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2008-04-26

La prima cena Slow Food al Kamastra di Civita

Forse non tutti sanno che nel cosentino vivono numerose comunità italo-albanesi (arbereshe) che vi giunsero - dopo il 1440 - a seguito del condottiero Giorgio Castriota Skanderbeg, quando il loro paese venne invaso dagli ottomani. Qui fondarono diversi paesi perlopiù arroccati sulle montagne in zone spopolate e bisognose di manodopera. Incontrarono difficoltà all'integrazione per la resistenza opposta dalle popolazioni locali e dalla chiesa, questo rafforzò ancor di più l'attaccamento alle loro tradizioni, tanto che ancor oggi tutti parlano ancora l'idioma arbereshe e molte di queste etnie segue ancora, in materia religiosa, il rito greco cristiano ortodossa.
Il mio paese non appartiene a queste comunità ma ne è circondato, una di queste meravigliose ed inconsuete realtà è Civita o Cift come dicono gli arberesche.
In omaggio a questa cultura nell'ambito del progetto Slow Food che, con non poche difficoltà, sto cercando di portare avanti nel territorio del Pollino Calabrese e dell'Alto Ionio ho voluto, con l'aiuto dell'amico e collega Avv. Enzo Filardi del Ristorante Kamastra di Civita, approfondire con una cena a tema la conoscenza di questa popolazione. La sala ristorante del Kamastra è stata ricavata da locali adibiti negli anni '50 a filanda, con archi in mattoni antichi e soffitti in legno. L'arredamento è rustico ma sobrio, con pezzi artigianali di provenienza familiare. La cucina è particolarmente casereccia ed unisce alla cultura gastronomica del Pollino gli influssi di provenienza arbereche che caratterizzano poi la cucina di tutta la comunità locale. Una vera cucina casaliga dove tutto è a chilometri zero, i proprietari possono elencare senza difficoltà la provenienza di ogni singolo prodotto che viene servito. Ottimi i salumi ed i formaggi prodotti in zona, eccezionali i fagioli di una varietà locale di piccolo formato con pellicina impalpabile. Tra le carni va menzionato il capretto alla civitese, cotto al tegame, e sicuramente particolare attenzione va riservata ai primi.
Abbiamo potuto assaggiare due ottimi piatti, di uno però in particolare avrei intenzione di parlarvi perchè non ha eguali, ad iniziare dal nome Dromësat - ‘La pasta dei poveri’, sembrerebbe che il nome in sè significhi pasta di piccolo formato, solo che questo piatto è qualcosa di più e di diverso, si tratta di grumi di pasta ottenuti per sfregamento (una specie di cus-cus), cotti poi in un sugo brodoso e serviti asciutti con sugo e costolette di maiale, credetemi una vera prelibatezza anche perchè la farina utilizzata per preparare la Dromësat (la pronuncia dovrebbe essere Dromsa) viene spruzzata d'acqua intingendo nel liquido dei rametti di origano, quest'erba profumata trasmette il suo aroma ai grumi di pasta che si vanno a formare ed il risultato è qualcosa di eccezionale, seppur non leggerissimo, un buon piatto unico direi (anche se noi l'abbiamo mangiato dopo un ricco antipasto e prima di un altro primo, un secondo con contorno ed un dolce, ma questa è un'altra storia).
A conclusione della cena ci sono stati serviti i crustuli caldi, dei dolci tipici simili ai cannaricoli, originariamente preparati solo nelle festività natalizie, con marmellata di agrumi, mosto cotto (credo) e cannella, una vera squisitezza che abbiamo mandato giù con un eccellente liquore di Piretto (un agrume quasi dimenticato) di fattura casalinga.
Lo so che con la Dromësat vi ho incuriosito abbastanza per cui, oltre alla foto scattata quella sera, vi lascio anche la ricetta che ho trovato sul sito del locale
InDromësat(Il piatto dei poveri)

Ingredienti per 4 persone:
300 g di farina
3 rametti di origano
Per il sugo:
4 costolette di maiale
2 spicchi d'aglio
1 cipolla
300 g di salsa di pomodoro
4 cucchiai di olio
1 ciuffetto di prezzemolo
sale e pepe nero
Per la preparazione della pasta:
Disponete la farina sulla spianatoia livellandola a spessore, alta circa due dita. Bagnate il rametto di origano in una ciotolina d’acquae ‘benedite’ la farina, riversandovi l’acqua a pioggia. Strofinate tra le mani la farina così inumidita, fino a ricavarne piccoli grumi, che curerete di setacciare lasciando cadere nella spianatoia la farina residua. Ripetere l’operazione, fino a rendere tutta la farina a grumi.
Per la preparazione del sugo:
In una pentola, soffriggete in olio d’oliva aglio e cipolla insieme con le costolette di maiale per pochi minuti, fino a dorare l’aglio. Versate la salsa di pomodoro, il prezzemolo tritato, un pizzico di pepe e sale quanto basta, facendo cuocere il tutto per circa trenta minuti. A cottura ultimata, allungate il sugo con un po’ di acqua (meglio il brodo di carne) fino a renderlo brodoso.
Per la preparazione del piatto:
Portate ad ebollizione il sugo e moderate la fiamma. Versate dentro la pentola i grumi di pasta, mescolando rapidamente sempre nello stesso verso per pochi minuti, fino a quando non si ottiene un composto ben amalgamato. Versate dromësat nelle ciotole di terracotta cospargendo di sopra abbondante formaggio pecorino del Pollino o meglio ricotta stagionata di Bellizzia. Servite in tavola aggiungendovi sopra ancora un cucchiaio di olio al peperoncino piccante.

8 commenti:

unika ha detto...

io vivo a cosenza ma non conoscevo assolutamente questo tipo di pasta:-)
Annamaria

Anonimo ha detto...

kamastra è davvero un ristorante particolare ed eccezionale.
cm è strano sentir parlare su un blog così "distante" di posti che conosci così bene!
ciao ciao :)

MilenaSt ha detto...

Anche se nel crotonese vivono delle comunità arbereche (una loro discendente è mia cognata!) non avevo mai sentito parlare di questo primo.
E' un post che ho letto con grandissimo interesse e curiosità: è sorprendente come queste etnie siano riuscite a salvaguardare gelosamante, con il passare dei secoli, le loro tradizioni.
E' sicuramente encomiabile il progetto che lo slow food sta cercando di realizzare.
Buona domenica

nightfairy ha detto...

Post interessantissimo e pasta golosissima!Buona domenica!

Benedetta ha detto...

molto interessante questa pasta!
un abbraccio!

CoCò ha detto...

@Unika io sono nata qui e non conoscevo questo piatto vedo che c'è sempre da imparare
@Serafina che bello sentire conferma immediata a ciò che ho detto, quando ci sei stata?
@Lenny pensa che la mamma del mio fidanzato viene da uno di questi paesi arberech eppure da loro per Dromesat intendevano la polenta
@Nightfairy e Dolcezza un piatto gustoso e completo, un caro saluto ad entrambe

Anonimo ha detto...

ci sono stata in un paio di occasioni, una delle quali ricordo con piacere: anniversario di matrimonio di mamma e papà!
ero solo una bambina, ma mangiai fino a scoppiare!!! :)
un abbraccio

marcella candido cianchetti ha detto...

devessere saporitissimo,si sapevo degli insediamenti albanese anche in sicilia buon inizio di settimana