2008-06-24

Frittelle di baccalà

Da calabrese non nascondo di amare le frittelle ed il fritto in generale, se vi è capitato di assaggiare la cucina della mia regione avrete notato che non c'è erba o alimento in generale che non si trasformi allegramente in frittella. Il baccalà poi qui da noi, quasi inspiegabilmente essendo circondati dal mare, è stato fino a qualche tempo fa il pesce più diffuso, le preparazioni classiche lo vedono in umido con pomodoro e abbondante cipolla o porro a seconda delle zone o, in alternativa, fritto dopo averlo semplicemente passato nella farina. Dal fritto alle frittelle la strada da fare non è molta che qualcuno ha pensato bene di levere le lische e ridurre il pesce già spugnato in piccoli pezzi per amalgamarlo con uova e farina prima di friggerlo in abbondante olio.
Come tutte le ricette della tradizione le dosi non ci sono che si va un pò ad intuito regolandosi secondo la propria esperienza, però provo a darvi delle linee guida poi sta a voi sperimentare:
baccalà spugnato 500-600 g
2 uova
farina
sale
pepe
prezzemolo
olio per friggere
Prepariamo la pastella classica con uova e farina, insaporiamola con sale, pepe e prezzemolo tritato, poi versiamo in questa pastella il baccalà ammollato, privato delle spine e ridotto a piccoli pezzi. Preleviamo il composto a cucchiaiate e versiamolo in olio bollente (non mi stancherò mai di dire extravergine d'oliva o almeno d'oliva) Quando le frittelle saranno ben dorate sgoccioliamole su carta assorbente e serviamole ancora calde. Volendo possiamo arricchire il gusto con del peperoncino tritato "calabresizzando" ancor più il piatto.

Frittelle di baccalà

Da calabrese non nascondo di amare le frittelle ed il fritto in generale, se vi è capitato di assaggiare la cucina della mia regione avrete notato che non c'è erba o alimento in generale che non si trasformi allegramente in frittella. Il baccalà poi qui da noi, quasi inspiegabilmente essendo circondati dal mare, è stato fino a qualche tempo fa il pesce più diffuso, le preparazioni classiche lo vedono in umido con pomodoro e abbondante cipolla o porro a seconda delle zone o, in alternativa, fritto dopo averlo semplicemente passato nella farina. Dal fritto alle frittelle la strada da fare non è molta che qualcuno ha pensato bene di levere le lische e ridurre il pesce già spugnato in piccoli pezzi per amalgamarlo con uova e farina prima di friggerlo in abbondante olio.
Come tutte le ricette della tradizione le dosi non ci sono che si va un pò ad intuito regolandosi secondo la propria esperienza, però provo a darvi delle linee guida poi sta a voi sperimentare:
baccalà spugnato 500-600 g
2 uova
farina
sale
pepe
prezzemolo
olio per friggere
Prepariamo la pastella classica con uova e farina, insaporiamola con sale, pepe e prezzemolo tritato, poi versiamo in questa pastella il baccalà ammollato, privato delle spine e ridotto a piccoli pezzi. Preleviamo il composto a cucchiaiate e versiamolo in olio bollente (non mi stancherò mai di dire extravergine d'oliva o almeno d'oliva) Quando le frittelle saranno ben dorate sgoccioliamole su carta assorbente e serviamole ancora calde. Volendo possiamo arricchire il gusto con del peperoncino tritato "calabresizzando" ancor più il piatto.

2008-06-23

I cannoli alla ricotta

I cannoli alla ricotta sono un classico della pasticceria siciliana, gli elementi base si sa sono la sfoglia fritta, croccante, e il ripieno vellutato di ricotta ovina con cioccolato e canditi che in effetti, come nella cassata, dovrebbero essere soltanto di zucca, la classica zuccata, poi ognuno fa le sue varianti: gocce di ciocolato, canditi misti, solo arancia, granella di pistacchi e così via, tanto che nella stessa Sicilia e anche tra una pasticceria e l'altra le varianti sono notevoli. La ricetta che ad oggi mi ha dato maggiori soddisfazioni è questa che, presa da Gambero Rosso, ho rielaborato un pochino. Le dosi sono per 16 cannoli c.a.
Per la sfoglia:
150 g di farina
1 cucchiaio di zucchero
1/2 cucchiaio di aceto di vino bianco
30 g di strutto
1 cucchiaino di cacao amaro
2 albumi medi
vino Marsala secco
sale
olio per friggere
Per il ripieno:
380 g di ricotta freschissima ovina di ottima qualità
170 di zucchero
75 g di canditi misti
75 g di gocce di cioccolato fondente
pistacchi per decorare
Impastiamo la farina con lo zucchero, l'aceto, lo strutto, il cacao, un pizzico di sale, gli albumi e Marsala quanto basta a formare un bell'impasto che si stacchi dalle mani, lasciamolo riposare in frigo avvolto da pellicola per due ore circa, poi stendiamolo con la sfogliatrice al penultimo livello (deve essere abbastanza sottile), ricaviamo dei rombi, avvogiamoli intorno alle formine per cannolo di metallo (o di canna di bambù), sigilliamo la giuntura con acqua o albume e friggiamoli in abbontante olio finché risulteranno ben dorati, poi sgoccioliamoli su carta assorbente.
Prepariamo il ripieno lavorando a crema la ricotta con lo zucchero, uniamo i canditi e il cioccolato. Versiamo il composto in una tasca da pasticciere e farciamo con esso i cannoli. Decoriamo le bocche con dei pistacchi o della granella di pistacchi.

I cannoli alla ricotta

I cannoli alla ricotta sono un classico della pasticceria siciliana, gli elementi base si sa sono la sfoglia fritta, croccante, e il ripieno vellutato di ricotta ovina con cioccolato e canditi che in effetti, come nella cassata, dovrebbero essere soltanto di zucca, la classica zuccata, poi ognuno fa le sue varianti: gocce di ciocolato, canditi misti, solo arancia, granella di pistacchi e così via, tanto che nella stessa Sicilia e anche tra una pasticceria e l'altra le varianti sono notevoli. La ricetta che ad oggi mi ha dato maggiori soddisfazioni è questa che, presa da Gambero Rosso, ho rielaborato un pochino. Le dosi sono per 16 cannoli c.a.
Per la sfoglia:
150 g di farina
1 cucchiaio di zucchero
1/2 cucchiaio di aceto di vino bianco
30 g di strutto
1 cucchiaino di cacao amaro
2 albumi medi
vino Marsala secco
sale
olio per friggere
Per il ripieno:
380 g di ricotta freschissima ovina di ottima qualità
170 di zucchero
75 g di canditi misti
75 g di gocce di cioccolato fondente
pistacchi per decorare
Impastiamo la farina con lo zucchero, l'aceto, lo strutto, il cacao, un pizzico di sale, gli albumi e Marsala quanto basta a formare un bell'impasto che si stacchi dalle mani, lasciamolo riposare in frigo avvolto da pellicola per due ore circa, poi stendiamolo con la sfogliatrice al penultimo livello (deve essere abbastanza sottile), ricaviamo dei rombi, avvogiamoli intorno alle formine per cannolo di metallo (o di canna di bambù), sigilliamo la giuntura con acqua o albume e friggiamoli in abbontante olio finché risulteranno ben dorati, poi sgoccioliamoli su carta assorbente.
Prepariamo il ripieno lavorando a crema la ricotta con lo zucchero, uniamo i canditi e il cioccolato. Versiamo il composto in una tasca da pasticciere e farciamo con esso i cannoli. Decoriamo le bocche con dei pistacchi o della granella di pistacchi.

2008-06-20

Zuppetta di fave e gamberi

Ultimamente ho così tanti impegni che mi sembra quasi che padrona delle mie giornate sia sempre e solo la fretta, anticipo sempre più la levata mattutina e cerco di tardare il momento del riposo notturno, cerco perchè il più delle volte crollo miseramente in un sonno profondo con un libro aperto tra le mani e due o tre riviste nel letto (perchè sono così incoscientemente ottimista da pensare di poter restare sveglia fino a quando ho esaurito la mia voglia di conoscenza). L'idea di questo piatto me la trascinavo dietro, tra un devo farla e l'altro, da due mesi, ovvero da quando ebbi la fortuna di assaggiare qualcosa di simile (molto meglio della mia però) al ristorante di Tonino Napoli il Pantagruel nella Vecchia Rende di cui tra l'altro mi parlava Serafina, una mia lettrice, nel commento al post precedente.
Del menù degustato quella sera, in occasione di una cena Slow Food, mi restò impressa questa zuppetta, connubio, come nel tema della serata, tra verdure e pesci. Non ho la ricetta originale naturalmente ma mi sono ispirata a quel piatto per mettere a punto la mia Zuppetta di fave e gamberi.
Ingredienti per 2 persone:
1 tazza di fave fresche sgusciate
1/2 kg c.a di gamberi freschi
1 cipolla bionda
1 costa di sedano
1 carota
olio extravergine d'oliva
1 cucchiaino di semi di finocchio
sale e pepe nero q.b.
finocchietto selvatico o prezzemolo
Puliamo i gamberi e prepariamo un brodo con le teste ed i gusci, unendo a questi mezza cipolla, un pò d'olio, il sedano, la carota, un pò di sale e qualche grano di pepe, lasciando cuocere per circa mezz'ora coperti d'acqua. A fine cottura filtriamo il liquido e gettiamo gli avanzi. Tritiamo la cipolla restante e soffriggiamola con un pò d'olio e i semi di finocchio un pò schiacciati, uniamo le fave e copriamo con il brodo ottenuto dagli scarti dei gamberi. Quando le fave saranno cotte, ma non sfatte, uniamo i gamberi, un pò di sale e una macinata di pepe nero. Prima di servire possiamo arricchire con un pò di finocchietto selvatico o (in mancanza come nel mio caso) prezzemolo tritato.

Zuppetta di fave e gamberi

Ultimamente ho così tanti impegni che mi sembra quasi che padrona delle mie giornate sia sempre e solo la fretta, anticipo sempre più la levata mattutina e cerco di tardare il momento del riposo notturno, cerco perchè il più delle volte crollo miseramente in un sonno profondo con un libro aperto tra le mani e due o tre riviste nel letto (perchè sono così incoscientemente ottimista da pensare di poter restare sveglia fino a quando ho esaurito la mia voglia di conoscenza). L'idea di questo piatto me la trascinavo dietro, tra un devo farla e l'altro, da due mesi, ovvero da quando ebbi la fortuna di assaggiare qualcosa di simile (molto meglio della mia però) al ristorante di Tonino Napoli il Pantagruel nella Vecchia Rende di cui tra l'altro mi parlava Serafina, una mia lettrice, nel commento al post precedente.
Del menù degustato quella sera, in occasione di una cena Slow Food, mi restò impressa questa zuppetta, connubio, come nel tema della serata, tra verdure e pesci. Non ho la ricetta originale naturalmente ma mi sono ispirata a quel piatto per mettere a punto la mia Zuppetta di fave e gamberi.
Ingredienti per 2 persone:
1 tazza di fave fresche sgusciate
1/2 kg c.a di gamberi freschi
1 cipolla bionda
1 costa di sedano
1 carota
olio extravergine d'oliva
1 cucchiaino di semi di finocchio
sale e pepe nero q.b.
finocchietto selvatico o prezzemolo
Puliamo i gamberi e prepariamo un brodo con le teste ed i gusci, unendo a questi mezza cipolla, un pò d'olio, il sedano, la carota, un pò di sale e qualche grano di pepe, lasciando cuocere per circa mezz'ora coperti d'acqua. A fine cottura filtriamo il liquido e gettiamo gli avanzi. Tritiamo la cipolla restante e soffriggiamola con un pò d'olio e i semi di finocchio un pò schiacciati, uniamo le fave e copriamo con il brodo ottenuto dagli scarti dei gamberi. Quando le fave saranno cotte, ma non sfatte, uniamo i gamberi, un pò di sale e una macinata di pepe nero. Prima di servire possiamo arricchire con un pò di finocchietto selvatico o (in mancanza come nel mio caso) prezzemolo tritato.

2008-06-19

Rigatoncini alla crema di pistacchi e gamberi

Adesso che sto per sposarmi, immaginando già di avere sempre meno tempo, mi metto a pianificare primi veloci che si possano preparare nel tempo che impiega la pasta a cuocere. In altra occasione ebbi modo di parlarvi di un meraviglioso "pesto" ottenuto frullando i pistacchi e le mandorle ed utilizzato per condire la pasta. Questa volta ho fortificato la dose dei pistacchi, meravigliosi quelli di Bronte, a scapito delle mandorle ed aggiunto dei gamberi freschi sgusciati per arricchire la preparazione. Ma il risultato eccelso lo ha dato la pasta, non una qualunque ma i Rigatoncini Rustichella d'Abruzzo della Bottega Esperya perchè, lasciatemelo dire, non tutte le paste sono uguali: il grano migliore, le trafile in bronzo, l'essiccazione lenta, sono gli elementi che fanno la differenza e che possiamo trovare solo nelle produzioni artigianali come quella di Rustichella d'Abruzzo.
Ingredienti per 4 persone:
350 g di Rigatoncini Rustichella d'Abruzzo
35 g di pistacchi di Bronte sgusciati
15 g di mandorle spellate
1 pizzico di sale
1/2 spicchio d'aglio
2 cucchiai di panna da cucina
olio extravergine d'oliva
1/2 kg c.a. di gamberi da sgusciare
pepe nero
Frulliamo, finchè diventeranno una crema, i pistacchi con le mandorle, il sale, l'aglio, 4-5 cucchiai d'olio e la panna. Intanto lessiamo la pasta ed a parte in un tegame saltiamo i gamberi puliti e sgusciati, con due cucchiai di olio, saliamo, pepiamo ed a fuoco spento uniamo la crema preparata. Scoliamo la pasta e versiamola nel tegame col condimento e, se occorre, un pò d'acqua di cottura della pasta. Serviamo subito.

Rigatoncini alla crema di pistacchi e gamberi

Adesso che sto per sposarmi, immaginando già di avere sempre meno tempo, mi metto a pianificare primi veloci che si possano preparare nel tempo che impiega la pasta a cuocere. In altra occasione ebbi modo di parlarvi di un meraviglioso "pesto" ottenuto frullando i pistacchi e le mandorle ed utilizzato per condire la pasta. Questa volta ho fortificato la dose dei pistacchi, meravigliosi quelli di Bronte, a scapito delle mandorle ed aggiunto dei gamberi freschi sgusciati per arricchire la preparazione. Ma il risultato eccelso lo ha dato la pasta, non una qualunque ma i Rigatoncini Rustichella d'Abruzzo della Bottega Esperya perchè, lasciatemelo dire, non tutte le paste sono uguali: il grano migliore, le trafile in bronzo, l'essiccazione lenta, sono gli elementi che fanno la differenza e che possiamo trovare solo nelle produzioni artigianali come quella di Rustichella d'Abruzzo.
Ingredienti per 4 persone:
350 g di Rigatoncini Rustichella d'Abruzzo
35 g di pistacchi di Bronte sgusciati
15 g di mandorle spellate
1 pizzico di sale
1/2 spicchio d'aglio
2 cucchiai di panna da cucina
olio extravergine d'oliva
1/2 kg c.a. di gamberi da sgusciare
pepe nero
Frulliamo, finchè diventeranno una crema, i pistacchi con le mandorle, il sale, l'aglio, 4-5 cucchiai d'olio e la panna. Intanto lessiamo la pasta ed a parte in un tegame saltiamo i gamberi puliti e sgusciati, con due cucchiai di olio, saliamo, pepiamo ed a fuoco spento uniamo la crema preparata. Scoliamo la pasta e versiamola nel tegame col condimento e, se occorre, un pò d'acqua di cottura della pasta. Serviamo subito.

2008-06-17

Il giro d'Italia di Jamie Oliver

Non posso dire che si è trattata di una scoperta ma più che altro di una gradita conferma. Con lo stato d'animo di chi ha fiducia in qualcosa, ho preso in mano questo pesante volume e dopo qualche pagina mi sono fermata per chiedere a me stessa come possa un inglese parlare con così tanta perizia della nostra cucina, insegnando a noi italiani ad apprezzarla più di quanto non facciamo? La risposta, di pura retorica ovvio, è che non c'è da stupirsi se questo accade quando l'inglese in questione è il vulcanico Jamie Oliver. Non credo abbia bisogno di presentazioni dacchè su Gambero Rosso Channel spopolano le sue trasmissioni. Un vero portento, uno che quando è in Italia si sente italiano e che per l'amore verso la nostra terra, e in particolare la sua cucina, ha intrapreso un viaggio per il Bel Paese a bordo di un furgoncino Wolkswagen del '56, fermandosi nei posti più conosciuti come in quelli meno noti, cercando di fare diretta conoscenza delle nostre meraviglie gastronomiche.
La cucina di Jamie è essenziale perchè il suo motto è "Cucinare deve essere semplice, gustoso e divertente" e questa immediatezza è il suo baluardo anche in questo settimo libro del "Cuoco nudo". Non è una semplice raccolta di ricette (anche se ne contiene 120) ma è piuttosto un diario di bordo con cui vuole insegnare agli inglesi la buona cucina genuina e a noi italiani ad apprezzare un pò di più quello che la nostra prospera terra ci regala.
Io credo che se conoscete Jamie correrete ad acquistare il libro e se ancora non lo conoscete il suo splendido e aperto sorriso vi conquisterà.
Il libro è ricchissimo di immagini, oltre che di piatti anche di posti e di gente incontrata e, giusto per darvi un saggio di quella che è la prontezza di scrittura di questo chef, vi riporto la ricetta dei suoi Limoni di Amalfi cotti al forno così com'è scritta nel volume aggiungendovi anche la foto che accompagna il testo.

Gli ingredienti sono per 4
"Sulla costiera amalfitana c’è una tale abbondanza di limoni che, alla fine dell’estate, quelli del posto quasi non li possono più vedere. Ecco perché ogni idea nuova e originale per usarli sarà sempre gradita! Provate anche voi questa ricetta. In realtà, la buccia del limone non si mangia, serve solo per profumare la mozzarella. Chiaramente l’ideale sarebbe usare gli straordinari limoni di Amalfi, ma andranno bene anche altri limoni grossi e non trattati, preferibilmente biologici. Saranno perfetti serviti come antipasto, oppure come stuzzichino da accompagnare all’aperitivo, giusto per scaldare le papille. Quand’ero a Minori, e ho fatto la mia cena di compleanno, ne avrò preparati almeno una quarantina… li hanno spazzolati tutti!

2 grossi limoni non trattati
1 o 2 mozzarelle di bufala da 150 g, tagliate a fettine di 0,5 cm
8 foglie di basilico fresco
4 filetti d’acciuga sott’olio
4 pomodorini ciliegia maturi, tagliati a metà
sale marino e pepe nero appena macinato
optional: 1 peperoncino rosso secco, sbriciolato

Riscaldate il forno a 200°. Con un coltello, rimuovete le due estremità dei limoni e buttatele via, poi tagliateli in modo da ottenere da ognuno 4 dischi dello spessore di 2,5 cm. Per capire cosa intendo, date un’occhiata alla foto qui accanto. Adesso, con un coltellino, svuotateli dalla polpa per ricavare 4 “anelli”. Il nostro piano, in pratica, é infilare la mozzarella nel limone perché, cuocendo, ne assorbirà tutto il delizioso profumo.

È chiaro che una volta dentro al forno, la mozzarella finirà per fondersi e scappar fuori. In Italia ho visto che qualcuno c’infilava sotto una foglia di limone che facesse un po’ da tappo, ma andrà benissimo anche un pezzo di carta da forno. Quindi, mettete su un tagliere un quadrato di carta, o una foglia di limone, e appoggiateci sopra un “anello” di buccia. Tagliate una fettina di mozzarella e infilatecela dentro, poi metteteci sopra una foglia di basilico, mezzo filetto d’acciuga e mezzo pomodorino con un pizzico di sale e pepe. Se vi piace, aggiungete anche un pizzico di peperoncino. Coprite il tutto con un’altra fettina di mozzarella: a questo punto il vostro limone dovrebbe essere colmo. Ripetete quest’operazione con gli altri anelli, poi metteteli in una teglia e cuoceteli nel forno già caldo per 10-15 minuti finché saranno dorati e cominceranno a sfrigolare. Togliete la teglia dal forno e lasciateli raffreddare per qualche minuto, poi serviteli con dei crostini caldi. Mangiate la mozzarella con il cucchiaio… e poi fate “scarpetta” per raccogliere tutto il sughetto. Delizioso!"

Ricetta e foto cono tratte da Il mio Giro d'Italia di Jamie Oliver edito da Tea.

Poichè mi sono cimentata nella riproduzione del piatto vi allego anche la foto del risultato ottenuto e, anche se i limoni non erano amalfitani, mi rammarico ancora una volta che gli odori non possano passare attraverso lo schermo.

Il giro d'Italia di Jamie Oliver

Non posso dire che si è trattata di una scoperta ma più che altro di una gradita conferma. Con lo stato d'animo di chi ha fiducia in qualcosa, ho preso in mano questo pesante volume e dopo qualche pagina mi sono fermata per chiedere a me stessa come possa un inglese parlare con così tanta perizia della nostra cucina, insegnando a noi italiani ad apprezzarla più di quanto non facciamo? La risposta, di pura retorica ovvio, è che non c'è da stupirsi se questo accade quando l'inglese in questione è il vulcanico Jamie Oliver. Non credo abbia bisogno di presentazioni dacchè su Gambero Rosso Channel spopolano le sue trasmissioni. Un vero portento, uno che quando è in Italia si sente italiano e che per l'amore verso la nostra terra, e in particolare la sua cucina, ha intrapreso un viaggio per il Bel Paese a bordo di un furgoncino Wolkswagen del '56, fermandosi nei posti più conosciuti come in quelli meno noti, cercando di fare diretta conoscenza delle nostre meraviglie gastronomiche.
La cucina di Jamie è essenziale perchè il suo motto è "Cucinare deve essere semplice, gustoso e divertente" e questa immediatezza è il suo baluardo anche in questo settimo libro del "Cuoco nudo". Non è una semplice raccolta di ricette (anche se ne contiene 120) ma è piuttosto un diario di bordo con cui vuole insegnare agli inglesi la buona cucina genuina e a noi italiani ad apprezzare un pò di più quello che la nostra prospera terra ci regala.
Io credo che se conoscete Jamie correrete ad acquistare il libro e se ancora non lo conoscete il suo splendido e aperto sorriso vi conquisterà.
Il libro è ricchissimo di immagini, oltre che di piatti anche di posti e di gente incontrata e, giusto per darvi un saggio di quella che è la prontezza di scrittura di questo chef, vi riporto la ricetta dei suoi Limoni di Amalfi cotti al forno così com'è scritta nel volume aggiungendovi anche la foto che accompagna il testo.

Gli ingredienti sono per 4
"Sulla costiera amalfitana c’è una tale abbondanza di limoni che, alla fine dell’estate, quelli del posto quasi non li possono più vedere. Ecco perché ogni idea nuova e originale per usarli sarà sempre gradita! Provate anche voi questa ricetta. In realtà, la buccia del limone non si mangia, serve solo per profumare la mozzarella. Chiaramente l’ideale sarebbe usare gli straordinari limoni di Amalfi, ma andranno bene anche altri limoni grossi e non trattati, preferibilmente biologici. Saranno perfetti serviti come antipasto, oppure come stuzzichino da accompagnare all’aperitivo, giusto per scaldare le papille. Quand’ero a Minori, e ho fatto la mia cena di compleanno, ne avrò preparati almeno una quarantina… li hanno spazzolati tutti!

2 grossi limoni non trattati
1 o 2 mozzarelle di bufala da 150 g, tagliate a fettine di 0,5 cm
8 foglie di basilico fresco
4 filetti d’acciuga sott’olio
4 pomodorini ciliegia maturi, tagliati a metà
sale marino e pepe nero appena macinato
optional: 1 peperoncino rosso secco, sbriciolato

Riscaldate il forno a 200°. Con un coltello, rimuovete le due estremità dei limoni e buttatele via, poi tagliateli in modo da ottenere da ognuno 4 dischi dello spessore di 2,5 cm. Per capire cosa intendo, date un’occhiata alla foto qui accanto. Adesso, con un coltellino, svuotateli dalla polpa per ricavare 4 “anelli”. Il nostro piano, in pratica, é infilare la mozzarella nel limone perché, cuocendo, ne assorbirà tutto il delizioso profumo.

È chiaro che una volta dentro al forno, la mozzarella finirà per fondersi e scappar fuori. In Italia ho visto che qualcuno c’infilava sotto una foglia di limone che facesse un po’ da tappo, ma andrà benissimo anche un pezzo di carta da forno. Quindi, mettete su un tagliere un quadrato di carta, o una foglia di limone, e appoggiateci sopra un “anello” di buccia. Tagliate una fettina di mozzarella e infilatecela dentro, poi metteteci sopra una foglia di basilico, mezzo filetto d’acciuga e mezzo pomodorino con un pizzico di sale e pepe. Se vi piace, aggiungete anche un pizzico di peperoncino. Coprite il tutto con un’altra fettina di mozzarella: a questo punto il vostro limone dovrebbe essere colmo. Ripetete quest’operazione con gli altri anelli, poi metteteli in una teglia e cuoceteli nel forno già caldo per 10-15 minuti finché saranno dorati e cominceranno a sfrigolare. Togliete la teglia dal forno e lasciateli raffreddare per qualche minuto, poi serviteli con dei crostini caldi. Mangiate la mozzarella con il cucchiaio… e poi fate “scarpetta” per raccogliere tutto il sughetto. Delizioso!"

Ricetta e foto cono tratte da Il mio Giro d'Italia di Jamie Oliver edito da Tea.

Poichè mi sono cimentata nella riproduzione del piatto vi allego anche la foto del risultato ottenuto e, anche se i limoni non erano amalfitani, mi rammarico ancora una volta che gli odori non possano passare attraverso lo schermo.

2008-06-16

Triangoli di fillo con ricotta aromatica e salame di cinghiale

Inizio a pensare di essere diventata Esperya-dipendente. Del resto come si fa a darmi torto con la scelta di prelibatezze che vi si possono trovare? Un vero paradiso per noi amanti della buona cucina. Stavolta ho assaggiato il prezioso Salame di Cinghiale Falorni che stupisce per la delicatezza del suo sapore non eccessivamente selvaggio, ma dolcemente muschiato dacchè la carne, di cinghiale maremmano, viene ripulita dal grasso di cinghiale e tritata finemente insieme al più delicato grasso di maiale prima di essere condita semplicemente con sale e pepe, insaccata e stagionata al "punto giusto" prima di essere commercializzata. Un eccellente prodotto da gustare con del buon pane o in alternativa da trasformare in un gustoso e veloce stuzzichino così come ho fatto io. Questo antipasto l'ho ideato e preparato nel giro di dieci minuti con un risultato che ha lasciato tutti molto soddisfatti ed è per questo che ve ne parlo. Del resto mi tocca ammettere che senza la pasta fillo pronta non avrei mai potuto prepararlo in così poco tempo, proprio io che sono sempre favorevole alle preparazioni home made stavolta vi dico w la pasta fillo, però attenzione non durerà a lungo che mi sto già organizzando per prepararla in casa.
Un'ultima curiosità per chi si stesse chiedendo cos'è il verde nei piatti, ho servito i triangoli con una insalatina di talli di cappero che sono i germogli della pianta del cappero, una prelibatezza tipica della nostra zona in questo periodo dell'anno e che vorrei tanto che aveste modo di assaggiare. Pensate che dopo raccolti i talli vengono puliti uno per uno dalle spine poi lessati e lasciati spurgare in acqua fredda per ventiquattr'ore, cambiando spesso l'acqua per levare l'amaro. Prima di servirli si strizzano e si condiscono con olio, aceto e aglio in insalata.
Vi dirò che è una delle cose più apprezzate nella mia zona. Emblematico a tal proposito un confronto al bar tra conoscenti cui, per caso, assistetti, c'era chi sosteneva la superiorità della cucina francese su quella italiana e una persona, apparentemente semplice, chiese "ma i francesi conoscono i talli di cappero?" al diniego degli astanti affermò "allora non c'è dubbio la migliore cucina è la nostra".
Va bene ora mi fermo con le divagazioni, che oggi mi hanno preso la mano, e vi lascio la ricetta
Per 12 triangoli:
4 fogli di pasta fillo
Salame di Cinghiale Falorni
400 g di ricotta
olio extravergine d'oliva
semi di papavero blu
timo
maggiorana
sale e pepe
Tagliamo ogni foglio di fillo in tre, nel senso della lunghezza. Condiamo la ricotta con un filino d'olio, un pò di sale, una macinata di pepe, timo e maggiorana essiccati e sbriciolati finemente. Pennelliamo le sfoglie di olio e poniamo all'estremità di ogni rettangolo una cucchiaiata di ricotta, sisteminamo sopra qualche listerella di salamino e pieghiamo la pasta a tringolo più volte su se stessa, chiudendo in tal modo il ripieno al suo interno. Mettiamo i triangoli in teglia pennelliamo la superficie con olio e cospargiamole di semi di papavero. Inforniamo in forno caldissimo finchè saranno ben dorati e seviamo con una insalatina di...Talli di cappero naturalmente.

Triangoli di fillo con ricotta aromatica e salame di cinghiale

Inizio a pensare di essere diventata Esperya-dipendente. Del resto come si fa a darmi torto con la scelta di prelibatezze che vi si possono trovare? Un vero paradiso per noi amanti della buona cucina. Stavolta ho assaggiato il prezioso Salame di Cinghiale Falorni che stupisce per la delicatezza del suo sapore non eccessivamente selvaggio, ma dolcemente muschiato dacchè la carne, di cinghiale maremmano, viene ripulita dal grasso di cinghiale e tritata finemente insieme al più delicato grasso di maiale prima di essere condita semplicemente con sale e pepe, insaccata e stagionata al "punto giusto" prima di essere commercializzata. Un eccellente prodotto da gustare con del buon pane o in alternativa da trasformare in un gustoso e veloce stuzzichino così come ho fatto io. Questo antipasto l'ho ideato e preparato nel giro di dieci minuti con un risultato che ha lasciato tutti molto soddisfatti ed è per questo che ve ne parlo. Del resto mi tocca ammettere che senza la pasta fillo pronta non avrei mai potuto prepararlo in così poco tempo, proprio io che sono sempre favorevole alle preparazioni home made stavolta vi dico w la pasta fillo, però attenzione non durerà a lungo che mi sto già organizzando per prepararla in casa.
Un'ultima curiosità per chi si stesse chiedendo cos'è il verde nei piatti, ho servito i triangoli con una insalatina di talli di cappero che sono i germogli della pianta del cappero, una prelibatezza tipica della nostra zona in questo periodo dell'anno e che vorrei tanto che aveste modo di assaggiare. Pensate che dopo raccolti i talli vengono puliti uno per uno dalle spine poi lessati e lasciati spurgare in acqua fredda per ventiquattr'ore, cambiando spesso l'acqua per levare l'amaro. Prima di servirli si strizzano e si condiscono con olio, aceto e aglio in insalata.
Vi dirò che è una delle cose più apprezzate nella mia zona. Emblematico a tal proposito un confronto al bar tra conoscenti cui, per caso, assistetti, c'era chi sosteneva la superiorità della cucina francese su quella italiana e una persona, apparentemente semplice, chiese "ma i francesi conoscono i talli di cappero?" al diniego degli astanti affermò "allora non c'è dubbio la migliore cucina è la nostra".
Va bene ora mi fermo con le divagazioni, che oggi mi hanno preso la mano, e vi lascio la ricetta
Per 12 triangoli:
4 fogli di pasta fillo
Salame di Cinghiale Falorni
400 g di ricotta
olio extravergine d'oliva
semi di papavero blu
timo
maggiorana
sale e pepe
Tagliamo ogni foglio di fillo in tre, nel senso della lunghezza. Condiamo la ricotta con un filino d'olio, un pò di sale, una macinata di pepe, timo e maggiorana essiccati e sbriciolati finemente. Pennelliamo le sfoglie di olio e poniamo all'estremità di ogni rettangolo una cucchiaiata di ricotta, sisteminamo sopra qualche listerella di salamino e pieghiamo la pasta a tringolo più volte su se stessa, chiudendo in tal modo il ripieno al suo interno. Mettiamo i triangoli in teglia pennelliamo la superficie con olio e cospargiamole di semi di papavero. Inforniamo in forno caldissimo finchè saranno ben dorati e seviamo con una insalatina di...Talli di cappero naturalmente.

2008-06-13

I crostini e la crostata di Sant'Antonio

Voi dite che i Santi possano offendersi se gli intitoliamo una ricetta?
Bè spero di no perchè io ne ho chiamate due col nome del Santo di oggi, Sant'Antonio da Padova appunto. Mi chiederete cosa c'entro io con questo Santo nordico, che poi in effetti non era neppure padovano, e vi dirò che nel mio piccolo paese è uno dei Santi più amati, tanto che per oggi si celebra la sua memoria con la festa più grande del paese.
Da piccola adoravo questa festa perchè coicideva con il termine dell'anno scolastico e l'arrivo dell'agognata estate, il primo vero sole e la prima uscita coi sandali estivi. Oggi, in effetti abbiamo avuto anche un'acquazzone ma nessuno ha rinunciato, in ogni caso, a vestirsi a festa per la consueta visita al Santo e la passeggiata in fiera dove, oltre agli ormai onnipresenti venditori di bigiotteria ed altre inutilità, resta la tradizione delle cipolle, delle sarde e delle ciliegie.
Tutti vi dico, ma proprio tutti, tra ieri e oggi approvviggionano la propria dispensa di aglio e cipolle (venduti a mazzi), sarde e acciughe al peperone o sotto sale, rosamarina (ovvero novellame con il peperoncino) e ciliegie a volontà.
Noi facciamo altrettanto da sempre, quindi diciamo che nel menù di oggi non mancano gli ingredienti indicati ed io ho preparato dei crostini con la rosamarina condita, come tradizione vuole in molte località calabresi, con olio e cipolla cruda.

Crostini di Sant'Antonio
pane casereccio
novellame al peperoncino
olio extravergine d'oliva
cipolla rossa di Tropea
Tostiamo il pane, spalmiamolo di novellame, cospargiamo di cipolla affettata sottilmente e condiamo con un filo d'olio.Nulla di più appetitoso.

Visto che, come dicevo, sulla tavola di oggi non devono mancare le ciliegie, ho deciso di farne una crostata, che a dire il vero avevo già fatto sempre in occasione di questa festività ed ho voluto rifare per mia personale tradizione, una crostata della nonna in versione ciliegie.

La crostata di Sant'Antonio

Per gli ingredienti della frolla e della crema vi rimando qui, tutto il procedimento è uguale.Come vedete nessuna misura ferrea, la bilancia è quasi inesistente, come vogliono i dolci tradizionali, dove l'occhio e l'amore per quel che si fa conducono verso le giuste dosi. Al posto degli amaretti all'Alkermes dell'altra ricetta bisogna mettere delle ciliegie denocciolate e saltate in padella con un pò di zucchero, o in mancanza anche delle ottime ciliegie allo sciroppo come quelle di San Cassiano di cui vi ho parlato già qui.
Come vedete basta poco per dire festa ed ancor meno per fare tradizione.
Buon fine settimana a tutti!