma arbereshe e molte di queste etnie segue ancora, in materia religiosa, il rito greco cristiano ortodossa.
Il mio paese non appartiene a queste comunità ma ne è circondato, una di queste meravigliose ed inconsuete realtà è Civita o Cift come dicono gli arberesche.
In omaggio a questa cultura nell'ambito del progetto Slow Food che, con non poche difficoltà, sto cercando di portare avanti nel territorio del Pollino Calabrese e dell'Alto Ionio ho voluto, con l'aiuto dell'amico e collega Avv. Enzo Filardi del Ristorante Kamastra di Civita, approfondire con una cena a tema la conoscenza di questa popolazione. La sala ristorante del Kamastra è stata ricavata da locali adibiti negli anni '50 a filanda, con archi in mattoni antichi e soffitti in legno. L'arredamento è rustico ma sobrio, con pezzi artigianali di provenienza familiare. La cucina è particolarmente casereccia ed unisce alla cultura gastronomica del Pollino gli influssi di provenienza arbereche che caratterizzano poi la cucina di tutta la comunità locale. Una vera cucina casaliga dove tutto è a chilometri zero, i proprietari possono elencare senza difficoltà la provenienza di ogni singolo prodotto che viene servito. Ottimi i salumi ed i formaggi prodotti in zona, eccezionali i fagioli di una varietà locale di piccolo formato con pellicina impalpabile. Tra le carni va menzionato il capretto alla civitese, cotto al tegame, e sicuramente particolare attenzione va riservata ai primi.
Abbiamo potuto assaggiare due ottimi piatti, di uno però in particolare avrei intenzione di parlarvi perchè non ha eguali, ad iniziare dal nome Dromësat - ‘La pasta dei poveri’, sembrerebbe che il nome in sè significhi pasta di piccolo formato, solo che questo piatto è qualcosa di più e di diverso, si tratta di grumi di pasta ottenuti per sfregamento (una specie di cus-cus), cotti poi in un sugo brodoso e serviti asciutti con sugo e costolette di maiale, credetemi una vera prelibatezza anche perchè la farina utilizzata per preparare la Dromësat (la pronuncia dovrebbe essere Dromsa) viene spruzzata d'acqua intingendo nel liquido dei rametti di origano, quest'erba profumata trasmette il suo aroma ai grumi di pasta che si vanno a formare ed il risultato è qualcosa di eccezionale, seppur non leggerissimo, un buon piatto unico direi (anche se noi l'abbiamo mangiato dopo un ricco antipasto e prima di un altro primo, un secondo con contorno ed un dolce, ma questa è un'altra storia).
A conclusione della cena ci sono stati serviti i crustuli caldi, dei dolci tipici simili ai cannaricoli, originariamente preparati solo nelle festività natalizie, con marmellata di agrumi, mosto cotto (credo) e cannella, una vera squisitezza che abbiamo mandato giù con un eccellente liquore di Piretto (un agrume quasi dimenticato) di fattura casalinga.
Lo so che con la Dromësat vi ho incuriosito abbastanza per cui, oltre alla foto scattata quella sera, vi lascio anche la ricetta che ho trovato sul sito del locale
InDromësat(Il piatto dei poveri)

Ingredienti per 4 persone:
300 g di farina
3 rametti di origano
Per il sugo:
4 costolette di maiale
2 spicchi d'aglio
1 cipolla
300 g di salsa di pomodoro
4 cucchiai di olio
1 ciuffetto di prezzemolo
sale e pepe nero
Per la preparazione della pasta:
Disponete la farina sulla spianatoia livellandola a spessore, alta circa due dita. Bagnate il rametto di origano in una ciotolina d’acquae ‘benedite’ la farina, riversandovi l’acqua a pioggia. Strofinate tra le mani la farina così inumidita, fino a ricavarne piccoli grumi, che curerete di setacciare lasciando cadere nella spianatoia la farina residua. Ripetere l’operazione, fino a rendere tutta la farina a grumi.
Per la preparazione del sugo:
In una pentola, soffriggete in olio d’oliva aglio e cipolla insieme con le costolette di maiale per pochi minuti, fino a dorare l’aglio. Versate la salsa di pomodoro, il prezzemolo tritato, un pizzico di pepe e sale quanto basta, facendo cuocere il tutto per circa trenta minuti. A cottura ultimata, allungate il sugo con un po’ di acqua (meglio il brodo di carne) fino a renderlo brodoso.
Per la preparazione del piatto:
Portate ad ebollizione il sugo e moderate la fiamma. Versate dentro la pentola i grumi di pasta, mescolando rapidamente sempre nello stesso verso per pochi minuti, fino a quando non si ottiene un composto ben amalgamato. Versate dromësat nelle ciotole di terracotta cospargendo di sopra abbondante formaggio pecorino del Pollino o meglio ricotta stagionata di Bellizzia. Servite in tavola aggiungendovi sopra ancora un cucchiaio di olio al peperoncino piccante.

La prima cena Slow Food al Kamastra di Civita

Forse non tutti sanno che nel cosentino vivono numerose comunità italo-albanesi (arbereshe) che vi giunsero - dopo il 1440 - a seguito del condottiero Giorgio Castriota Skanderbeg, quando il loro paese venne invaso dagli ottomani. Qui fondarono diversi paesi perlopiù arroccati sulle montagne in zone spopolate e bisognose di manodopera. Incontrarono difficoltà all'integrazione per la resistenza opposta dalle popolazioni locali e dalla chiesa, questo rafforzò ancor di più l'attaccamento alle loro tradizioni, tanto che ancor oggi tutti parlano ancora l'idioma arbereshe e molte di queste etnie segue ancora, in materia religiosa, il rito greco cristiano ortodossa.
Il mio paese non appartiene a queste comunità ma ne è circondato, una di queste meravigliose ed inconsuete realtà è Civita o Cift come dicono gli arberesche.
In omaggio a questa cultura nell'ambito del progetto Slow Food che, con non poche difficoltà, sto cercando di portare avanti nel territorio del Pollino Calabrese e dell'Alto Ionio ho voluto, con l'aiuto dell'amico e collega Avv. Enzo Filardi del Ristorante Kamastra di Civita, approfondire con una cena a tema la conoscenza di questa popolazione. La sala ristorante del Kamastra è stata ricavata da locali adibiti negli anni '50 a filanda, con archi in mattoni antichi e soffitti in legno. L'arredamento è rustico ma sobrio, con pezzi artigianali di provenienza familiare. La cucina è particolarmente casereccia ed unisce alla cultura gastronomica del Pollino gli influssi di provenienza arbereche che caratterizzano poi la cucina di tutta la comunità locale. Una vera cucina casaliga dove tutto è a chilometri zero, i proprietari possono elencare senza difficoltà la provenienza di ogni singolo prodotto che viene servito. Ottimi i salumi ed i formaggi prodotti in zona, eccezionali i fagioli di una varietà locale di piccolo formato con pellicina impalpabile. Tra le carni va menzionato il capretto alla civitese, cotto al tegame, e sicuramente particolare attenzione va riservata ai primi.
Abbiamo potuto assaggiare due ottimi piatti, di uno però in particolare avrei intenzione di parlarvi perchè non ha eguali, ad iniziare dal nome Dromësat - ‘La pasta dei poveri’, sembrerebbe che il nome in sè significhi pasta di piccolo formato, solo che questo piatto è qualcosa di più e di diverso, si tratta di grumi di pasta ottenuti per sfregamento (una specie di cus-cus), cotti poi in un sugo brodoso e serviti asciutti con sugo e costolette di maiale, credetemi una vera prelibatezza anche perchè la farina utilizzata per preparare la Dromësat (la pronuncia dovrebbe essere Dromsa) viene spruzzata d'acqua intingendo nel liquido dei rametti di origano, quest'erba profumata trasmette il suo aroma ai grumi di pasta che si vanno a formare ed il risultato è qualcosa di eccezionale, seppur non leggerissimo, un buon piatto unico direi (anche se noi l'abbiamo mangiato dopo un ricco antipasto e prima di un altro primo, un secondo con contorno ed un dolce, ma questa è un'altra storia).
A conclusione della cena ci sono stati serviti i crustuli caldi, dei dolci tipici simili ai cannaricoli, originariamente preparati solo nelle festività natalizie, con marmellata di agrumi, mosto cotto (credo) e cannella, una vera squisitezza che abbiamo mandato giù con un eccellente liquore di Piretto (un agrume quasi dimenticato) di fattura casalinga.
Lo so che con la Dromësat vi ho incuriosito abbastanza per cui, oltre alla foto scattata quella sera, vi lascio anche la ricetta che ho trovato sul sito del locale
InDromësat(Il piatto dei poveri)

Ingredienti per 4 persone:
300 g di farina
3 rametti di origano
Per il sugo:
4 costolette di maiale
2 spicchi d'aglio
1 cipolla
300 g di salsa di pomodoro
4 cucchiai di olio
1 ciuffetto di prezzemolo
sale e pepe nero
Per la preparazione della pasta:
Disponete la farina sulla spianatoia livellandola a spessore, alta circa due dita. Bagnate il rametto di origano in una ciotolina d’acquae ‘benedite’ la farina, riversandovi l’acqua a pioggia. Strofinate tra le mani la farina così inumidita, fino a ricavarne piccoli grumi, che curerete di setacciare lasciando cadere nella spianatoia la farina residua. Ripetere l’operazione, fino a rendere tutta la farina a grumi.
Per la preparazione del sugo:
In una pentola, soffriggete in olio d’oliva aglio e cipolla insieme con le costolette di maiale per pochi minuti, fino a dorare l’aglio. Versate la salsa di pomodoro, il prezzemolo tritato, un pizzico di pepe e sale quanto basta, facendo cuocere il tutto per circa trenta minuti. A cottura ultimata, allungate il sugo con un po’ di acqua (meglio il brodo di carne) fino a renderlo brodoso.
Per la preparazione del piatto:
Portate ad ebollizione il sugo e moderate la fiamma. Versate dentro la pentola i grumi di pasta, mescolando rapidamente sempre nello stesso verso per pochi minuti, fino a quando non si ottiene un composto ben amalgamato. Versate dromësat nelle ciotole di terracotta cospargendo di sopra abbondante formaggio pecorino del Pollino o meglio ricotta stagionata di Bellizzia. Servite in tavola aggiungendovi sopra ancora un cucchiaio di olio al peperoncino piccante.

2008-04-24

Zuppetta di cicorie selvatiche e gamberi con crostini agliati

E' da un pò di tempo che mi sento particolarmente attratta da erbe e piante selvatiche, ogni volta che mi trovo nei campi passo in rassegna quelle di mia conoscenza, cerco di scoprirne di nuove, tediando in continuazione mamma e nonna acchè mi spieghino i segreti per riconoscerle.
Mi sono accorta che in mezzo ai campi ci sono risorse culinarie immense, prelibatezze che crescono in nelle avversità senza che nessuno gli abbia mai chiesto di farlo, piante "generose" nel vero senso della parola.
Ho utilizzato per questa gustosa zuppa la cicoria selvatica o "cicoria matta" come dicono in alcune regioni d'Italia, di gusto più amarognolo rispetto alle varietà coltivate. Poichè la raccolta si effettua in questo periodo ho pensato di parlarne oggi, si sa mai che nei proddimi giorni di ponte abbiate voglia di andare per cicorie...
La ricetta è tratta (con lievi modifiche) da un numero di Spazio Cucina, un bellissimo mensile che da qualche mese non trovo, purtroppo, più in edicola.
Ingredienti per 4 persone:
800 g di gamberi interi
2 kg c.a. di cicoria selvatica
1 carota
1 gambo di sedano
1 cipolla olio extravergine d'oliva
sale e pepe
4 fette di pane casereccio
1 spicchio d'aglio
Sgusciamo i gamberi. Stufiamo i gusci e le teste con un pò d'olio, la carota, il sedano e la cipolla, copriamo d'acqua e lasciamo cuocere per mezz'oretta, infine scoliamo e filtriamo. Puliamo le cicorie e lessiamole in acqua salata, scoliamole strizzandole bene e poi tagliamole finemente, versiamole nel brodo e lasciamo cuocere per 10-15 minuti, poi aggiungiamo le code di gambero e facciamo cuocere per 3-5 minuti. Tostiamo le fette di pane e quando sono ancora calde strofiniamole con l'aglio. Suddividiamo la zuppa nelle scodelle, condiamo con un filo d'olio e accompagniamo coi crostini preparati.

Zuppetta di cicorie selvatiche e gamberi con crostini agliati

E' da un pò di tempo che mi sento particolarmente attratta da erbe e piante selvatiche, ogni volta che mi trovo nei campi passo in rassegna quelle di mia conoscenza, cerco di scoprirne di nuove, tediando in continuazione mamma e nonna acchè mi spieghino i segreti per riconoscerle.
Mi sono accorta che in mezzo ai campi ci sono risorse culinarie immense, prelibatezze che crescono in nelle avversità senza che nessuno gli abbia mai chiesto di farlo, piante "generose" nel vero senso della parola.
Ho utilizzato per questa gustosa zuppa la cicoria selvatica o "cicoria matta" come dicono in alcune regioni d'Italia, di gusto più amarognolo rispetto alle varietà coltivate. Poichè la raccolta si effettua in questo periodo ho pensato di parlarne oggi, si sa mai che nei proddimi giorni di ponte abbiate voglia di andare per cicorie...
La ricetta è tratta (con lievi modifiche) da un numero di Spazio Cucina, un bellissimo mensile che da qualche mese non trovo, purtroppo, più in edicola.
Ingredienti per 4 persone:
800 g di gamberi interi
2 kg c.a. di cicoria selvatica
1 carota
1 gambo di sedano
1 cipolla olio extravergine d'oliva
sale e pepe
4 fette di pane casereccio
1 spicchio d'aglio
Sgusciamo i gamberi. Stufiamo i gusci e le teste con un pò d'olio, la carota, il sedano e la cipolla, copriamo d'acqua e lasciamo cuocere per mezz'oretta, infine scoliamo e filtriamo. Puliamo le cicorie e lessiamole in acqua salata, scoliamole strizzandole bene e poi tagliamole finemente, versiamole nel brodo e lasciamo cuocere per 10-15 minuti, poi aggiungiamo le code di gambero e facciamo cuocere per 3-5 minuti. Tostiamo le fette di pane e quando sono ancora calde strofiniamole con l'aglio. Suddividiamo la zuppa nelle scodelle, condiamo con un filo d'olio e accompagniamo coi crostini preparati.

2008-04-23

Ravioli di carciofi

E dopo mesi di assenza, sempre che ancora mi vogliano, ho deciso di postare una ricetta per il Club Sale & Pepe, non viene dalla rivista ma da Il Meglio di Sale & Pepe dal titolo Carciofi e Patate da Gourmet.
E' stato amore a prima vista. Avevo proprio per le mani dei bei carciofi, ho comprato la ricotta e mi sono messa al lavoro. Come mi capita spesso in questi casi ne ho preparati un quantitativo industriale ma si possono tranquillamente congelare ed utilizzare secondo le necessità. Piccolo avvertimento...tiro la pasta sottilissima, a velo proprio, e quindi quando si condisce bisogna fare attenzione a non sciupare i ravioli.
Gli ingredienti sono per sei persone.
Per il condimento il ricettario prevedeva fiocchetti di burro parmigiano e maggiorana, io ho saltato dei dadini di prosciutto crudo con un poco d'olio e cipolla e cosparso di parmigiano prima di servire guarnendo ogni piatto con qualche fogliolina di maggiorana. Veramente gustosi!
Gli ingredienti sono per sei persone (ma io non vi dico per quanto ho moltiplicato poi le dosi)

Per la pasta:
300 g di farina
1 cucchiaio di olio extravergine d'oliva
1 uovo
sale

Per il ripieno:
6 carciofi con le spine
150 g di ricotta di pecora
1 uovo
2 cucchiai di parmigiano reggiano grattugiato
mezzo limone
1 cipolla piccola
1 spicchio d'aglio
1 mazzetto di prezzemolo e maggiorana
olio extravergine d'oliva
sale e pepe

Impastiamo la farina con l'uovo, un pizzico di sale l'olio e un pò d'acqua tiepida, in modo da ottenere una pasta compatta, liscia ed elastica. Formiamo una palla e lasciamola riposare avvolta in pellicola.
Puliamo i carciofi, tagliamoli a fettine e immergiamoli in acqua acidulata con succo di limone. Scaldiamo in un tegame 3 cucchiai di olio e facciamo soffriggere la cipolla tritata e l'aglio intero schiacciato, eliminiamo l'aglio ed uniamo i carciofi sgocciolati, saliamo, pepiamo e lasciamo cuocere finchè si saranno inteneriti. Tritiamo i carciofi insieme alle erbette (maggiorana e prezzemolo), mettiamoli in una ciotola ed amalgamiamo al composto l'uovo e la ricotta, il parmigiano e un pò di pepe nero macinato al momento. Stendiamo la pasta sottile e ricaviamone delle striscie, posizioniamo a distanza regolare dei mucchietti di ripieno, copriamo con un'altra striscia e, facendo attenzione ad eliminare l'aria sigilliamo i bordi e tagliamo con l'aiuto di una formina tagliapasta o di una semplice rotella. Cuociamoli poi in acqua bollente salata e condiamoli a piacere in uno dei modi che ho gia indicato oppure, come suggerisce la rivista, con una salsa preparata con tre porri tagliati a rondelle sottili, soffritti nel burro e insaporiti con scaglie di parmigiano.

Ravioli di carciofi

E dopo mesi di assenza, sempre che ancora mi vogliano, ho deciso di postare una ricetta per il Club Sale & Pepe, non viene dalla rivista ma da Il Meglio di Sale & Pepe dal titolo Carciofi e Patate da Gourmet.
E' stato amore a prima vista. Avevo proprio per le mani dei bei carciofi, ho comprato la ricotta e mi sono messa al lavoro. Come mi capita spesso in questi casi ne ho preparati un quantitativo industriale ma si possono tranquillamente congelare ed utilizzare secondo le necessità. Piccolo avvertimento...tiro la pasta sottilissima, a velo proprio, e quindi quando si condisce bisogna fare attenzione a non sciupare i ravioli.
Gli ingredienti sono per sei persone.
Per il condimento il ricettario prevedeva fiocchetti di burro parmigiano e maggiorana, io ho saltato dei dadini di prosciutto crudo con un poco d'olio e cipolla e cosparso di parmigiano prima di servire guarnendo ogni piatto con qualche fogliolina di maggiorana. Veramente gustosi!
Gli ingredienti sono per sei persone (ma io non vi dico per quanto ho moltiplicato poi le dosi)

Per la pasta:
300 g di farina
1 cucchiaio di olio extravergine d'oliva
1 uovo
sale

Per il ripieno:
6 carciofi con le spine
150 g di ricotta di pecora
1 uovo
2 cucchiai di parmigiano reggiano grattugiato
mezzo limone
1 cipolla piccola
1 spicchio d'aglio
1 mazzetto di prezzemolo e maggiorana
olio extravergine d'oliva
sale e pepe

Impastiamo la farina con l'uovo, un pizzico di sale l'olio e un pò d'acqua tiepida, in modo da ottenere una pasta compatta, liscia ed elastica. Formiamo una palla e lasciamola riposare avvolta in pellicola.
Puliamo i carciofi, tagliamoli a fettine e immergiamoli in acqua acidulata con succo di limone. Scaldiamo in un tegame 3 cucchiai di olio e facciamo soffriggere la cipolla tritata e l'aglio intero schiacciato, eliminiamo l'aglio ed uniamo i carciofi sgocciolati, saliamo, pepiamo e lasciamo cuocere finchè si saranno inteneriti. Tritiamo i carciofi insieme alle erbette (maggiorana e prezzemolo), mettiamoli in una ciotola ed amalgamiamo al composto l'uovo e la ricotta, il parmigiano e un pò di pepe nero macinato al momento. Stendiamo la pasta sottile e ricaviamone delle striscie, posizioniamo a distanza regolare dei mucchietti di ripieno, copriamo con un'altra striscia e, facendo attenzione ad eliminare l'aria sigilliamo i bordi e tagliamo con l'aiuto di una formina tagliapasta o di una semplice rotella. Cuociamoli poi in acqua bollente salata e condiamoli a piacere in uno dei modi che ho gia indicato oppure, come suggerisce la rivista, con una salsa preparata con tre porri tagliati a rondelle sottili, soffritti nel burro e insaporiti con scaglie di parmigiano.

2008-04-22

Tranci alle fragole con tegoline croccanti

Ogni tanto mi piace portare in tavola un dolce scenografico, così (sempre di venerdì sera, ovvio) mi lambiccavo il cervello pensando al dolce che avrei preparato per la domenica seguente e mi sono ritrovata tra le mani il bellissimo libro I dolci di Maurizio Santin.
Per quanto io sia ambiziosa mi sono, comunque, resa conto che non me la sentivo di mettere in pratica un dolce articolato come quelli di Santin e così mi sono solo ispirata ed ho creato un dolce semplice ma strutturato in modo creativo cui ho aggiunto la preparazione delle tegoline allo zucchero di canna tratta, appunto, dal libro del maestro.
Le dosi sono per otto tranci che ho tagliato alla misura di 5,5 x 12 cm, qualcuno non a torto mi chiama precisina, ma volendo si possono fare anche leggermente più piccolini.
Per il pan di spagna:
4 uova grandi
150 g di farina
150 g di zucchero semolato vanigliato

Per la crema di mascarpone:
250 g di mascarpone
200 ml di panna fresca
3 cucchiai di zucchero a velo

Per la bagna:
4 cucchiai di fragolino
2 cucchiai di grappa
4 cucchiai di acqua
1 cucchiaio di sciroppo di zucchero

Per le tegoline allo zucchero di canna:
65 g di burro morbido
100 g di zucchero scuro di canna
45 g di albumi
20 g di farina 00

Per completare:
fragole fresche
zucchero a velo

Prepariamo il pan di spagna montando per 15-20 minuti le uova con lo zucchero, poi aggiungiamo a mano la farina mescolando delicatamente, versiamo tutto in una teglia rettangolare, ad uno spessore di 1-1,5 cm e poniamo in forno caldo a 180° finchè sarà cotto e dorato. Togliamo dal forno, lasciamo raffreddare e ricaviamo i nostri tranci.
Per preparare le tegoline (ho dimezzato già le dosi di Santin perchè altrimenti ne viene un grande quantitativo) lavoriamo a pomata il burro con lo zucchero, poi con la frusta aggiungiamo gli albumi e la farina setacciata un pò alla volta. Lasciamo riposare l'impasto per 6 ore in frigo e poi stendiamolo in uno strato sottile in una teglia di silicone o rivestita di carta da forno. Cuociamo a 180° fino a colorazione. Lasciamo un poco intiepidire e tagliamo a triangolini.
Intanto montiamo la panna con lo zucchero ed il mascarpone. Versiamo la crema nella sac à poche con bocchetta liscia e dopo aver bagnato i tranci col liquido preparato stendiamola formando un motivo decorativo sulla superficie dei dolci. Completiamo con le fragole tagliate a fettine e le cialdine messe in verticale. Spolverizziamo di zucchero e serviamo.

Tranci alle fragole con tegoline croccanti

Ogni tanto mi piace portare in tavola un dolce scenografico, così (sempre di venerdì sera, ovvio) mi lambiccavo il cervello pensando al dolce che avrei preparato per la domenica seguente e mi sono ritrovata tra le mani il bellissimo libro I dolci di Maurizio Santin.
Per quanto io sia ambiziosa mi sono, comunque, resa conto che non me la sentivo di mettere in pratica un dolce articolato come quelli di Santin e così mi sono solo ispirata ed ho creato un dolce semplice ma strutturato in modo creativo cui ho aggiunto la preparazione delle tegoline allo zucchero di canna tratta, appunto, dal libro del maestro.
Le dosi sono per otto tranci che ho tagliato alla misura di 5,5 x 12 cm, qualcuno non a torto mi chiama precisina, ma volendo si possono fare anche leggermente più piccolini.
Per il pan di spagna:
4 uova grandi
150 g di farina
150 g di zucchero semolato vanigliato

Per la crema di mascarpone:
250 g di mascarpone
200 ml di panna fresca
3 cucchiai di zucchero a velo

Per la bagna:
4 cucchiai di fragolino
2 cucchiai di grappa
4 cucchiai di acqua
1 cucchiaio di sciroppo di zucchero

Per le tegoline allo zucchero di canna:
65 g di burro morbido
100 g di zucchero scuro di canna
45 g di albumi
20 g di farina 00

Per completare:
fragole fresche
zucchero a velo

Prepariamo il pan di spagna montando per 15-20 minuti le uova con lo zucchero, poi aggiungiamo a mano la farina mescolando delicatamente, versiamo tutto in una teglia rettangolare, ad uno spessore di 1-1,5 cm e poniamo in forno caldo a 180° finchè sarà cotto e dorato. Togliamo dal forno, lasciamo raffreddare e ricaviamo i nostri tranci.
Per preparare le tegoline (ho dimezzato già le dosi di Santin perchè altrimenti ne viene un grande quantitativo) lavoriamo a pomata il burro con lo zucchero, poi con la frusta aggiungiamo gli albumi e la farina setacciata un pò alla volta. Lasciamo riposare l'impasto per 6 ore in frigo e poi stendiamolo in uno strato sottile in una teglia di silicone o rivestita di carta da forno. Cuociamo a 180° fino a colorazione. Lasciamo un poco intiepidire e tagliamo a triangolini.
Intanto montiamo la panna con lo zucchero ed il mascarpone. Versiamo la crema nella sac à poche con bocchetta liscia e dopo aver bagnato i tranci col liquido preparato stendiamola formando un motivo decorativo sulla superficie dei dolci. Completiamo con le fragole tagliate a fettine e le cialdine messe in verticale. Spolverizziamo di zucchero e serviamo.

2008-04-20

Fiori di sfoglia al Pecorino Affinato in Vinaccia

Spesso mi capita di trascurare il momento dell'aperitivo, forse perchè non mi piace offrire da bere i soliti intrugli pronti accompagnati da arachidi, patatine e - quando va bene - olive.
Penso che, se il momento dell'aperitivo deve esserci, deve trattarsi di un momento particolarmente curato, che sia preludio magari di quello che sarà dopo il pranzo o che sia comunque un piacevole momento, seppure fine a se stesso, da condividere con amici.
A volte quindi mi piace preparare qualche chiccheria da servire con un buon bicchiere di vino in quella fascia oraria in cui lo stomaco comincia a reclamare bontà senza che si possa ancora accontentarlo accomodandosi a tavola.
Particolarmente indicati per il momento sono i biscottini salati che si possono preparare con diverse basi e condire nei più svariati modi.
Nello specifico la base è costituita da una semplice sfoglia dei poveretti ritagliata a forma di fiori e condita con un formaggio davvero speciale di origine umbra: il Pecorino Affinato in Vinaccia, conosciuto per mezzo di Esperya. Si tratta di un formaggio artigianale che, dopo quattro mesi di stagionatura, viene immerso per altri quattro mesi in appositi contenitori e coperto con vinacce di uve Merlot e Sangiovese che gli rilasciano un particolarissimo aroma di uva, sottobosco e frutta secca, aromi che si possono sentire con maggiore intensità se degustiamo il formaggio con la sua crosta. Capirete bene che un prodotto del genere ha la capacità di dare personalità ad un qualsiasi piatto ecco perchè questi semplici biscottini sono diventati qualcosa di speciale che ho voluto completare con dei semi di papavero blu abbinandoli ad un bicchiere di Moscato Passito di Saracena, un vino, presidio Slow Food, di cui vi parlerò - una volta o l'altra - più approfonditamente.
Molti non approveranno, forse, l'accostamento ma direi che al palato non si comanda e con i formaggi stagionati e di gusto più intenso ho il vezzo di bere del vino dolce, cosa che dagli ospiti viene normalmente accolta con favore.
Mi sono dilungata un poco, andiamo alla ricetta.
Per la sfoglia:
200 g di ricotta
200 g di farina 00
200 g fi burro freddo
1 pizzico di sale
Per completare:
1 tuorlo d'uovo e un pò di latte per spennellare
Pecorino Affinato in Vinaccia
Semi di papavero blu
Impastiamo velocemente gli ingredienti per la sfoglia e, dopo aver lasciato riposare l'impasto in frigorifero, stendiamolo ad uno spessore di 6-7 mm. Con un tagliapasta ricaviamo delle formine, io ho scelto i fiori data la stagione. Stendiamo i biscotti nella teglia, spennelliamo con l'uovo mescolato al latte e cospargiamo di pecorino grattugiato non finemente e di semi di papavero. Inforniamo a 200° finchè saranno ben dorati.

Fiori di sfoglia al Pecorino Affinato in Vinaccia

Spesso mi capita di trascurare il momento dell'aperitivo, forse perchè non mi piace offrire da bere i soliti intrugli pronti accompagnati da arachidi, patatine e - quando va bene - olive.
Penso che, se il momento dell'aperitivo deve esserci, deve trattarsi di un momento particolarmente curato, che sia preludio magari di quello che sarà dopo il pranzo o che sia comunque un piacevole momento, seppure fine a se stesso, da condividere con amici.
A volte quindi mi piace preparare qualche chiccheria da servire con un buon bicchiere di vino in quella fascia oraria in cui lo stomaco comincia a reclamare bontà senza che si possa ancora accontentarlo accomodandosi a tavola.
Particolarmente indicati per il momento sono i biscottini salati che si possono preparare con diverse basi e condire nei più svariati modi.
Nello specifico la base è costituita da una semplice sfoglia dei poveretti ritagliata a forma di fiori e condita con un formaggio davvero speciale di origine umbra: il Pecorino Affinato in Vinaccia, conosciuto per mezzo di Esperya. Si tratta di un formaggio artigianale che, dopo quattro mesi di stagionatura, viene immerso per altri quattro mesi in appositi contenitori e coperto con vinacce di uve Merlot e Sangiovese che gli rilasciano un particolarissimo aroma di uva, sottobosco e frutta secca, aromi che si possono sentire con maggiore intensità se degustiamo il formaggio con la sua crosta. Capirete bene che un prodotto del genere ha la capacità di dare personalità ad un qualsiasi piatto ecco perchè questi semplici biscottini sono diventati qualcosa di speciale che ho voluto completare con dei semi di papavero blu abbinandoli ad un bicchiere di Moscato Passito di Saracena, un vino, presidio Slow Food, di cui vi parlerò - una volta o l'altra - più approfonditamente.
Molti non approveranno, forse, l'accostamento ma direi che al palato non si comanda e con i formaggi stagionati e di gusto più intenso ho il vezzo di bere del vino dolce, cosa che dagli ospiti viene normalmente accolta con favore.
Mi sono dilungata un poco, andiamo alla ricetta.
Per la sfoglia:
200 g di ricotta
200 g di farina 00
200 g fi burro freddo
1 pizzico di sale
Per completare:
1 tuorlo d'uovo e un pò di latte per spennellare
Pecorino Affinato in Vinaccia
Semi di papavero blu
Impastiamo velocemente gli ingredienti per la sfoglia e, dopo aver lasciato riposare l'impasto in frigorifero, stendiamolo ad uno spessore di 6-7 mm. Con un tagliapasta ricaviamo delle formine, io ho scelto i fiori data la stagione. Stendiamo i biscotti nella teglia, spennelliamo con l'uovo mescolato al latte e cospargiamo di pecorino grattugiato non finemente e di semi di papavero. Inforniamo a 200° finchè saranno ben dorati.

2008-04-18

Panna cotta al cioccolato con pere al Brandy

Chi mi segue sa che se mi ci metto posso preparare un dolce che mi prende una giornata di lavoro, solo che di tempo spesso ne ho pochino e se ne perdo un pò di più per un piatto alla fine devo velocizzare la preparazione degli altri. A volte è il dolce a farne le spese e mi tocca di trovare una soluzione fast che non penalizzi però nè il gusto nell'estetica. In tal caso mi viene in soccorso la panna cotta alla quale come dicevo qualche post fa mi diverto a cambiare il vestito presentandola con salse diverse. Alcune volte però effettuo dei cambiamenti più strutturali, ne è un esempio il Fior di menta o questa deliziosa panna cotta al cioccolato che ho servito in abbinamento a delle pere aromatizzate al Brandy. Vi lascio la ricetta che se per domenica avete poco tempo farà al caso vostro.
Ingredienti per 6 persone:
100 g di cioccolato fondente
4 dl panna fresca
1 dl di latte intero fresco
8 g di gelatina in fogli
50 g di zucchero semolato
3 pere Abate
1 limone
vaniglia
Brandy
zucchero a velo
cacao amaro
Mettiamo a bagno la gelatina ed intanto scaldiamo sul fuoco il cioccolato tritato con lo zucchero, la panna ed il latte aromatizzato con un pò di vaniglia. Quando il composto raggiunge il bollore e risulta omogeneo togliamolo dal fuoco ed aggiungiamo la gelatina strizzata. Poi versiamolo negli stampini, io ho usato gli stampi da muffin in silicone di Silikomart comodissimi anche da sformare. Lasciamo in frigo per una notte.
Prima di servire sbucciamo le pere e ricaviamone degli spicchietti, stendiamoli in una teglia foderata di carta da forno, spruzziamoli con il succo del limone ed il Brandy poi spolverizziamoli di zucchero a velo e passiamoli sotto al grill per 5-10 minuti.
Sformiamo i desserts nei piatti e mettiamo al loro fianco un pò di pere ancora calde, spolverizziamo di cacao amaro e serviamo subito.
L'effetto è assicurato.