2008-03-13

Miottini

Se qualche veneto passa di qua leggendo il titolo, e mi auguro guardando la foto, si ricorderà di qualcosa, in tal caso sarei lieta di saperne di più su questi croccanti biscotti dei quali sono venuta a conoscenza per mezzo di un libro di Silvia Tocco Bonetti dal titolo Antichi dolci di casa, un bel lavoro a dire il vero in cui l'autrice ha raccolto le storie e delizie della pasticceria casalinga mettendo insieme ben 80 ricette ritrovate nei quaderni di una volta.
Era da un pò che avevo questo libro (letto tutto giuro) ma solo adesso me ne sono ricordata, avendo tra le mani una confezione di
Farina per polenta Marano della bottega Esperya che vi assicuro mi ha fatto capire -a me meridionale inesperta di farine gialle- che non tutte le polente sono uguali. Questa farina è ottenuta dalle pannocchie Maranello coltivate nella Bassa Veronese e lavorate ancora con macina di pietra. Mi interrogavo sui possibili usi dolci della farina di mais, complici anche le paste di meliga che la mia amica Grazia mi ha spedito qualche tempo fa. Così ho avuto un'illuminazione e ricordatami del libro l'ho ripreso tra le mani e ne sono usciti fuori questi biscottini originari del Veneto che prevedono l'uso delle mandorle o meglio della farina di mandorle. Vi riporto la ricetta e vi consiglio di tenervi un pò di zucchero che sono abbastanza dolci oltre che croccanti.

125 g di farina 00
125 g di farina gialla
150 g di mandorle macinate
225 g di zucchero (direi 200 va bene)
100 g di burro sciolto
4 tuorli
la scorza di un limone

Amalgamiamo le farine e lo zucchero e poi uniamo i tuorli, il burro e la scorzetta di limone. Formiamo delle palline con l'impasto ottenuto e schiacciamole leggermente col pollice adagiandole sulla placca del forno ed inforniamo a 180° finchè i biscotti saranno dorati.

Miottini

Se qualche veneto passa di qua leggendo il titolo, e mi auguro guardando la foto, si ricorderà di qualcosa, in tal caso sarei lieta di saperne di più su questi croccanti biscotti dei quali sono venuta a conoscenza per mezzo di un libro di Silvia Tocco Bonetti dal titolo Antichi dolci di casa, un bel lavoro a dire il vero in cui l'autrice ha raccolto le storie e delizie della pasticceria casalinga mettendo insieme ben 80 ricette ritrovate nei quaderni di una volta.
Era da un pò che avevo questo libro (letto tutto giuro) ma solo adesso me ne sono ricordata, avendo tra le mani una confezione di
Farina per polenta Marano della bottega Esperya che vi assicuro mi ha fatto capire -a me meridionale inesperta di farine gialle- che non tutte le polente sono uguali. Questa farina è ottenuta dalle pannocchie Maranello coltivate nella Bassa Veronese e lavorate ancora con macina di pietra. Mi interrogavo sui possibili usi dolci della farina di mais, complici anche le paste di meliga che la mia amica Grazia mi ha spedito qualche tempo fa. Così ho avuto un'illuminazione e ricordatami del libro l'ho ripreso tra le mani e ne sono usciti fuori questi biscottini originari del Veneto che prevedono l'uso delle mandorle o meglio della farina di mandorle. Vi riporto la ricetta e vi consiglio di tenervi un pò di zucchero che sono abbastanza dolci oltre che croccanti.

125 g di farina 00
125 g di farina gialla
150 g di mandorle macinate
225 g di zucchero (direi 200 va bene)
100 g di burro sciolto
4 tuorli
la scorza di un limone

Amalgamiamo le farine e lo zucchero e poi uniamo i tuorli, il burro e la scorzetta di limone. Formiamo delle palline con l'impasto ottenuto e schiacciamole leggermente col pollice adagiandole sulla placca del forno ed inforniamo a 180° finchè i biscotti saranno dorati.

2008-03-12

La Torta della Foresta nera

Come ben sapete non sono tedesca ma sono terribilmente attratta da tutto ciò che è nord europeo e così era da tanto che volevo cimentarmi nella preparazione di questo classico dolce tedesco che prende il nome dalla Foresta Nera, una splendida regione a sud della Germania.
Nei miei ricettari ho trovato numerose versioni, molte varianti dell'originale, a dire il vero trifle e monoporzioni ma nessuna vera torta simile a quella che ho mangiato in Alto Adige la scorsa estate. Così ho riflettuto un poco, assemblato qua e là ed ecco la mia personale versione di Torta della Foresta nera. In linea di massima le scuole di pensiero sono due o golosamente si sceglie una base di torta al cioccolato con burro (tipo questa) oppure si opta per una base di pan di spagna al cacao che, più leggera e spugnosa, permette agli ingredienti di amalgamarsi meglio tra loro con risultati, secondo me, più soddisfacenti.
La scelta dicevo sta a voi, per il pan di spagna al cacao bisogna procedere come per un normale pan di spagna solo che sostituiremo due cucchiaiate di farina con pari peso di cacao amaro. Inoltre per l'effetto torta alta a tre strati vi consiglio una teglina a bordo alto di 18 massimo 20 cm massimo di diametro.
Ecco la ricetta:
1 pan di spagna al cacao (oppure una torta margherita al cioccolato)
500 ml di panna liquida fresca (rigorosamente)
2 cucchiaiate di zucchero a velo
1 vasetto di amarene allo sciroppo
1 tavoletta da 100 g di cioccolato fondente
Tagliamo la torta in tre strati. Montiamo la panna con lo zucchero a velo. Bagnamo il primo strato con qualche cucchiaiata dello sciroppo di conservazione delle amarene, spalmiamo di panna la superficie, poi cospargiamo di amarene tagliate a metà, copriamo con l'altro strato di dolce e procediamo allo stesso modo, infine mettiamo il terzo strato di pan di spagna bagnamo ancora un pò e copriamo la superficie ed i lati con panna. Decoriamo il tutto con delle sfogliette o dei riccioli di cioccolato e delle amarene intere. Per ottenere le sfoglie di cioccolato basta sciogliere la tavoletta a bagnomaria, spennellare la crema ottenuta su un foglio di carta da forno o di acetato e poi, una volta asciutto staccarlo in pezzi. Questa la mia torta che è piaciuta molto.

La Torta della Foresta nera

Come ben sapete non sono tedesca ma sono terribilmente attratta da tutto ciò che è nord europeo e così era da tanto che volevo cimentarmi nella preparazione di questo classico dolce tedesco che prende il nome dalla Foresta Nera, una splendida regione a sud della Germania.
Nei miei ricettari ho trovato numerose versioni, molte varianti dell'originale, a dire il vero trifle e monoporzioni ma nessuna vera torta simile a quella che ho mangiato in Alto Adige la scorsa estate. Così ho riflettuto un poco, assemblato qua e là ed ecco la mia personale versione di Torta della Foresta nera. In linea di massima le scuole di pensiero sono due o golosamente si sceglie una base di torta al cioccolato con burro (tipo questa) oppure si opta per una base di pan di spagna al cacao che, più leggera e spugnosa, permette agli ingredienti di amalgamarsi meglio tra loro con risultati, secondo me, più soddisfacenti.
La scelta dicevo sta a voi, per il pan di spagna al cacao bisogna procedere come per un normale pan di spagna solo che sostituiremo due cucchiaiate di farina con pari peso di cacao amaro. Inoltre per l'effetto torta alta a tre strati vi consiglio una teglina a bordo alto di 18 massimo 20 cm massimo di diametro.
Ecco la ricetta:
1 pan di spagna al cacao (oppure una torta margherita al cioccolato)
500 ml di panna liquida fresca (rigorosamente)
2 cucchiaiate di zucchero a velo
1 vasetto di amarene allo sciroppo
1 tavoletta da 100 g di cioccolato fondente
Tagliamo la torta in tre strati. Montiamo la panna con lo zucchero a velo. Bagnamo il primo strato con qualche cucchiaiata dello sciroppo di conservazione delle amarene, spalmiamo di panna la superficie, poi cospargiamo di amarene tagliate a metà, copriamo con l'altro strato di dolce e procediamo allo stesso modo, infine mettiamo il terzo strato di pan di spagna bagnamo ancora un pò e copriamo la superficie ed i lati con panna. Decoriamo il tutto con delle sfogliette o dei riccioli di cioccolato e delle amarene intere. Per ottenere le sfoglie di cioccolato basta sciogliere la tavoletta a bagnomaria, spennellare la crema ottenuta su un foglio di carta da forno o di acetato e poi, una volta asciutto staccarlo in pezzi. Questa la mia torta che è piaciuta molto.

2008-03-11

Cubetti croccanti di...

...COTECHINO, e che ci trovate di strano? Tempo fa il bravissimo Leonardo Romanelli mi strappò un sorriso ed una riflessione con il suo MLC Movimento Liberazione Cotechini, un articolo che vi invito a leggere nel quale simpaticamente si riflette sul perchè questo gustoso alimento debba essere relegato alle festività natalizie. Aderisco idealmente al movimento e con questo post vi invito a mangiare più spesso il cotechino che nella veste in cui ve lo presento vi assicuro stenterete a riconoscere.
Come saprà chi mi legge spesso l'attenzione alle materie prime è a mio parere alla base per la riuscita di un buon piatto, così ho deciso di dimenticare i cotechini precotti e di cimentarmi, per questa praparazione, con un vero cotechino tradizionale reperito su Esperya da ammollare e poi cuocere a lungo. Si tratta di un prodotto dell'azienda Ronchei che produce anche meravigliosi salumi. Insomma a farla breve ho pensato ad un modo alternativo di proporre il cotechino e ci sono riuscita ottenendo tra l'altro un piatto dal gusto, a mio parere, particolarmente equilibrato per la presenza della bieta e della glassa all'aceto balsamico.
La preparazione è di una semplicità disarmante, ecco gli ingredienti:
cotechino
uova
pangrattato
sale e pepe q.b.
olio extravergine d'oliva
bieta frescafoglie di bieta
fior di sale
Glassa o riduzione all'aceto balsamico
Dopo aver seguito le istruzioni per la cottura del cotechino, lo lasciamo raffreddare e poi lo tagliamo a piccoli cubetti di circa un centimetro e mezzo di lato. Passiamo i cubetti nell'uovo battuto con sale e pepe e poi friggiamoli in olio bollente. Quando saranno dorati li sgoccioliamo su carta assorbente.
Lessiamo pochi istanti le foglie di bieta, poi arrotoliamole singolarmente a formare delle roselline, condiamo con un pò di fior di sale ed un filino d'olio ed adagiamo sopra ogni rotolino verde un cubetto di cotechino fritto. Decoriamo il piatto con la glassa all'aceto balsamico e serviamo ancora caldo.
Il piccolo formato consente la degustazione senza l'uso di posate intingendo voluttuosamente ogni bocconcino nella glassa al balsamico prima di portarlo alla bocca.

Cubetti croccanti di...

...COTECHINO, e che ci trovate di strano? Tempo fa il bravissimo Leonardo Romanelli mi strappò un sorriso ed una riflessione con il suo MLC Movimento Liberazione Cotechini, un articolo che vi invito a leggere nel quale simpaticamente si riflette sul perchè questo gustoso alimento debba essere relegato alle festività natalizie. Aderisco idealmente al movimento e con questo post vi invito a mangiare più spesso il cotechino che nella veste in cui ve lo presento vi assicuro stenterete a riconoscere.
Come saprà chi mi legge spesso l'attenzione alle materie prime è a mio parere alla base per la riuscita di un buon piatto, così ho deciso di dimenticare i cotechini precotti e di cimentarmi, per questa praparazione, con un vero cotechino tradizionale reperito su Esperya da ammollare e poi cuocere a lungo. Si tratta di un prodotto dell'azienda Ronchei che produce anche meravigliosi salumi. Insomma a farla breve ho pensato ad un modo alternativo di proporre il cotechino e ci sono riuscita ottenendo tra l'altro un piatto dal gusto, a mio parere, particolarmente equilibrato per la presenza della bieta e della glassa all'aceto balsamico.
La preparazione è di una semplicità disarmante, ecco gli ingredienti:
cotechino
uova
pangrattato
sale e pepe q.b.
olio extravergine d'oliva
bieta frescafoglie di bieta
fior di sale
Glassa o riduzione all'aceto balsamico
Dopo aver seguito le istruzioni per la cottura del cotechino, lo lasciamo raffreddare e poi lo tagliamo a piccoli cubetti di circa un centimetro e mezzo di lato. Passiamo i cubetti nell'uovo battuto con sale e pepe e poi friggiamoli in olio bollente. Quando saranno dorati li sgoccioliamo su carta assorbente.
Lessiamo pochi istanti le foglie di bieta, poi arrotoliamole singolarmente a formare delle roselline, condiamo con un pò di fior di sale ed un filino d'olio ed adagiamo sopra ogni rotolino verde un cubetto di cotechino fritto. Decoriamo il piatto con la glassa all'aceto balsamico e serviamo ancora caldo.
Il piccolo formato consente la degustazione senza l'uso di posate intingendo voluttuosamente ogni bocconcino nella glassa al balsamico prima di portarlo alla bocca.

2008-03-10

Crostata con crema ed amaretti all'Alkermes

E stavolta, neppure a dirlo, c'entra di nuovo la mamma che per fortuna almeno lei (seppur di rado e con la consueta fretta che la contraddistingue) un'occhiata alla tv la da.
Mi disse un giorno di aver visto su Gambero Rosso Channel - se non ricordo male - la preparazione di una crostata particolarmente gradevole a vedersi ma di non aver fatto in tempo a prendere gli ingredienti. Non essendo proprio sprovvedute in cucina l'abbiamo ricomposta a nostro modo. Caso volle poi che sfogliando il bellissimo volume Ricette di Osterie d'Italia, edito da Slow Food, mi venisse davanti una ricetta molto simile, salvo per qualche aggiunta, di una trattoria del permense. Ho pensato a quel punto che si trattasse di una ricetta di tradizione ma la nota dell'autore avverte essere un dolce di fantasia derivato dall'uso quotidiano di cibi conosciuti ed abituali.
Così per oggi vi do la ricetta messa a punto da CoCò e mamma, che vi assicuro è deliziosa, la prossima volta magari sperimento anche l'altra e ve ne parlo nel dettaglio.
Ecco cosa ci occorre:
Per la frolla:
280 g di farina 00
1 bicchiere (circa 100 ml) di zucchero
1 bicchiere (come sopra) di burro fuso
2 uova medie
1 pizzico di sale
1/2 bustina di lievito per dolci
Per la crema:
2 tuorli
4 cucchiai di zucchero
2 cucchiai di farina
250 g di latte
1 pezzetto di vaniglia
Per finire:
amaretti croccanti di piccolo formato
Alkermes
zucchero a velo
Prepariamo la frolla impastando la farina, setacciata con il lievito, un pizzico di sale con le uova, lo zucchero ed il burro. Formiamo una palla e lasciamola riposare in frigorifero.
Intanto prepariamo la crema nel modo consueto: mettiamo a bollire il latte con la vaniglia, montiamo i tuorli con lo zucchero, uniamo la farina e poi il latte mescolando accuratamente, poi facciamo addensare sul fuoco.
Stendiamo la pasta in due dischi, con uno leggermente più grande e spesso foderiamo uno stampo per crostata da 22-24 cm versiamo sopra la crema già fredda e poi formiamo uno strato con gli amaretti bagnati nell'Alkermes. Sopra i biscotti stendiamo l'altro disco di frolla, possibilmente più sottile, sigilliamo i bordi e poniamo a cuocere la crostata in forno caldo a 180° per circa mezz'ora, comunque finchè il dolce avrà preso colore. Prima di servire cospargiamo di zucchero a velo.

Crostata con crema ed amaretti all'Alkermes

E stavolta, neppure a dirlo, c'entra di nuovo la mamma che per fortuna almeno lei (seppur di rado e con la consueta fretta che la contraddistingue) un'occhiata alla tv la da.
Mi disse un giorno di aver visto su Gambero Rosso Channel - se non ricordo male - la preparazione di una crostata particolarmente gradevole a vedersi ma di non aver fatto in tempo a prendere gli ingredienti. Non essendo proprio sprovvedute in cucina l'abbiamo ricomposta a nostro modo. Caso volle poi che sfogliando il bellissimo volume Ricette di Osterie d'Italia, edito da Slow Food, mi venisse davanti una ricetta molto simile, salvo per qualche aggiunta, di una trattoria del permense. Ho pensato a quel punto che si trattasse di una ricetta di tradizione ma la nota dell'autore avverte essere un dolce di fantasia derivato dall'uso quotidiano di cibi conosciuti ed abituali.
Così per oggi vi do la ricetta messa a punto da CoCò e mamma, che vi assicuro è deliziosa, la prossima volta magari sperimento anche l'altra e ve ne parlo nel dettaglio.
Ecco cosa ci occorre:
Per la frolla:
280 g di farina 00
1 bicchiere (circa 100 ml) di zucchero
1 bicchiere (come sopra) di burro fuso
2 uova medie
1 pizzico di sale
1/2 bustina di lievito per dolci
Per la crema:
2 tuorli
4 cucchiai di zucchero
2 cucchiai di farina
250 g di latte
1 pezzetto di vaniglia
Per finire:
amaretti croccanti di piccolo formato
Alkermes
zucchero a velo
Prepariamo la frolla impastando la farina, setacciata con il lievito, un pizzico di sale con le uova, lo zucchero ed il burro. Formiamo una palla e lasciamola riposare in frigorifero.
Intanto prepariamo la crema nel modo consueto: mettiamo a bollire il latte con la vaniglia, montiamo i tuorli con lo zucchero, uniamo la farina e poi il latte mescolando accuratamente, poi facciamo addensare sul fuoco.
Stendiamo la pasta in due dischi, con uno leggermente più grande e spesso foderiamo uno stampo per crostata da 22-24 cm versiamo sopra la crema già fredda e poi formiamo uno strato con gli amaretti bagnati nell'Alkermes. Sopra i biscotti stendiamo l'altro disco di frolla, possibilmente più sottile, sigilliamo i bordi e poniamo a cuocere la crostata in forno caldo a 180° per circa mezz'ora, comunque finchè il dolce avrà preso colore. Prima di servire cospargiamo di zucchero a velo.

2008-03-07

La norma di mamma e il Cosacavaddu Ragusano

Se penso alla festa della donna mi vengono in mente le mimose, se penso al giallo in cucina non posso fare a meno di pensare allo zafferano, se penso alla Sicilia inevitabilmente il pensiero corre alla norma e, da un pò di tempo, se penso alla norma non mi viene in mente la classica pasta alle melanzane - tipica di questa assolata terra - ma un'altra norma. Me l'ha insegnata mia madre (che dice di averla vista fare in tv) ed è stato amore al primo assaggio, mi sono permessa di dare un tocco di Sicilia in più a questo piatto cospargendolo di Cosacavaddu Ragusano Stagionato reperito su Esperya, il classico formaggio siciliano a pasta filata preparato con latte vaccino di razza Modicana in forme da 10-20 kg parallelepipedo che ricorda uno "scaluni" ovvero un gradino. E' un formaggio molto saporito che raggiunge una stagionatura fino a due anni perdendo la consistenza tipica dei formaggi a pasta filata ed arrivando ad avere un' entità più granulosa che permette di grattugiarlo come fosse parmigiano.
E' il compendio ideale di questa ricetta perchè la sua sapidità contrasta in modo mirabile il leggero amaro delle melanzane e la dolcezza dell'uvetta sultanina.
Per preparare quattro porzioni di questo piatto ci occorrono:
350 g di pasta corta o lunga a scelta
1 melanzana
1/2 cipolla bionda
2 cucchiai di pinoli tostati
2 cucchiai di uvetta sultanina
1 bustina di zafferano in polvere
olio extravergine d'oliva
sale e pepe nero q.b.
Cosacavaddu Ragusano stagionato
Spuntiamo la melanzana e peliamola per avere un gusto più delicato, riduciamola a cubetti. versiamo un fondo d'olio in padella e rosoliamo nello stesso la cipolla tritata e la melanzana, saliamo e pepiamo. Intanto mettiamo a cuocere la pasta. Uniamo al condimento l'uvetta e due cucchiai di acqua di cottura della pasta, di modo che la stessa si ammolli. Solo alla fine uniremo i pinoli già tostati e lo zafferano sciolto in un pò d'acqua. Quando la pasta sarà cotta saltiamola in padella con il sughetto e prima di servirla cospargiamola di Cosacavaddu Ragusano grattugiato.
Di buona è buona, di giallo lo è pure per cui voglio partecipare con questo piatto a International women's day organizzato da Zorra e dalla nostra Fior di Sale.

La norma di mamma e il Cosacavaddu Ragusano

Se penso alla festa della donna mi vengono in mente le mimose, se penso al giallo in cucina non posso fare a meno di pensare allo zafferano, se penso alla Sicilia inevitabilmente il pensiero corre alla norma e, da un pò di tempo, se penso alla norma non mi viene in mente la classica pasta alle melanzane - tipica di questa assolata terra - ma un'altra norma. Me l'ha insegnata mia madre (che dice di averla vista fare in tv) ed è stato amore al primo assaggio, mi sono permessa di dare un tocco di Sicilia in più a questo piatto cospargendolo di Cosacavaddu Ragusano Stagionato reperito su Esperya, il classico formaggio siciliano a pasta filata preparato con latte vaccino di razza Modicana in forme da 10-20 kg parallelepipedo che ricorda uno "scaluni" ovvero un gradino. E' un formaggio molto saporito che raggiunge una stagionatura fino a due anni perdendo la consistenza tipica dei formaggi a pasta filata ed arrivando ad avere un' entità più granulosa che permette di grattugiarlo come fosse parmigiano.
E' il compendio ideale di questa ricetta perchè la sua sapidità contrasta in modo mirabile il leggero amaro delle melanzane e la dolcezza dell'uvetta sultanina.
Per preparare quattro porzioni di questo piatto ci occorrono:
350 g di pasta corta o lunga a scelta
1 melanzana
1/2 cipolla bionda
2 cucchiai di pinoli tostati
2 cucchiai di uvetta sultanina
1 bustina di zafferano in polvere
olio extravergine d'oliva
sale e pepe nero q.b.
Cosacavaddu Ragusano stagionato
Spuntiamo la melanzana e peliamola per avere un gusto più delicato, riduciamola a cubetti. versiamo un fondo d'olio in padella e rosoliamo nello stesso la cipolla tritata e la melanzana, saliamo e pepiamo. Intanto mettiamo a cuocere la pasta. Uniamo al condimento l'uvetta e due cucchiai di acqua di cottura della pasta, di modo che la stessa si ammolli. Solo alla fine uniremo i pinoli già tostati e lo zafferano sciolto in un pò d'acqua. Quando la pasta sarà cotta saltiamola in padella con il sughetto e prima di servirla cospargiamola di Cosacavaddu Ragusano grattugiato.
Di buona è buona, di giallo lo è pure per cui voglio partecipare con questo piatto a International women's day organizzato da Zorra e dalla nostra Fior di Sale.

2008-03-06

Piccoli cucchiai golosi


Spulciando Piccoli cucchiai, il libro di Josè Maréchal edito da Bibliotheca Culinaria , di cui vi ho gia parlato ho trovato un'ideuzza geniale che ho sfruttato a mio modo, l'autore la inserisce nei kit dolci per ghiottoni frettolosi perchè per realizzarla utilizza della semplice Nutella, delle banane e dei corn flakes, ma voi sapete che se io in cucina non "fatico" un poco sento di non aver preparato nulla ed allora ho preparato io una crema golosa al cioccolato e l'ho servita con delle rondelle di banana e del riso soffiato nocciolato, che dire ne sono rimasta entusiasta e potrebbe comunque essere un piccolo pensiero da servire insieme al caffè in un giorno speciale o come pre-dessert, prima di un dolce più sontuoso.
Crema golosa
300 ml di panna fresca
30 g di glucosio
400 g di cioccolato fondente
150 g di cioccolato gianduia
50 g di burro
Versiamo la panna in una casseruola aggiungiamo il glucosio e portiamo ad ebollizione. Spegnamo il fuoco ed uniamo i cioccolati spezzettati ed il burro. mescoliamo bene finchè non si scioglieranno formando una crema densa e liscia. Versiamo la crema ancora calda nei vasetti (ne verranno tre medi con questa dose) e conserviamola in frigorifero per un mese al massimo.
Ecco per comporre questi simpatici cucchiai, basta intingerli singolarmente nel vasetto di crema golosa e poggiarli su di un piatto decorandoli poi con una rondella di banana ed un pò di riso soffiato nocciolato oppure corn flakes.

Piccoli cucchiai golosi


Spulciando Piccoli cucchiai, il libro di Josè Maréchal edito da Bibliotheca Culinaria , di cui vi ho gia parlato ho trovato un'ideuzza geniale che ho sfruttato a mio modo, l'autore la inserisce nei kit dolci per ghiottoni frettolosi perchè per realizzarla utilizza della semplice Nutella, delle banane e dei corn flakes, ma voi sapete che se io in cucina non "fatico" un poco sento di non aver preparato nulla ed allora ho preparato io una crema golosa al cioccolato e l'ho servita con delle rondelle di banana e del riso soffiato nocciolato, che dire ne sono rimasta entusiasta e potrebbe comunque essere un piccolo pensiero da servire insieme al caffè in un giorno speciale o come pre-dessert, prima di un dolce più sontuoso.
Crema golosa
300 ml di panna fresca
30 g di glucosio
400 g di cioccolato fondente
150 g di cioccolato gianduia
50 g di burro
Versiamo la panna in una casseruola aggiungiamo il glucosio e portiamo ad ebollizione. Spegnamo il fuoco ed uniamo i cioccolati spezzettati ed il burro. mescoliamo bene finchè non si scioglieranno formando una crema densa e liscia. Versiamo la crema ancora calda nei vasetti (ne verranno tre medi con questa dose) e conserviamola in frigorifero per un mese al massimo.
Ecco per comporre questi simpatici cucchiai, basta intingerli singolarmente nel vasetto di crema golosa e poggiarli su di un piatto decorandoli poi con una rondella di banana ed un pò di riso soffiato nocciolato oppure corn flakes.

6 cose che amo, meglio tardi che mai!

Ultimamente faccio fatica a star dietro ai meme, Angy mi aveva invitata un pò di tempo fa a questo simpatico meme sulle cose che amiamo ma ho rimandato le risposte di giorno in giorno, oggi però ho ricevuto altri due inviti per un nuovo meme quello sui 7 segreti, allora mi son detta sarà il caso che mi metta a rispondere altrimenti a fine mese avrò una lista infinita di meme inevasi.
Per il momento rispondo al meme più vecchio appena trovo un momento farò pure l'altro.
6 cose che amo
1. Amo cucinare e non poteva essere diversamente dato che siamo nel mio blog di cucina!
2. Amo i romanzi gastronomici e sogno di scriverne uno (ma questo forse è un altro meme).
3. Amo il sole e l'aria aperta e preferisco uscire di giorno piuttosto che di notte.
4. Amo gli eventi eno-gastronomici, partirei in continuazione per partecipare alle fiere e agli eventi di tutto il mondo.
5. Amo visitare luoghi nuovi e relazionarmi con la gente del posto.
6. Amo il mio blog, è quasi un figlio per me, mi diverte tanto scrivere, leggere i vostri commenti, rispondere alle vostre mail.
Poi amo tantissime altre cose ma in questo momento queste erano le prime sei che mi venivano in mente, cercando ovviamente di escludere le persone che amo sopra ad ogni cosa.